Il Fatto: Il governo liquida le venete, Intesa si prende il bottino
Giovedi 22 Giugno 2017 alle 09:58 | 0 commenti
Dopo aver assicurato che per le banche venete non ci sarebbe stato "nessun bail-in", il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan è andato oltre: porterà Popolare di Vicenza e Veneto Banca alla liquidazione, come suggeritogli da Bruxelles e da Intesa Sanpaolo. La banca guidata da Carlo Messina se le prenderà al prezzo di 1 euro, una volta ripulite dagli asset deteriorati e rischiosi per rispettare i coefficienti patrimoniali e non intaccare i dividendi. Intesa ha comunicato ieri la sua disponibilità con una nota senza precedenti, a mercati aperti, precisando di escludere aumenti di capitale e subordinano l'operazione a precise garanzie sui costi legati all'acquisto: cioè soldi pubblici per gestire i circa 4 mila esuberi (su 11 mila dipendenti) e senza accollarsi i contenziosi legali.
La disponibilità riguarda "l'acquisizione di un perimetro circoscritto che esclude i crediti deteriorati (sofferenze, inadempienze probabili e esposizioni scadute), i crediti in bonis ad alto rischio e le obbligazioni subordinate emesse nonché partecipazioni e altri rapporti giuridici considerati non funzionali all'acquisizione", ha spiegato la nota. La banca non si muoverà senza un decreto ad hoc approvato e convertito e l'ok di Ue e Bce.
Funzionerà così: nelle banche arriva un commissario - stando a fonti vicine al Tesoro, potrebbe essere lo stesso ad di Vicenza Fabrizio Viola - che si metterà a disposizione di Intesa. La prima banca italiana si sceglierà solo quel che le interessa, perfino quali crediti formalmente sani prendersi. Un "cherry picking", ammettono sconsolati al Tesoro. Quel che resta degli istituti finisce in liquidazione, con una gestione che però non dovrebbe presupporre la licenza bancaria: dentro queste bad bank ci finiranno almeno 20 miliardi lordi di crediti deteriorati. Lo Stato ripianerà le perdite versando almeno 5 miliardi. In ossequio alle norme Ue che impongono di accollare i costi ai creditori, vengono azzerate le azioni in mano a 170 mila soci (tra cui i 3,5 miliardi del fondo Atlante, cioè banche, fondazioni e la Cdp) e 1,3 miliardi di obbligazioni subordinate (metà in mano alle famiglie). Una bomba che farà impallidire il disastro del governo su Etruria & C.
È stato Messina a suggerire la soluzione al Tesoro, che ha avviato un'asta lampo conclusasi ieri alle 12. Dopo l'uscita di scena di Iccrea banca, decretata da una chiamata della vigilanza bancaria della Bce a Mediobanca, scelta come advisor, è rimasta solo Intesa. Il Tesoro potrebbe perfino garantirgli una dote alle good bank da 2,5 miliardi. Servirà però l'ok della direzione concorrenza della Commissione Ue, guidata da Margrethe Vestager. Per ora c'è solo un via libera informale ma i nodi da sciogliere sono tanti. Ieri Intesa ha chiuso in rialzo del 2,4%. Il governo non ha sentito la necessità di chiarire al mercato e all'opinione pubblica effetti e rischi di questa soluzione.
Carlo Di Foggia - Il Fatto Quotidiano
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