IPAB più snello,ma ambiguità restano.Tutte
Giovedi 29 Aprile 2010 alle 21:49 | 0 commenti
Va bene per la riduzione delle poltrone e dei relativi compensi, bene anche per le limitazioni a reincarichi e le incompatibilità ; pure per la partecipazione consultiva dei familiari e per l'apertura al consiglio di amministrazione anche se non vengono specificati i criteri per le nomine. Ma non sono che dettagli questi: solo un'imbellettatura ad uso regionale perché, tanto, la struttura rimane quella di sempre. A cominciare dal mai chiarito rapporto tra Regione e Comune, motivo anche delle frizioni tra i due enti all'origine dell'attuale commissariamento. Lo Statuto anziché essere approvato dal Consiglio Comunale viene monopolizzato dalle, attenzione, burocrazie regionali e ciò la dice lunga circa il rispetto per le autonomie e per le loro politiche sociali rese vane in partenza dal nuovo centralismo.
E dire che le Congregazioni di carità , le antenate dell'IPAB, godevano di ampia autonomia e del resto spendevano il loro denaro ma sempre in stretta collaborazione con il Comune. Che c'entra ora la Regione? Questa destina sì dei fondi per l'assistenza come del resto è suo compito ma per vero non ne copre i costi, rendite del patrimonio IPAB e rette delle famiglie fanno pur sempre la loro parte, nel mentre intanto disconosce ogni scelta locale. Al più la Regione dovrebbe fornire il budget sulla scorta di un progetto elaborato dal Comune sia pur in accordo con l'IPAB. Del resto perché scegliere i componenti del consiglio di amministrazione da parte del sindaco se poi non gli è consentito né di formulare indirizzi né di controllare il raggiungimento degli obiettivi. In questo contesto l'IPAB non è nulla più che un agenzia di servizi assistenziali in mano ai funzionari regionali; per cui non ha senso la presenza di un organo politico che non è tenuto né a seguire le direttive del Comune né gli è consentito di fare scelte proprie. Tra Comune e Regione l'IPAB è ancora un personaggio in cerca d'autore perché mentre la Regione non dovrebbe gestire alcunché essendo organo di legislazione e di indirizzo politico, spettano invece al Comune le politiche concrete dei servizi sociali da gestire per il tramite dell'IPAB come sua longa manus. Solo l'autonomia comunale funzionale alle esigenze locali; che ne sa infatti la Regione (i suoi funzionari) delle necessità e delle opportunità che il Comune intende compiere nello specifico settore; uno scavalcamento questo da parte della Regione tanto più impertinente e inammissibile di questi tempi di federalismo e di esaltazione delle autonomie. E' questo il nodo neppure sfiorato dalla riforma che è ancora lontana perfino dai pensieri. Il Consiglio Comunale chiamato a esprimere solo un parere sulle modifiche statutarie proposte dagli onnipotenti funzionari regionali, rivendichi invece appieno e con decisione il suo ruolo così umiliato dal centralismo burocratico. In fondo il nuovo Governatore del Veneto promette giustamente rivendicazioni autonomistiche contro il centralismo statale; proprio in nome di quelle autonomie il Consiglio Comunale faccia valere tutte le sue ragioni.
Accedi per inserire un commento
Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.