Il Titanic senza censura
Sabato 14 Aprile 2012 alle 00:25 | 0 commenti
Presentato alla Bassanese il libro di Massimo Polidoro che racconta la storia del grande transatlantico
Cento anni fa, nella notte tra il 14 e il 15 aprile, il più grande transatlantico del mondo progettato sino ad allora, il Titanic, affondava dopo una collisione con un iceberg. Cento anni dopo se ne parla ancora, si prova a ricostruire con esattezza cosa successe quella notte, si prova anche a pensare cosa abbia rappresentato agli occhi del mondo dell'epoca quel naufragio ancora avvolto in un alone di mistero.
Si è parlato di questo nel terzo degli Incontri senza Censura organizzati dalla Libreria La Bassanese, in una serata in cui Massimo Polidoro, uno dei più importanti divulgatori scientifici del nostro paese, ha provato a dare una sua versione dei fatti, molto ben circostanziata dopo i tanti studi nel campo che gli hanno permesso di salire agli onori della cronaca e di essere anche conosciuto come il "Dylan Dog Italiano".
Del Titanic si è sempre comunque parlato tantissimo. La bibliografia a tal riguardo trabocca di titoli e di studi. James Cameron nel 1998 ha vinto ben 9 oscar per il suo colossal hollywoodiano recentemente riportato sul grande schermo in versione tridimensionale. Tutto questo clamore potrebbe essere ingiustificato agli occhi dei profani, invero sotto intende qualcosa di più, poiché la nave gioiello della White Star Line rappresentava per l'epoca una novità senza precedenti.
Costruito a Belfast, il Titanic rappresentava, come detto, un transatlantico di assoluto lusso. "Non era l'unica nave - esordisce l'autore - che fosse in grado di compiere quella traversata, né la più veloce, ma rappresentava uno status symbol. Chiunque viaggiasse sul Titanic poteva dire di farlo nel lusso, perché anche la terza classe era di un livello pieno di tutti i comfort che le altre navi riservavano solo per le classi più importanti. È stata definita da più parti la nave da sogno, soprattutto perché ambiva a rappresentare il punto più alto della costruzione navale di tutto il mondo".
Pensi al Titanic del 1912 ed automaticamente ti viene alla mente quanto invece successo al largo delle acque italiane all'inizio del 2012. Inevitabile, ma soprattutto impietoso il paragone su quello che è stato il comportamento mantenuto dai primi ufficiali. Tutti conoscono ormai sin troppo bene l'operato del capitano Schettino, mentre, come afferma Polidoro, assai diverso fu l'atteggiamento del capitano Smith: "Sulla nave ci furono una serie di errori dettati anche dalla voglia di stupire il mondo intero - spiega Polidoro - era presente anche un telegrafista che riceveva messaggi da parte di altre imbarcazioni che segnalavano la presenza di iceberg nella zona, in fin dei conti è normale che ad Aprile, quando le temperature salgono, si stacchino dei pezzi di ghiaccio al Polo Nord, dove il Titanic viaggiava. L'errore consiste nella volontà di sottostimare il pericolo e di voler vantarsi dell'assoluta impossibilità della nave di affondare, senza dimenticare poi che il capitano, per quanto morto per aver lasciato ad altri la possibilità di salvarsi abbia voluto accelerare la navigazione nonostante il pericolo".
In realtà le cose sono andate diversamente. "Il transatlantico - spiega il professore - era progettato per resistere anche nel caso in cui ci fosse stato l'allagamento di 4 compartimenti stagni, ma la sfortuna volle che l'impatto procurasse l'allagamento di uno di troppo. Inoltre, come se non bastasse, le scialuppe di salvataggio erano appena 16 a fronte di oltre 2000 passeggeri. E come se non bastasse, di lì ad appena dieci miglia una nave avrebbe potuto anche andare in soccorso del gigante che affondava, ma l'imperizia dell'equipaggio della Californian (questo il nome dell'altra nave)impedì la segnalazione dei soccorsi e il conseguente salvataggio del Titanic".
Nel 1985, dopo oltre 70 anni, i relitti del Titanic furono ritrovati da Robert Ballard, a circa 486 miglia dall'Isola di Terranova, ad una profondità di oltre 3000 metri. La nave aveva impiegato appena due ore ad inabissarsi, spezzata in due dopo la collisione. Sicuramente il mito del transatlantico più famoso al mondo durerà ancora per tanto tempo, continuando ad alimentare tutte le possibili voci sulle ultime ore di quello sfortunato viaggio.
Anche perché, come affermato anche da Massimo Polidoro, il mistero piace e alimenta sempre tante fantasie e tanti quesiti. Ci fossimo stati noi, come ci saremmo comportati? Ai posteri l'ardua sentenza.
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