"Il Grande Imbroglio" delle banche: scritto da Stefano Righi, introdotto dal direttore di VicenzaPiù, commentato da De Silvestri
Mercoledi 6 Aprile 2016 alle 19:53 | 0 commenti
Insolita la presentazione del libro “Il Grande Imbroglio - Come le banche si prendono i nostri risparmi†di Stefano Righi, giornalista de Il Corriere della Sera, tenutasi ieri presso i chiostri di S. Corona (e di cui vi proponiamo qui la registrazione integrale di VicenzaPiu.Tv rinviando a fra poco anche il video con il dibattito in sala, ndr). Protagonista principale, vista la location, è stato lo scandalo finanziario della BPVi che sin da subito è stata citata dai relatori e che interessava i presenti, vittime o indignati spettatori della vicenda degli ultimi anni. A fare da padrone di casa c'era l'autore e l'evento è Giovanni Coviello, Direttore Responsabile di VicenzaPiù, che in una breve introduzione ha accennato al lavoro mediatico e di indagine sulla Popolare svolto dalla propria testata giornalistica sin dal 2010 e volto ad avvisare, spesso in completa solitudine, i vicentini che qualcosa stava andando per il verso sbagliato.
Per le considerazioni più tecniche sulla questione bancaria, soprattutto dal punto di vista legale, al tavolo dei relatori era presente l'ex magistrato Tonino De Silvestri che ha fornito anche dei cenni storici sul cambiamento nel tempo della banca come istituzione. Se fino agli anni '30 e '40 la banca pubblica era una garanzia, con lo sviluppo in ogni ambito (finanziario, industriale...) le esigenze e le caratteristiceh cambiano e la banca diventa imprenditoriale, con la conseguente e graduale privatizzazione. Non viene però a mancare la garanzia per i risparmiatori, che, dopo l'emanazione nel 2004 da parte delle istituzioni euroee, dal 1° novembre 2007 dovrebbero essere tutelati anche dal Mifid (Markets in Financial Instruments Directive), una nuova normativa in vigore in tutti i paesi membri dell’Unione Europea e che si applica, quindi, anche in Italia sui servizi di investimento con l’obiettivo di garantire una maggiore trasparenza dei mercati europei e una maggiore tutela dei risparmiatori. Ma quando la situazione peggiora, come è avvenuto nel 2010 alla Popolare, le norme che dovrebbero tutelare il cliente vengono burocratizzate a favore della banca con una leggerezza nella compilazione dell'informativa Mifid che nasconde la reale capacità di "intendere e volere" dei sottoscrittori dia zioni e obbligazioni. "Qual è il dramma? Che quello che stava avvenendo era sconosciuto ai più e quando ce ne si è resi conto i buoi erano scappati dalla stalla", conclude De Silvestri nella sua articolata prefazione.
La palla, quindi, passa all'autore de "Il grande imbroglio", Stefano Righi che parla della questione banche come "una ferita aperta, non solo a livello pratico e morale ma ancor più sociale. A Vicenza 1 persona su 4 è azionista. E' una realtà tristissima".
L'autore spiega il titolo del libro, distinguendo i piccoli imbrogli delle banche da grande imbroglio che è appunto il protagonista del suo libro. Il grande imbroglio sono le obbligazioni che in un momento difficile per la banca diventano 'subordinate' (sub ordine, le prime a rischiare dopo le azioni). Cambiano semplicemente nome, servono alla banca a migliorare i parametri patrominiali, essendo assimilabili, con quel nome "subordinate", alle azioini ma i clienti, credendo ancora di investire sul sicuro evitando le più rischose azioni, le comprano sicuri che una obbligazione scada ad una certa data fissata quando verrà rimborsata con, in aggiunta, un interesse sulle somme impegante."E saranno gli acquirenti di subordinate i primi a pagarne le conseguenze" dice Righi riferendosi al primo caso, quello delle vicende di Arezzo, quando le subordiante si rivelano per quello che sono: un investimento possibile da monetizzare con certezza solo in subìordine e, quindi, carta straccia.
Un altro grande imbroglio è definito dall'autore come "tutto vicentino. Diventi socio della banca in cambio di aiuto. Sarebbe un'ottima soluzione, se fossimo rimasti ad un secolo fa. Ma la società cambia e la banca deve adeguarsi all'epoca in cui vive e alle sue esigenze. Ciò che è successo con la Popolare di Vicenza è solo il crollo in una notte di una diga, come quella del Vajont, un qualcosa costruito, cioè, in modo sbagliato anni prima".
Ed è proprio sul passato della Banca vicentina e dei suoi passi falsi che si apre il dibattito tra spettatori e relatori. Righi scherza amaramente: "Vi do solo 3 minuti come in Assemblea".
E a metterci la faccia sono in molti. La domanda che pare farla da padrona è "Come si è arrivati a questo punto?" De Silvestri parla di Mifid, di un Mifid che dovrebbe cambiare, che dovrebbe riassumersi per le subordinate in due sole domande: "Ma lei lo sa che sono investimento a rischi? Che quello che oggi investe non è sicuro di incassarlo ad una certa data con gli interessi?"
Così non è avvenuto per gli investiori - molti risparmiatori - della Popolare di Vicenza. Righi parla di catena di S. Antonio, "Non sono stati messi in guardia è vero, ma i clienti erano convinti che investire nella Popolare significassse solo guadagno, perchè così avevano sentito dire dall'amico e dall'amico dell'amico: i tuoi soldi sono in una musìna". Da non dimenticare poi il valore che ha giocato la carta finta e inutile della territorialità : "sono di Vicenza, lavoro a Vicenza, la mia banca è vicentina..." sospira Righi e poi si indigna: "io cliente e investitore non voglio la territorialità , voglio il miglior servizio al minor costo!".
Non mancano tra gli interventi le accuse a Bce e, soprattutto, a Bankitalia chiedendosi dove fossero quando serviva il loro pugno di ferro. E non mancano nemmeno le accuse all'ignoranza dei dipendenti sui prodotti che piazzavano azioni e obbligazioni. Quell'ignoranza viene usata spesso come giustificazione mentre invece secondo Righi è un'aggravante: "se non sai da dipendente ciò che sta accadendo o, ancora peggio perdi soldi tu stesso, ciò ti rende un dipendente inadeguato".
A parlare sono anche diverse autorità di settore, come Federconsumatori con Pietro Andrein e Codacons, il dui responsabile regionale, Franco Conte, prende la parola e parla ancora di speranza: "Siamo partiti come popolo di pecore e ne usciremo come popolo di leoni!".Â
Ma dov'erano allora i leoni all'Assemblea del 26 marzo quando le vittime potevano far sentire la popria voce approvando l'avvio di un'azione di responsabilità verso i membri del precedente Cda? Sono stati i voti dei dipendenti inevitabilmente condizionati o astenuti a portare a questo (non) risultato? I documenti dicono di no. Chi deve pagare pagherà comunque, ad oggi? "L'aspetto penale è nelle mani dei colleghi magistrati" dice De Silvestri "se si pensa ai reati si pensa a sangue e violenza, ma qui si tratta di un delitto che ha creato danni ben superiori di quelli fisici, decimando le imprese del nord-est". "Ho molta fiducia nella magistratura. Mi aspetto azione severa e giusta per i 118 mila" conclude Righi.
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