Il triangolo rosso
Sabato 3 Ottobre 2009 alle 23:12 | 0 commenti
Questo articolo è estratto dal numero 165 di VicenzaPiù, da oggi in edicola a 50 centesimi e da domani in distribuzione gratuita in città  e scaricabile in pdf da questo sito
Viaggio tra via Torino, Viale Milano, via Napoli. Tra residenti che denunciano i problemi di sempre (lo spaccio, la prostituzione, il degrado) e immigrati che ribattono: "Si usano due pesi e due misure". Ma si intravedono anche segnali di rinascita, in un'area che avrebbe tutto per diventare il cuore pulsante della cittÃ
Viale Milano, via Torino, via Napoli, corso San Felice, Campo Marzo. Su quanto succede in questo quadrilatero sono puntati, da anni, i riflettori della cronaca, i lampeggianti delle volanti e le schermaglie della politica. È lì che si materializzano molte delle contraddizioni, e delle tensioni, della città : gli appartamenti di pregio accanto a quelli sovraffollati di stranieri, il via vai degli uffici pubblici di giorno e quello delle prostitute di notte, condomini che erano di lusso accanto ad aree dismesse abbandonate al degrado e ad una concentrazione senza uguali di bar e negozi etnici, le telecamere di sorveglianza e lo spaccio fatto alla luce del sole, o quasi. Gli uni a fianco agli altri, senza soluzione di continuità . Con tutto quello che ne deriva. Per provare a capire come stanno le cose, dopo anni di interventi, dibattiti, blitz e pattugliamenti, siamo andati a fare un giro in zona, accompagnati da due che hanno vissuto da vicino tutto l'evolversi della vicenda: Florio Cappon, voce storica dei residenti di viale Milano e viale Torino, e Morteza Nirou, a lungo rappresentante dei migranti della città . Ecco cosa ne è venuto fuori.
I residenti
"Chiariamo subito che noi non ce l'abbiamo né con i negozianti né con gli extracomunitari, anzi. Il problema sono quegli avventori che bivaccano in strada per ore e ore, sporcando e facendo rumore. Noi chiediamo solo il rispetto delle regole e un po' di tranquillità : poter riposare la sera e la domenica". Florio Cappon è da ormai sette anni alla guida del comitato dei residenti di viale Milano e via Torino. Ha scritto decine di lettere, coinvolto i giornali, incontrato assessori e poliziotti. Ed è ancora lì a portare avanti le stesse richieste di sempre: più controlli, una regolamentazione degli orari dei negozi, un miglioramento dell'arredo urbano.
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Scommesse
Ci incontriamo con lui in via Torino. La prima tappa è davanti a dei locali in cui dovrebbe aprire, dopo una lunga vicenda fatta di mancate autorizzazioni ,sigilli e ricorsi, una sala scommesse. Dietro le vetrate, si scorgono già sgabelli e postazioni per i maxischermi."Sarebbe la terza qua in zona - osserva Cappon -, perché ce n'è già una in viale Milano e una in via Battaglione Monte Berico. Qua pareva che avessero lasciato perdere, e che ci fosse l'interesse da parte di un negozio di attrezzature subacquee, che sarebbe stato l'ideale. Invece abbiamo saputo in questi giorni che dovrebbe aprire tra un po'". E un'agenzia di scommesse, fa capire, è un punto di ritrovo che finisce con l'attirare anche, se non soprattutto, perdigiorno e sfaccendati. "Guardi qua - dice attraversando una strada per mostrare l'androne di un palazzo dove, tra cartacce, lattine e macchie maleodoranti, sono evidenti i segni di una notte di bevute e di bisogni non trattenuti -. Quando ci sono questi gruppi di persone che stanno qua per ore, è questo quello che succede: bevono, e poi fanno i loro bisogni dove capita".
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Il dormitorio...
