Il processo Saipem a Scaroni, Il Fatto: le contraddizioni del manager vicentino imputato per la maxitangente algerina
Martedi 12 Settembre 2017 alle 08:16 | 0 commenti
Ragionamenti, supposizioni, ipotesi a volte. Certezze anche, di parte ovviamente. Per scansare il peso dell'accusa di corruzione internazionale. Quasi cinque ore. Tanto è durato ieri l'interrogatorio in aula di Paolo Scaroni (il manager vicentino è da circa un anno presidente dell'Istituto di Storia di Vicenza, ndr) ex ad di Eni, imputato nel processo milanese su Saipem e la maxi tangente da 198 milioni di dollari spesa, sostiene l'accusa, per ottenere sette commesse petrolifere in Algeria attraverso la Sonatrach, ente dello stesso Stato algerino. La Procura lo inchioderebbe per i suoi incontri (tre) con Farid Bedjaoui, segretario personale dell'allora ministro del petrolio Chekib Khelil, nonché riferimento della Pearl Partners ltd, società che, sostiene il pm, ha incassato il mazzettone.
La questione è spinosa. Scaroni, ieri, ha navigato a vista, scansando con buono stile le ondate del pm Isidoro Palma. Non tutto, però, è filato liscio. "Eni - ha spiegato Scaroni - non ha mai sottoscritto contratti di intermediazione". Un primo passo per mostrare, come sarebbe sulla carta, che "Eni non ha ingerenze su Saipem". E questo perché Saipem se pur controllata è anche quotata. "Saipem - ha spiegato Scaroni - lavorava per tutti i concorrenti di Eni, se qualcuno avesse saputo delle nostre ingerenze avremmo fatto un danno enorme a Saipem". Eppure, l'allora ad di Saipem PietroTali era l'uomo che lo stesso Scaroni usava per avere rapporti diretti con il ministro algerino. E ancora: lo stesso Tali, ha notato il pm, è risultato depositario di informazioni riservate che riguardavano Eni come l'acquisto della società First Calgary Petroleum (Fcp) proprietaria di un fondo in Algeria. L'acquisto avviene nel settembre 2008. E sarà proprio Tali a comunicare la notizia riservata e non ancora svelata al mercato al ministro algerino. Un punto singolare che ieri Scaroni ha minimizzato e che contraddice, per il pm, l'assenza di ingerenza tra Eni (comunque imputata) e Saipem. Scaroni ha anche liquidato il suo rapporto con Farid Bedjaoui, il presunto mediatore della tangente, precisando poi che non vi sono prove che il ministro abbia incassato quel denaro. "Era un segretario personale, così mi fu presentato da Tali". Eppure c'è un particolare che stride con la posizione di Scaroni. In una mail inviata da Tali all'ex ad Eni, il dirigente Saipem, concordando l'incontro con il ministro algerino scrive: "Proporrei di organizzarci per essere in hotel un quarto d'ora prima per vedere Farid". Anche qui Scaroni spiega: "Se devo vedere un ministro mi presento 15 minuti prima". In realtà la questione è apparsa più complessa. Tanto che anche lo stesso giudice la puntualizza senza, peraltro, arrivare a una risposta soddisfacente. L'ex ad non nega la conoscenza di Bedjaoui come segretario particolare. Scaroni, che oggi tra le varie cariche ricoperte ha anche quella, recentissima, di consigliere nel Cda del Milan, ha poi ricordato i giorni, tra il 26 novembre e il 5 dicembre 2012, quando ci fu la discovery dell'inchiesta. In quei giorni, ha spiegato, ci fu un'accelerazione per cacciare da Eni Alessandro Bernini, suo direttore finanziario risultato in contatto mail con i rappresentanti della Pearl per i pagamenti dell'intermediazione.
Bernini sarà cacciato, ma, ha ricordato il pm, Scaroni settimane dopo, intercettato al telefono con Federico Ghizzoni, ex ad di Unicredit, si spenderà per farlo lavorare. Cosa che avverrà . Ultimo passaggio sul 7 febbraio 2013, giorno in cui Scaroni sa di essere indagato. Dall'avviso di garanzia si comprende che Bedjoui è il riferimento della Pearl limited. "Lei - ha chiesto il pm - riferì in Eni di averlo incontrato già dal 2007?". Risposta: "Credo di averne parlato".
di Davide Milosa, da Il Fatto Quotidiano
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