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Il significato del 150° dell'Unità d'Italia: Luigi Poletto, Consiglio comunale straordinario

Di Redazione VicenzaPiù Lunedi 14 Marzo 2011 alle 19:58 | 0 commenti

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Sig. Sindaco, egregi consiglieri e assessori, gentili cittadine e cittadini,
non possiamo dimenticare che Vicenza è decorata con due medaglie d'oro al valore militare, la prima delle quali concessa a Vicenza per l'eroica resistenza opposta agli austriaci nel maggio-giugno del 1848. Questo Consiglio Comunale straordinario è anche un tributo di Vicenza a se stessa.

Molto è stato scritto sul Risorgimento, le sue dinamiche, i suoi limiti, i suoi miti e la sua epopea. E se può apparire stucchevole una certa retorica risorgimentale, risulta francamente distorcente e falsa quella vulgata di retorica antirisorgimentale che considera il Risorgimento un relitto di antiquariato e che sottende la desiderabilità di una frantumazione dell'assetto statuale.
Per sconfiggere questa mistificazione occorre tornare alle vicende storiche per come si sono dispiegate.
Consiglio comunale straordinario al Ridotto del Quirinale (foto VicenzaPiù)La storiografia più recente ed accreditata definisce il Risorgimento come l'esito di un processo culturale e politico che, attraverso il concorso di manovre diplomatiche e di operazioni militari, porta ad identificare la "nazione italiana" come la comunità di riferimento per la costruzione di uno Stato nazionale italiano. Gli obiettivi del Risorgimento erano tre: affrancare gli italiani dalla servitù del dispotismo, conferire loro un senso di dignità come cittadini, affermare il merito e la capacità dell'individuo contro il privilegio di nascita o di casta.
I limiti del processo risorgimentale sono già stati sviscerati autorevolmente in passato, pensiamo ad Alfredo Oriani che già poco dopo l'Unità denunciava l'impianto elitario del Risorgimento e il suo essere l'esito di una "conquista regia" da parte del Piemonte, a Piero Gobetti che parlava di "Rivoluzione fallita" incapace di modernizzare la coscienza delle masse, alla nota lettura di Antonio Gramsci del Risorgimento come "Rivoluzione fallita" per la mancata riforma agraria.
Tutti apporti che contengono chiavi ermeneutiche almeno in parte fondate. Eppure, come ha ricordato Emilio Gentile, una storiografia matura deve evidenziare soprattutto gli elementi progressivi del Risorgimento. L'aver realizzato un soggetto statuale unitario dopo secoli di divisioni sotto diverse dinastie e diverse forme di governo nel richiamo ai valori della libertà, dell'uguaglianza, della dignità dell'individuo e dell'emancipazione delle masse rappresenta senz'altro un successo. Personalmente ritengo inoltre condivisibile quanto sostenuto di recente da Lucio Villari secondo il quale il Risorgimento, che ebbe come protagonisti tantissimi entusiasti giovani, fu una triplice Rivoluzione: una Rivoluzione nazionale perché l'Italia riuscì a concretizzare il suo diritto all'autodeterminazione, una Rivoluzione borghese perché si affermarono nuovi ceti legati al processo di industrializzazione e una rivoluzione laica contro il temporalismo della Chiesa.
Ma soprattutto, attraverso il Risorgimento, l'Italia entra nella modernità e fa propri i valori fondanti della moderna cultura europea nata dalla Rivoluzione francese, il razionalismo filosofico di matrice illuminista, la libertà come strumento di emancipazione individuale e collettiva, la giustizia come orizzonte di cambiamento sociale.
E a chi chiede "Perché una Italia unita?" bisogna rispondere con un'altra domanda "Cosa sarebbe stata l'Italia senza l'unità? Una Italia divisa non sarebbe mai entrata nella modernità e non sarebbe sopravvissuta nell'era della formazione dei grandi stati nazionali.
L'Italia unita è quindi stata prima che un orizzonte ideale una necessità storica; altra cosa è l'impegno per il federalismo obiettivo per il quale molti intellettuali del Risorgimento si sono spesi: tra gli altri Carlo Cattaneo e Giuseppe Ferrari.
Dal Risorgimento è nato lo Stato italiano, uno Stato che ha avuto molti problemi (la frattura Nord-Sud tra tutti) uno Stato che ha conosciuto la drammatica involuzione totalitaria del fascismo e profonde contrapposizioni ideologiche e politiche. Epperò nei momenti di maggiore difficoltà le grandi culture politiche di questo Paese hanno voluto e saputo costruire momenti di coesione: la Destra storica all'indomani dell'unità creò istituzioni solide e laiche, la sinistra liberale e costituzionale di Giolitti e Zanardelli impedì una deriva autoritaria, dopo Caporetto i socialisti di Turati appoggiarono l'esercito per evitare l'abisso della sconfitta militare, tutte le componenti dell'antifascismo contribuirono alla Resistenza, maggioranza e opposizione concorsero - ognuno per la sua parte - al miracolo economico, il terrorismo fu vinto in uno spirito di unità nazionale, come pure la guerra alla mafia fu combattuta da tutti in nome del valore supremo della legalità. Una eguale coesione sarebbe auspicabile anche oggi nell'affrontare la sfida della competitività del sistema produttivo e della lotta alla disoccupazione e alla precarietà dei rapporti di lavoro.
