Infrastrutture, gli autogol del Triveneto: Tosi non trova appoggio da Zaia
Giovedi 24 Marzo 2011 alle 00:23 | 0 commenti
Le strategie del sindaco di Verona Tosi non trovano appoggio nel governatore Zaia. Si litiga sull'interporto di Padova e sulla Pedemontana.
Per l'alta velocità non ci sono più soldi, le autostrade sono bloccate dal tentativo degli enti locali di creare un polo nel quadrante, ma tutto è fermo per mancanza di risorse e per le liti tra i campanili. Sui porti la competizione tra Venezia e Trieste finirà per avvantaggiare Capodistria
di Alessandra Carini, Affari e Finanza, La Repubblica
C'era una volta il Nordest dei grandi progetti infrastrutturali: il Corridoio Cinque, un unico asse autostradale da Milano e Venezia, l'alta velocità fino a Trieste, una grande piattaforma aeroportuale veneto friulana, e il progetto di diventare, con i suoi porti, da Ravenna a Capodistria, il nuovo punto di snodo logistico dell'Europa. C'era una volta perché oggi quel territorio sembra essere, più che il protagonista di un grande riassetto, una sorta di campo di battaglia dove si confrontano progetti diversi, spesso in concorrenza, con un triste denominatore comune, quello di dover spesso fare i conti con l'assenza di fondi, pubblici ma anche privati, per realizzare investimenti.
Porti in guerra, con Trieste che si pone in concorrenza con Venezia. Verona in gara per realizzare la vocazione di diventare un'area metropolitana interregionale, da Mantova a Trento, da Brescia a Vicenza, in accordo con Milano per l'aeroporto in un disegno che guarda al Nord dell'Europa più che ad Est. Alta velocità che non riesce ad arrivare oltre Brescia (ed è un miracolo se proseguirà fino a Verona) per scarsezza di fondi pubblici, liti sui tracciati e più misere ambizioni locali. Autostrade, come la BresciaPadova, che è uno degli snodi dell'asse ovestest, dove si confrontano strategie diverse: una che vuole mantenere un ruolo determinante degli enti pubblici, l'altra, che, invece, ne vuole fare il punto di snodo, in accordo con una gestione privata, dell'area autostradale milanese e quella nordestina.
Se a questo si aggiungono battaglie logistiche "locali", come ad esempio quella che vede protagonisti gli interporti di Padova, da trent'anni sulla breccia, a confronto con interessi e iniziative convergenti su un asse VeronaVenezia, e si condiscono con alcuni snodi ancora irrisolti, come il finanziamento di opere importanti, ad esempio la Pedemontana veneta, già prevista in project financing ma che ancora non parte, il quadro risulta quasi completo.
Difficile trovare una ragione unica che spieghi la frantumazione del sogno di un progetto unitario. Ci sono motivi politici: l'arrivo della Lega al governo di gran parte del Nord, il suo rifiuto genetico per le grandi infrastrutture, insieme alla voglia di singoli esponenti di mettersi in gara per potenziare il ruolo dei "propri" territori. La Verona del sindaco Flavio Tosi con le sue iniziative che vanno dalle banche all'aeroporto, nell'ambizione di tenere i fili di una nuova area metropolitana, ne è un esempio. All'opposto, il governatore del Veneto, Luca Zaia, non sembra ritenere prioritario, almeno per ora, caratterizzare il suo governo con una gestione di questi interessi e di questi progetti. Diversamente da quello che aveva fatto, per i quindici anni precedenti, l'ex governatore pidiellino Giancarlo Galan, che interveniva in maniera diretta, come Regione, per realizzarli.
Ci sono anche motivi economici: l'intervento delle banche, che ragionano con logiche proprie, e la forza delle loro condizioni come creditori, che si tratti di IntesaSanPaolo, ormai proprietaria della BresciaPadova, o dei progetti di investimento di Unicredit sui porti di Trieste e Monfalcone ancora in attesa di una svolta conclusiva. Su tutto poi domina la scarsità di fondi pubblici, essenziali, come nel caso dell'alta velocità o del concorso nella realizzazione di alcune autostrade in project, per realizzare progetti di largo respiro.
