Referendum sull'autonomia del Veneto, la "partita Iva" Michela: vi urlo il perchè non ho votato
Lunedi 23 Ottobre 2017 alle 23:53 | 0 commenti
Mi trovo a scrivere questo post, dopo che mi ero più volte ripromessa di non parlare di questioni politiche, alle ore 19.51 di domenica 22 ottobre 2017. Per molti, è un giorno importante, "finalmente" si è votata "l'autonomia" del Veneto e della Lombardia. Vorrei precisare una cosa che mi sta molto a cuore: chiedere un'opinione attraverso un referendum consultivo non significa risolvere un problema e neppure scaturisce da un desiderio di miglioramento. Sono profondamente delusa a pensare che in Veneto il quorum sia stato raggiunto già alle 19. Delusa ma, sicuramente, non sorpresa.
Ora mi rendo conto che dovrei sentirmi meno veneta dal momento che non mi sono presentata alle urne e che, per questo, sicuramente non sono "degna" di vivere in questo luogo meraviglioso che uso chiamare "casa mia". Ma detto ciò vorrei condividere il perché della mia scelta. Troppe volte, ultimamente, ho sentito la necessità di gridare che qualcosa non va, ma mi sono trovata sempre più sola nelle battaglie che, invece, riguardano sempre più persone. E allora ora, io voglio urlare. Dobbiamo trovare il coraggio di urlare di nuovo. Il nostro passato, le nostre madri e i nostri padri hanno lottato molto (spesso hanno vinto e spesso hanno perso) per i lavoratori delle fabbriche, per i proletari. Ora io ho capito che è venuta l'ora di lottare di nuovo anche noi (spero non solo io) per tutti. E allora mi sento offesa se si accetta di spendere 14 milioni di euro per un referendum consultivo, mentre ne sono stati stanziati solo 5 per i buoni scuola per i meno abbienti in Veneto. E mi sembra una disparità insormontabile pensare di avere uno Stato e una Regione che permettono contratti di lavoro (se va bene) "a partita Iva". Così non c'è nessun diritto, nessuna malattia, nessun permesso, nessuna sicurezza e/o investimento da parte dello Stato per i giovani. Nessun futuro, se non avere il diritto di votare ad un referendum che a nulla serve, tranne che per inasprire pericolosamente gli animi. Devo forse ringraziare per questo? No. Io dico NO.
A chi ci governa voglio chiedere: avete mai chiesto un'opinione quando avete modificato l'articolo 18? No, l'avete cambiato senza chiedere il parere e. soprattutto. senza sentire nessuno. Abbiamo manifestato nel 2002 al Circo Massimo. Io ero piccola, troppo piccola, ma più cosciente di ora, forse. Sapevo che i diritti sono intoccabili, che cercavano di toglierli a qualcuno, e la questione mi sembrava assurda. E, alla fine, non siamo stati ascoltati. Ora mi hanno chiesto di partecipare a questo referendum... molte volte ho dato il mio parere gratis e non è stato ascoltato. Forse mi volete far capire che è solo col denaro che verrò ascoltata? Pagando un progetto squilibrato per dimostrare che è sempre più "duro"? Io mi rifiuto di pensarla così.
I diritti sono sacrosanti! Il diritto di parola, il diritto al pensiero, il diritto al voto, il diritto al lavoro, il diritto di scelta. Allora io dico: non critico voi che siete andati a votare, critico chi l'ha permesso e da un certo punto di vista vi ha obbligato. Ho il diritto di pensarla a mio modo e rivendico il diritto di avere scelto di non partecipare a questa farsa.
Ora vorrei avere il diritto di essere donna, di avere un figlio e di lavorare. Come dice la mia Costituzione sono parte di una Repubblica fondata sul lavoro, ma con la mia posizione mi ritrovo a dover scegliere tra il lavoro e una famiglia. Vorrei avere il diritto ad un posto di lavoro sicuro. Io lavoro, ma di diritti ne ho ben pochi. Sono una giovane libera professionista, con un lavoro precario da "dipendente" con partita Iva, ma devo ritenermi comunque fortunata perché lavoro e sono sana, altrimenti sì che sarebbero problemi seri. Molto di più.
Non voglio essere identificata come una precaria vera e propria. Loro sono sempre esistiti. Noi siamo una nuova categoria di lavoratori e voglio che si diventi riconoscibili. Sono diversa dei precari classici perché quando loro, finalmente, trovano un lavoro hanno una serie di diritti che noi, andando avanti così, non avremo mai. Questo non è normale. Non è giusto. È disparità nelle disparità . Anni a promuovere un'ignoranza subdola e questa è l'apoteosi del risultato ottenuto. Frammentati nelle idee, con paure sempre più profonde del diverso, con il diverso sempre più uguale a noi. Distinzioni molteplici. Io non mi sento più precaria di altri, ma sento i miei diritti scivolare via. Una volta se qualcosa non andava si manifestava, ora si marcia solo nelle ronde di quartiere. Non è questa, forse, l'ignoranza tanto voluta? Questo referendum è pericoloso per chi può ancora capire il vero significato delle azioni. È la dimostrazione assoluta di come riusciamo a farci ingannare, una bomba a orologeria di fandonie e spreco. La presa di coscienza è ormai un ricordo lontano e ricordato male, tra l'altro.
Ho il diritto di protestare per questo, ma proteste come quella del 2002 a Roma io non ne ho più viste!
Parlo adesso perché sono stanca di non avere voce, sono stanca di non avere idee condivise da altri. Forse inizio a pensare che non è una questione di condivisione di idee ma che il problema è di non trovare una voce, di non avere un riferimento.
Ma parlare si può. Urlare anche. E, allora, riprendiamoci i nostri diritti.
Michela L.
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