Quotidiano | Categorie: Famiglia, Diritti umani

Io vivo in albergo!

Di Redazione VicenzaPiù Domenica 27 Novembre 2011 alle 17:53 | 0 commenti

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Nel sentire comune vivere in albergo é sinonimo di residenza agiata; chi può permettersi di stare in albergo per mesi? Sentendolo uno s'immagina  pranzo nel tal ristorante, cena in un altro e così via. Un bengodi. Chi può consentirsi di trascorrere in albergo sei sette mesi come le famiglie sfrattate a spese del comune di Vicenza? Purtroppo non é così. L'ingresso in albergo di una famiglia sfrattata non è una gaia libera scelta ma una triste  costrizione, l'unica alternativa alla strada.

Questo aut aut consegue allo sfratto esecutivo perché non si paga il canone. E come potrebbero se non hanno soldi essendo licenziati o cassintegrati? Quel poco che ricevono serve a sfamare la famiglia, spesso con bimbi che reclamano il loro diritto di crescere.

Ma come sta in albergo una famiglia di sfrattati?

Una stanzetta con due letti paralleli appoggiati al muro, un comodino ed un armadio. Fra i due letti passano 50/60 cm. Come fra i letti biposto in caserma durante la naja: avevo poco più di vent'anni ed ero solo. In questi due letti dormono un genitore con un figlio. Gli altri due componenti del nucleo (spesso sono quattro o più gli sfrattati piccoli e grandi) in un altro locale analogo in genere attiguo. In questi luoghi non si cucina, non c'è un tavolo attorno al quale si possa riunire la famiglia per parlare, scambiarsi i fatti del giorno, mangiare. Il passaggio dai cibi crudi a quelli cotti fu un salto di civiltà. Ma dove può cucinare una famiglia sfrattata in albergo? Talvolta si mangiano panini freddi sul comodino, seduti sul letto, altre volte si pietisce da un amico la possibilità di cucinare portando gli alimenti in albergo in tutta fretta affinché non si raffreddino.

E i bimbi?

Nelle nostre case, anche di 70 mq, girano, corrono, giocano, ridono e gridano, fanno le capriole e saltano; cioè manifestano liberamente la loro spontaneità.Non è così in albergo. Gli spazi, come abbiamo visto, sono troppo esigui, eppoi non bisogna fare rumore perché i vicini di stanza protestano (hanno il turno di notte e dormono di giorno, o voglio silenzio). Negli spazi comuni non se ne parla. Di giorno possono uscire andando in un parco giochi con i genitori - quando non lavorano, precariamente - ma per quanto? Fa freddo ed i bimbi, si sa, sono alle volte raffreddati. Chi va a scuola dove può fare i compiti? Dove potrebbe dispiegare la ridda di libri che quotidianamente porta con sè nello zaino e che gli servono per studiare e fare i compiti? L'albergo é stato progettato per soli adulti (taluni hotel non accettano bimbi), come dimora occasionale non come sostituto della casa. Chi gioisce nell'andare in albergo per alcuni giorni ha una sua abitazione che l'aspetta. Ma poi, qual’è  l'effetto di tale vita costretta ed incorsettata sulla psiche di un bimbo di 3-4 oppure di 10-12 anni? Sappiamo come le costrizioni delle loro esigenze vitali possano indurre spirito reattivo, in prospettiva aggressivo, oppure una sofferta rassegnazione che impedisce il libero sviluppo delle singole personalità. Ma qui ci vorrebbe uno psicologo dell'infanzia.