Abbandonata l'idea di un unico snodo aeroportuale veneto, con quel Catullo che, a mezzo tra Verona e Venezia, ha scelto di fare sponda sul capoluogo lombardo, la Save sta costruendo per conto suo un asse a Est, inglobando Trieste, che faccia da attrazione con altri aeroporti italiani in una logica puntopunto per rotte internazionali. Importante, se non essenziale per il suo disegno, è la realizzazione dell'alta velocità , almeno fino a Venezia. Ma da Brescia in poi (il raddoppio dei binari tra Padova e Mestre è già stato realizzato) non c'è né un quattrino pubblico in vista che possa realizzarla, né, almeno per ora, un progetto definito per un raddoppio che viene ritenuto necessario, per traffico e spostamenti lungo tutto quest'asse.
Peggio ancora è la situazione tra Venezia e Trieste, dove costi, tempi, percorsi e qualcuno pensa anche la necessità di un raddoppio sono in mente dei.
Il progetto di un gestore autostradale unitario, sull'asse OvestEst è da lungo tempo accarezzato da chi, come banche e investitori istituzionali, ritiene che faciliterebbe l'arrivo di fondi privati a finanziare le infrastrutture oltreché una gestione più efficiente. Oggi questo disegno è facilitato dal fatto che, tra gli snodi milanesi, Brebemi, Tem e la BresciaPadova, il bandolo della matassa è in mano per lo più a IntesaSanPaolo, che si trova davanti ad enti locali che non hanno fondi per sottoscrivere nuovi impegni ed in parte vogliono vendere.
L'idea di far nascere su quest'asse un gestore unico che veda accanto banche, costruttori privati che vogliono espandersi come concessionari e gruppi che già sono gestori, come quello di Gavio (che da ovest si muoverebbe verso est) è alla base di molte delle mosse che si stanno giocando in questi ultimi mesi sul fronte della Serenissima. Ma su questa, che è l'autostrada cardine di questo piano, è in corso un confronto tra pubblici e privati.
E' ancora la Verona di Tosi ad esserne protagonista nel cercare di mantenere, nonostante molteplici difficoltà finanziarie e organizzative, il controllo nelle mani degli enti pubblici, costituendo una sorta di scatola che ne riunisca l'attuale maggioranza e che possa chiamare in soccorso all'occorrenza, cioè nel caso gli enti locali vogliano vendere, soggetti come le Fondazioni, e in primis, trattandosi di Verona, la Cassa di Paolo Biasi di cui Tosi tiene in qualche modo le fila.
L'ultimo confronto si gioca su un tema importante non solo per il Nordest ma per l'Italia intera ed è quello di fare dei porti dell'Alto Adriatico la porta di collegamento tra Europa e Far East. Unicredit ha già messo sul tappeto una sua proposta per Trieste Monfalcone. Il piano, presentato in grande spolvero un anno fa, prevede però finanziamenti pubblici per grandi lavori di scavo dei canali e non ha ancora ottenuto una risposta dal governo. Anche perché sull'altro versante il Porto di Venezia e il suo presidente, Paolo Costa, stanno studiando una piattaforma off shore di grande portata che dovrebbe usufruire di una diga a protezione costruita per i lavori del Mose. Si è aperta così una guerra di valutazioni (servono tutte e due?), concorrenza per i soldi pubblici (Unicredit dice di volere gli stessi finanziamenti di Venezia). Ma c'è anche chi sospetta che Unicredit finirà per spostare il suo progetto da Trieste e Monfalcone a Capodistria, ben più conveniente e meno costoso degli altri scali. Un altro pezzo del disegno unitario va così in frantumi, confermando che il Nordest è davvero il laboratorio di un ‘Italia che non riesce perseguire un progettoPaese.
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