Due passi più in là , e siamo davanti ad una macelleria gestita da dei giovani marocchini. "Loro sono partiti con il bancone della macelleria, e poi si sono allargati fino ad avere un piccolo supermercato - osserva Cappon -. Ma lo vede che bel negozio: sono pulitissimi, ordinati, tengono pulito il marciapiedi. Magari fossero tutti come loro". "E poi fanno un pane davvero buono", aggiunge Giangirolamo Boscato, un altro degli esponenti del comitato, che ci ha raggiunti in strada e che ci accompagna verso i cancelli dell'area dell'ex Domenichelli, la grande area dismessa in fondo alla via. "Per capire di cosa ci lamentiamo bisognerebbe venir qui il lunedì mattina a portare le immondizie - aggiunge -: bisogna avvicinarsi in apnea, perché i cassonetti sono i bagni pubblici della zona". Arriviamo così di fronte alla recinzione dell'ex ditta di trasporti, finita spesso al centro delle cronache per i bivacchi di stranieri irregolari e che, secondo i residenti, è anche il cuore di tutto lo spaccio di stupefacenti che avviene tra San Felice e la stazione. "Cosa vuole - riprende Cappon -. A volte fanno dei blitz, ne trovano cinque o sei. Ma già la sera stessa c'è altra gente che torna. E noi li vediamo che entrano qui a prendere le bustine, vediamo dove le nascondono e come fanno a farle passare di mano senza dare nell'occhio. Tra l'altro, anche se pare impossibile, dentro lì hanno l'acqua: a volte c'è gente che esce in mutande e stende i vestiti ad asciugare al sole". Lì attorno le tracce lasciate dai frequentatori del posto sono sotto gli occhi di tutti. Lattine e bottiglie lasciate nelle aiuole, rifiuti vari all'interno del grande piazzale. Dalle vetrate rotte di uno degli edifici si può sbirciare all'interno: indumenti abbandonati, resti di pranzi, cartacce. "Questo è un punto di salto facile - prosegue Cappon indicando il luogo in cui il davanzale di una finestra fa da trampolino per chi volesse scavalcare la recinzione -. Un altro è più avanti, vicino al cancello. La nostra richiesta è che l'area venga trasformata in parcheggio, in attesa di una scelta definitiva sul futuro: ma la proprietà , per motivi che sono facilmente comprensibili, non è d'accordo".
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... e il lupanare
Alla fine della recinzione dell'ex Domenichelli si incontra la strada che conduce ad uno degli ingressi dell'istituto Piovene. Al di là , c'è un'ampia area verde che arriva fino alla vicina stazione delle Ftv. È un'area i proprietà del gruppo Ingui, che era inserita nel piruea (progetto di riqualificazione urbanistica) delle Ftv e che è adesso in attesa del pat per trovare una destinazione. Anche questo è uno dei punti caldi della zona. Approfittando di una varco nella recinzione, entriamo per dare un'occhiata. Per terra, oltre alle solite lattine e alle solite bottiglie, preservativi, qualche siringa, un paio di pantaloni, delle scarpe sepolte dalle erbacce. Nell'angolo più nascosto, un sentierino si addentra tra gli alberi, e porta a dei materassi. "Qua vengono a fare sesso - riprendono i residenti -. Una volta c'era un bosco dove c'era un vero e proprio accampamento: poi la proprietà ha tolto tutti gli alberi per fare ordine. Ma basterebbe mettere una recinzione più seria. Le pare giusto che i ragazzi che vanno a scuola si trovino di fronte ad uno spettacolo del genere?".
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Via Firenze
Non è così dappertutto. La vicina via Genova è tranquilla, soprattutto da quando il supermercato ha cambiato gestione e spostato l'ingresso solo su via Firenze. Via Firenze, invece, è ancora un tasto dolente. "È quella che crea i problemi maggiori - illustra Cappon -. Ci sono un paio di locali dove, se viene la sera, ci sono decine di persone che stazionano fuori. E il sabato e la domenica è anche peggio. L'altro giorno un nostro vicino ha contato qualcosa come 180 persone". Sarà che quando passiamo noi sono le 11 di mattina, sarà che uno dei locali sotto accusa è chiuso per il turno di riposto, sarà che proprio a metà strada è parcheggiata un'auto della polizia municipale, ma la situazione è assolutamente tranquilla. "La polizia passa, ogni tanto, ma potrebbe essere più presente, e non solo per fare le multe. L'ultimo incontro che abbiamo avuto con l'assessore, comunque, è stato positivo. dovrebbero esserci dei miglioramenti, e noi diamo fiducia. Siamo pronti a collaborare".
Il negoziante
Dal negozio Hasayen Center, intanto, esce il gestore. "Anche per noi è un danno avere i marciapiedi ingombri di bottiglie - spiega -. ma fai presto a fare i conti: qui ci sono locali che vengono riforniti di birra tre o quattro volte la settimana: qualcuno la berrà pure, tutta quella birra. O no? Sono i fornitori di Campo Marzo". E continua: "Comunque qui le cose stanno migliorando: è una zona in cui non manca niente, è molto centrale, c'è giro. Basterebbe poco per fargli fare il salto di qualità : un po' di presenza in più delle forze dell'ordine e il rispetto delle regole. È normale che la gente abbia voglia di fermarsi a chiacchierare e ad avere un punto di ritrovo, ma quando te ne vai non devi lasciare neanche un mozzicone di sigaretta". "Visto - si inserisce Cappon -. con persone così è facile trovare un accordo".
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Le rastrelliere
La passeggiata prosegue fino in viale Milano. Il bar all'angolo, che era uno dei punti critici, ha cambiato volto, in meglio, con il cambio di gestione. Più avanti c'è la sala scommesse di cui si è già parlato. A fianco un negozio di abbigliamento cinese: "Anche qui, guardi come è tutto in ordine. Non gli si può dire niente, anzi". Ci fermiamo alla rotatoria con viale Mazzini. Un'altra delle richieste del comitato è di avere una presenza fissa dei vigili e delle rastrelliere per le biciclette. "Se no come facciamo a chiedere che non le lascino in giro dappertutto? Da quello che ci hanno detto dovrebbero arrivare a breve. Vedremo".