Una via crucis inedita ma reale

Le famiglie sfrattate sperimentano il rifiuto e l'emarginazione attraverso le loro varie tappe. In ognuna delle quali c'è un agente responsabile. Se queste famiglie sono - com'è in realtà - delle vittime esso è il carnefice. Le finanziarie, le banche speculano  sui mercati finanziari mentre negano il credito alle aziende produttive. Un parte non piccola di esse - a causa di ciò - chiude e licenzia o mette in mobilità od in cassa integrazione. La famiglia destinata allo sfratto subisce così la prima violenza: la negazione dell'unica fonte di reddito. Il proprietario - locatore non riceve il canone mensile da una famiglia così in difficoltà ed avvia la procedura per cacciarla di casa E' questa la seconda violenza perché, quasi sempre, il proprietario potrebbe campare anche senza quel canone o senza una parte di esso. La (cosiddetta) giustizia italiana così cauta ed indulgente con i colletti bianchi ed i potenti, anche a Vicenza, dispiega verso le famiglie sfrattate la pienezza della sua organizzazione e tempestività. Un ufficiale giudiziario - dipendente del Ministero di Grazia e “Giustizia” - é lì apposta per notificare con certezza il ricorso per convalidare lo sfratto. Un giudice laureato in legge, con un difficile concorso alle spalle ed adeguata esperienza, dà 90 giorni di tempo per pagare una cifra spesso pari a quanto quella famiglia riceve in un anno. Dopo i tre mesi, se è sensibile come spesso succede, egli rinvia di due mesi la esecutività dello sfratto che, dopo vari passaggi verrà eseguito - anche tramite intervento della Forza Pubblica - con lo sloggio coattivo: sono passati sette-otto mesi di media dal primo ricorso padronale. Un record da Guinness se si pensa che una causa civile a Vicenza dura in genere 6-7 anni. E qui ci sono due violenze: la –cosiddetta - giustizia e la Forza Pubblica.

Cristo di nuovo in croce

Ma la più grave violenza viene perpetrata da chi la famiglia sfrattata ritiene – illudendosi – che le possa essere di aiuto, di appoggio: il comune di Vicenza, cioè, e in specie l'assessore Giuliari che, ipocritamente, si fregia anche del titolo di assessore alla famiglia. Un calvario umiliante per arrivare in quelle stanzette d'albergo sopra descritte. La famiglia sfrattata viene così accolta in contrà S.Rocco. Chi  la liquida dicendo a padre o madre di trovarsi un lavoro (3.200 nuovi licenziamenti nella provincia di Vicenza nei primi sei mesi del 2011), chi le consiglia fortemente - se straniera - di tornarsene al paesello natio e gli offre il viaggio: Maroni espelleva ma in modo meno “democristiano”, con l'uso ed il dispiegamento della Forza pubblica. C'è anche che rifiuta un incontro perché uno dei genitori è iscritto al Sunia (una sorta di peccato originale by Vicenza), altri rimanda la famiglia sfrattata indicandole di locarsi una abitazione (con 6-700 €/mese e due o più figli e senza la busta paga pregiudizialmente chiesta dai padroni immobiliari), c'é perfino chi - come il grande fratello di Orwell, non la spazzatura televisiva - vuole educarli e fa della accettazione di un progetto rieducativo da parte della famiglia sfrattata la condizione per dare un aiuto. Non é nuova nella storia dell'umanità questa pretesa di rieducare le persone, specie i poveri. E' bene si sappia che gli sfrattati adulti (ma con loro vengono sfrattati anche i bimbi) hanno sui  35 - 40  anni, spesso sono in Italia da oltre dieci anni. Ad essi la dura vita (dal viaggio periglioso, talvolta in mezzo a compagni morti, all'ingresso non in regola, alla clandestinità per volontà della Lega Nord, allo sfruttamene sul lavoro, al dileggio ed alla discriminazione razziali)  ha fatto da scuola, anzi da Università. Famiglie ridotte alla fame non per scelte improvvide ma per speculazioni impunite, del Primo Mondo a danno del Sud del Mondo, che hanno colpito l' azienda dove lavoravano. Nikos Kazantzakis scrisse nel  1948 un libro dal titolo Cristo di nuovo in croce nel quale sosteneva che, se Gesù tornasse in terra in carne ed ossa, farebbe la medesima fine di duemila anni fa. Le tappe di sofferenza di questi “poveri cristi” stanno ad indicare come la tesi dell'autore non sia così peregrina.

 

Fulvio Rebesani

segretario provinciale

SUNIA Vicenza

Leggi tutti gli articoli su: sunia, Fulvio Rebesani, Giovanni Giuliari, Sfrattati

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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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