InOltre allertato per soci ex Popolari venete in crisi psicologica: il 56% sono di BPVi, il 39% di Veneto Banca, il 5% di entrambe. Per il 10% di loro rischio di suicidio al livello 3 su 5
Venerdi 14 Ottobre 2016 alle 16:07 | 0 commenti
«Con la crisi economica del 2008 - ci dichiara Emilia Laugelli, psicologa e psicoterapeuta che dirige InOltre, il servizio con base a Santorso presso la Ulss 4 attivo inizialmente per gli imprenditori in crisi - venivano a ridursi, se non a mancare, tutta una serie di riferimenti professionali (finanziari, di categoria e genericamente consulenziali) e in certi casi anche amicali e familiari che prima gli imprenditori avevano a disposizione». Ma se in quegli anni era l'imprenditore a sentirsi «ai margini, se non addirittura espulso (anche per auto marginalizzazione) da una rete di riferimento e supporto che gli conferiva una certa identità (riconoscimento sociale) e a cui contribuiva come ruolo di imprenditore», ora anche i soci con le quote azzerate nelle due banche venete sono entrate in quel buco nero, che in passato portò vari imprenditori sull'orlo o oltre l'orlo del precipizio personale.
È, quindi, a tutte queste persone che si rivolge InOltre, istituito in Veneto dalla Giunta Zaia inizialmente per gli imprenditori in crisi ma ora esteso anche ai risparmiatori della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca: «l'obiettivo del servizio - continua Laugelli - diviene la promozione della salute degli imprenditori/risparmiatori/cittadini, e quindi dell'intero territorio in quanto rappresentano uno snodo cruciale nella Comunità »
Dal 19 dicembre del 2015 (dichiarazione di Luca Zaia su A3news) a ieri, 13 ottobre 2016, sono stati ricevute 116 chiamate da parte di risparmiatori diversi. C'è chi chiama solo per raccontare ed avere un consiglio, e chi viene incontrato. Ad oggi, quelli seguiti fisicamente sono la metà .
Di seguito il profilo dei chiamanti fornitoci dalla psicologa:
- 56% da Banca Popolare di Vicenza, 39% da Veneto Banca e 5% da entrambe, nel 90% dei casi ci ha chiamato direttamente il risparmiatore, negli altri casi i familiari più stretti (coniuge, figli)
-nella maggioranza dei casi sono over 60enni pensionati senza figli a carico , che hanno investito risparmi/liquidazione
- la metà dei chiamanti ha investito tra i 10.000 e i 50.000 euro, un quarto dei casi oltre 100.000
- il 40% non ha sentito altri interlocutori, contattare il numero verde è il primo movimento che hanno fatto
-chi ha già contattato altri servizi si è rivolto a: 24% avvocato, 21% banca, 14% associazioni di risparmiatori, poi a scemare associazioni di consumatori, assemblee pubbliche, Ulss, comune e sindacati
-il 10% vorrebbe portare avanti un'azione legale, il 24% una conciliazione, il restante è indeciso
- i principali motivi della chiamata sono: richieste di chiarimento sulle azioni possibili per il recupero del credito, informazioni sul nostro servizio, informazioni su altri servizi. Un terzo dei chiamanti lamenta senso di confusione e di tradimento, motivo per cui chiede un confronto con il servizio.
Su una scala di valutazione del rischio suicidario da 0 a 5, il 58% delle chiamate ricevute era di grado 2 (rischio basso, la persona è in difficoltà ma sta cercando di gestire la situazione), il 32% di grado 0 (rischio nullo, chiamata a scopo informativo) e il 10% di grado 3 (rischio medio-basso, la persona è in difficoltà e vuole gestire la situazione, ma non sa come).
Dati su cui una riflessione dovrebbero farla non solo coloro i quali, Gianni Zonin ne è il simbolo, hanno generato il problema, ma anche chi oggi, il cda della nuova BPVi, se ne dovrebbe occupare.
Prima che non succeda qualcos'altro dopo i primi due suicidi già registrati.
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