Inaugurata VICENZAORO First dal presidente Roberto Ditri e dall'ambasciatore cinese in Italia, Ding Wei
Sabato 15 Gennaio 2011 alle 19:30 | 0 commenti
Fiera di Vicenza - Ritrovare una prospettiva di sviluppo per un settore percorso da tanti, radicali mutamenti. Ecco il tema forte con il quale ha preso avvio VICENZAORO First 2011, fiera internazionale dell'oro e dei gioielli inaugurata con la tavola rotonda promossa da Fiera di Vicenza e Vioro Magazine "Il gioiello italiano ha bisogno di una nuova "bussola": dove puntarla?".
La domanda è stata rivolta dal giornalista Paolo Madron, direttore del quotidiano online Lettera43 ad Armando Branchini, segretario generale della Fondazione Altagamma, Matteo Marzotto, presidente dell'ENIT - Agenzia Nazionale del Turismo e imprenditore, Andrea Morante, amministratore delegato di Pomellato, e Mehul Choksi, presidente del gruppo indiano Gitanjali.
Prima del dibattito e dopo la visione del video in 3D "Jewellery and the city", bel montaggio tra lavorazioni orafe, gioielli indossati e scorci suggestivi della città di Vicenza nella meraviglia della tridimensionalità , il Presidente della Fiera di Vicenza, Roberto Ditri, ha candidato la stessa Fiera a strumento guida per le aziende attraverso il nuovo progetto "FDV 2011-15" che comprende sia realizzazioni infrastrutturali e di riqualificazione sia un nuovo concept espositivo: "vogliamo tracciare una nuova via, un modo nuovo di pensare una Fiera che promuova l'incontro e la sintesi progettuale che valorizzi le eccellenze. Vogliamo soprattutto riprendere in mano la nostra identità ", ha spiegato Ditri, che ha inoltre manifestato la disponibilità della Fiera ad accogliere gli eventuali suggerimenti di orafi e gioiellieri, in quanto "sono i nostri migliori ambasciatori nel mondo".
Ditri si è rivolto alle istituzioni e alle categorie economiche: "la sfida della Fiera è una sfida nella quale tutti siamo protagonisti, dobbiamo essere compatti nella modernità o soccomberemo. E' in gioco il futuro non solo della Fiera, ma di un intero comparto distintivo del made in Italy".
Vivace il dibattito successivo, stimolante negli argomenti toccati nei vari interventi, tra vizi, virtù e potenzialità che caratterizzano il comparto. Le potenzialità stanno ad esempio nella previsione di Armando Branchini ("non così avventata", ha detto) di un raddoppio dei consumi dei beni di lusso da oggi al 2020 grazie ai consumatori di quei Paesi in tumultuosa crescita, soprattutto asiatici. Occorre, tuttavia, un cambio di passo, ha notato Matteo Marzotto, una discontinuità della visione commerciale che continua a mantenere gli Usa come mercato di riferimento, "ed invece negli ultimi dieci anni nuovi mercati si sono affacciati alla ribalta ed in pochi vi hanno creduto ed investito".
Anche Andrea Morante indica la necessità di un cambio di passo, perché "sin qui gli italiani sono stati bravi a esportare, ma non a conquistare i mercati". Ma per conquistare occorrono dimensioni produttive e di fatturato che in molti non si possono permettere: è noto, lo sfrenato individualismo degli imprenditori italiani, grande molla per la crescita del made in Italy, ha impedito però uno sviluppo industriale (di sistema) del settore. E le aggregazioni, ha laconicamente chiosato Morante "sono un affare complicato".
Le debolezze strutturali e la mancanza di una chiara e forte identità , simile allo Swiss made degli orologi, non intaccano però il fascino del made in Italy. Se n'è fatto testimonial Mehul Choksi Presidente di Gitanjali, la cui società sta acquistando aziende italiane, secondo cui "l'Italia si pone all'avanguardia nell'innovazione stilistica" e questa qualità continua a far breccia nei cuori e nelle preferenze dei consumatori.
Si rende allora necessario un riposizionamento, consiglia Branchini, che non cambi la faccia al settore, ma che sappia valorizzare competenze e prodotti specifica Marzotto. Senza tralasciare un asset importante come la comunicazione, ricorda Choksi verso target di consumo specifici: per esempio, lo scarso ricorso ai social network su internet simboleggia il ritardo del settore nei confronti del mercato più giovane.
Serve un approccio diverso nella cultura d'impresa. Occorrerà , per esempio, come ha affermato Armando Branchini, tener conto dell'evoluzione dei consumatori e non più osservare le mosse dei concorrenti. Gli imprenditori dovranno insomma studiare il cliente finale e adattare ai suoi comportamenti la sua capacità inventiva e produttiva, ha concluso il presidente Ditri.
Dove puntare la "bussola"? L'ambasciatore cinese in Italia, Ding Wei, non ha avuto dubbi: "dovremo andare in Cina", magnificandone le performance in costante rialzo, anche nel settore del gioiello con i 30 miliardi di dollari di consumi interni e gli 8 miliardi di esportazioni. E promettendo infine una partecipazione molto più attiva della Cina alla Fiera di Vicenza, sia per vendere ma anche per comperare prodotto made in Italy.
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