L'Italia di oggi appare a volte un Paese segmentato da localismi e da egoismi corporativi. E' un Paese a volte disorientato. Eppure il nostro è un popolo straordinario che ha contribuito a forgiare la storia del mondo da protagonista e non da soggetto periferico e marginale. Ma per consolidare il nostro essere nazione non sono sufficienti la pur preziosa identità religiosa né la consapevolezza di possedere un patrimonio culturale unico al mondo. Occorre una religione civile in cui riconoscerci tutti al di là dei nostri convincimenti ideali. Questa religione civile non può che essere individuata nel continuum che lega le vicende risorgimentali alla Costituzione repubblicana nel contesto della creazione degli Stati Uniti d'Europa. Occorre quindi attingere diuturnamente all'immenso giacimento ideale del nostro Risorgimento e occorre rafforzare il nostro "patriottismo costituzionale" perché i grandi principi della nostra Costituzione Repubblicana sono gli stessi della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789, della Costituzione della Repubblica Romana del 1849, della Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo del 1948: sono diritti il cui riconoscimento rappresenta la missione che la specie umana ha dato a se stessa. Sono quei diritti individuali e sociali che hanno spinto molti giovani arabi a versare il loro sangue in questi mesi e che ci chiamano a quel dovere di fratellanza per cui una grande personalità come Giuseppe Mazzini ha speso parole indimenticabili.
Il Risorgimento quindi può essere trasfigurato: non è solo un insieme di eventi storicamente determinato nello spazio e nel tempo, ma è anche un processo che continua a tutt'oggi in una sorta di "progetto di Risorgimento" al fine di rendere l'Italia sempre più libera e sempre più giusta.
Dunque il Risorgimento d'Italia non è ancora concluso; per farlo è necessario fare tesoro dell'esempio delle molte persone che in questi 150 anni si sono sacrificate. Tra le tante vorrei citarne due, vissute in epoche diverse e di diversa matrice culturale e politica. Sono eroi che sono andati incontro consapevolmente alla morte e che ci hanno lasciato un testamento spirituale. Brecht fa dire a Galileo "Felice il Paese che non ha bisogno di eroi". Ma in realtà a me pare che sia sventurato il Paese che dimentica i propri eroi.
La prima personalità così scrisse:
"Tutta la mia ricompensa la troverò nel fondo della mia coscienza, e nell'animo dei cari e generosi amici che hanno condiviso le mie speranze. Io non sono che un semplice individuo, il resto dipende dal Paese e non da me. Io non ho che la vita da sacrificare ed in questo sacrificio non esito.
Si tratta di Carlo Pisacane, patriota di idee repubblicane e socialiste, che nell'estate del 1857 guidò una spedizione nel Meridione per liberarlo dai Borboni. La spedizione - immortalata dai versi di Luigi Mercantini ("erano trecento, eran giovani e forti...") - fallì e Pisacane si uccise.
La seconda personalità è di epoca più recente. Anche lui sapeva che sarebbe morto, ma fece quello che doveva fare. Alla moglie scrisse una lettera con queste parole: "E' indubbio che pagherò a caro prezzo l'incarico: lo sapevo prima di accettarlo e per me è stata un'occasione unica di fare qualcosa per il Paese. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto dei valori nei quali noi abbiamo creduto. Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il Paese".
L'autore di queste parole è Giorgio Ambrosoli, avvocato, di sentimenti politici conservatori, commissario liquidatore della Banca Privata Italiana le cui operazioni di criminalità finanziaria furono da lui svelate con estrema dedizione allo Stato. Ambrosoli fu assassinato l'11 luglio del 1979.
Il sacrificio di questi due eroi e di molti altri della nostra storia rappresenta più di ogni parola il senso profondo di quello che è oggi l'amor di patria e ci sprona a fare tutti il nostro dovere per la comunità nazionale.


Luigi Poletto
(Presidente Consiglio Comunale di Vicenza)


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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