Gli immigrati
«Ogni mezz'ora qui passa una pattuglia dei vigili e della polizia. Qui per strada vediamo in maggioranza stranieri, ma non sono solo di passaggio, la maggior parte di loro sono residenti in questi palazzi, e lavorano a Vicenza. L'approccio non può essere solo poliziesco: per dieci anni si è fatto così, a colpi di ordinanze e repressione, forse è venuto il momento di capire che così non abbiamo risolto nessun problema».
A Morteza Nirou, iraniano da una vita a Vicenza e volto storico delle prime battaglie degli immigrati - era all'interno della Consulta degli immigrati nata anni fa - viene l'orticaria quando qualche italiano parla di «questi qua» riferendosi ai tanti immigrati che affollano i negozi del quadrangolo fra viale Milano, via Firenze e via Torino. I disagi, che ci sono e sono difficili da negare nella zona, danno facilmente la stura alle generalizzazioni: «Non è vero che gli immigrati vivano in tanti negli appartamenti, certamente possono avere degli ospiti, ma c'è un particolare che gli italiani dimenticano: esiste l'idoneità di alloggio, un documento obbligatorio solo per gli stranieri, che per gli italiani non esiste. Questo documento impone restrizioni al numero di persone che vivono in un appartamento, cosa che per gli italiani non esiste. E i vigili da un momento all'altro possono andare a controllare» ragiona Morteza.
Le piccole cose
Una nuova convivenza, che provi a superare l'acidità reciproca accumulata in un decennio di polemiche, ordinanze, chiusura di negozi, proteste dei comitati di residenti, potrebbe partire da cose apparentemente piccole, superflue, ma allo stesso tempo essenziali per costruire uno spazio pubblico più vivibile per tutti. Le elenca passeggiando in via Firenze, fra i negozi di telefonia intercontinentale e un fruttivendolo gestito da migranti: «Mancano le rastrelliere per parcheggiare le biciclette, cosa che chiediamo da anni al Comune. Ora sono tutte appoggiate ai muri o cadute per terra, già questo intervento migliorerebbe di molto l'ordine dell'area. Lo stesso vale per i bagni pubblici che mancano - dice Morteza Nirou -. Altro punto: dopo venti anni di presenza di migranti e delle loro associazioni, ancora non abbiamo una sede. Non c'è un centro culturale, un luogo di ritrovo, così per fare due chiacchiere e magari bere una birra non resta che la strada. Per finire, non è mai stato attivato un serio servizio di mediazione culturale, come ad esempio si è fatto ad Arzignano con buoni risultati».
I mediatori
Il mediatore, racconta Morteza, lui lo fa da volontario, andando a parlare con chi sosta fuori dai call center, pregando di non fare schiamazzi. Ma una rete di mediatori professionali sul campo tutti i giorni potrebbero avere l'effetto di smussare i frequenti punti di attrito fra "autoctoni" e "foresti". A partire dallo spiegare al negoziante straniero il motivo di una multa ricevuta, ad esempio, spiegandogli dove ha sbagliato. «E poi non è per cattiveria che molti immigrati si ritrovano proprio in questo quartiere: qui ci sono gli uffici dell'Inps, la Questura, l'ufficio del lavoro, la stazione. Tutti luoghi frequentati per necessità dagli immigrati. Lo stesso fastidio verso chi sosta per la strada non mi pare sia così sentito nei confronti dei ragazzi italiani che passano le serate nelle piazze del centro ubriacandosi e facendo confusione. Evidentemente agli italiani danno fastidio solo alcuni schiamazzi e non altri».
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Le chiusure
Pochi metri più in là , due negozi di via Napoli devono rispettare orari di chiusura restrittivi, e il divieto di vendere alcolici al pomeriggio e alla sera: a stabilirlo è stata un'ordinanza firmata dal sindaco Variati il 17 luglio di quest'anno. Uno di questi, il bar Blue Moon, ha definitivamente chiuso i battenti, la serranda è abbassata e i mobili sono stati portati via. Rimane aperto invece l'African commercial center, un mini market gestito da dei nigeriani, che vende molte specialità africane, dal pesce ai cereali agli snack. E che ha visto i suoi affari contrarsi dopo il giro di vite comunale, che durerà almeno fino a marzo del 2010. «Ora chiudono alle 18, mentre prima rimaneva aperto fino alle 21 - spiega Morteza mentre scambia due chiacchiere con i gestori -. Con il risultato che chi esce dal lavoro dopo le sei, e sono tanti, non viene più qui a fare la spesa. Anche chi veniva a comprare la birra, ora la va a prendere altrove. A proposito, molti comprano la birra nel supermercato di piazzale De Gasperi. Ma avete mai sentito nessuno lamentarsi per chi bivacca lì fuori fino a notte?»
A cura di Luca Matteazzi e Giulio Todescan
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