Il dott. Cordiano: risultati indagine epidemiologica ISDe su mortalità da PFAS
Venerdi 13 Marzo 2015 alle 14:02 | 0 commenti
Vincenzo Cordiano, medico chirurgo e presidente dell’Associazione dei medici per l’Ambiente-ISDE Italia, sezione di Vicenza, analizza uno studio sui PFAS dell'acqua nel vicentino e in Veneto
Ampio risalto è stato dato dalla stampa locale negli ultimi giorni alla problematica della contaminazione delle falde acquifere ad opera dei composti perfluoroalchilici, PFAS. Questo grave episodio di contaminazione dell’acqua potabile fornita ad oltre 300.000 abitanti in almeno quattro provincie del Veneto. I PFAS sono composti cancerogeni e interferenti endocrini.
I PFAS in tutto il mondo sono stati associati ad una serie di malattie tumorali e non tumorali, la cui incidenza è aumentata in molte zone del Veneto, stando ai dati elaborati dal servizio epidemiologico regionale del Veneto, del registro tumori del Veneto e dell’associazione dei registri tumori italiani. Dopo aver studiato in modo approfondito questi dati, liberamente consultabili sui rispettivi siti istituzionali degli enti appena nominati, la sezione di Vicenza dell’associazione dei medici per l’ambiente- ISDE ha commissionato  ad un gruppo di noti epidemiologi indipendenti uno studio retrospettivo sulla mortalità nelle zone contaminate da PFAS, con particolare riguardo a quelle malattie che probabilmente sono causate da queste molecole. Utilizzando i dati ufficiali dei campionamenti ARPAV nei comuni del Veneto, è stata confrontata la mortalità per diverse malattie nei comuni nelle cui acque potabili NON sono state riscontrate le sostanze perfluoalchiliche (comuni a zero PFAS, o gruppo primo) con la mortalità nei comuni con concentrazioni variabili da uno a 495 nanogrammi/litro (gruppo 2 o  comuni con concentrazioni intermedie di PFAS) e, infine con la mortalità nei comuni con concentrazioni nell'acqua potabile di PFAS superiori a 500 ng/litro (gruppo tre, comuni con elevate concentrazioni di PFAS).
I risultati sono stati presentati dettagliatamente il 26 febbraio a Cologna Veneta dal dottor Edoardo Bai, che assieme alla dottoressa Maria Mastrantonio dell'Enea e al professor Paolo Crosignani, già direttore  della  UO OCCAM (Occupational Cancer'Monitoring) dell’Istituto tumori di Milano, ha realizzato lo studio.
Risultati
Nei comuni del gruppo tre (cioè con PFAS totali superiori a 500 ng/L) rispetto a quelli del gruppo primo è stato osservato negli uomini un aumento statisticamente significativo della mortalità per diabete e per malattie dell'apparato genito-urinario. Un eccesso di mortalità , anche se al limite della significatività statistica, era presente nel periodo considerato nei maschi anche per linfomi non Hodgkin, tumori del fegato e delle vie biliari, tumori della mammella e del testicolo.
Nelle donne del gruppo tre rispetto a quelle del gruppo primo è stato evidenziato un aumento statisticamente significativo della mortalità per diabete ed infarto acuto del miocardio, mentre aumenti statisticamente non significativi sono stati anche osservati per:  la malattia di Alzheimer, le malattie dell'apparato genito-urinario, il morbo di Parkinson, i tumori del fegato e  delle vie biliari, il tumore della mammella, i tumori dell'ovaio, il tumore dei reni e degli altri organi urinari.
Lo studio del dottor Bai et al, che è stato inviato ai presidenti degli ordini dei medici del Veneto, ai direttori generali delle ULSS interessate e ai sindaci è liberamento scaricabile da questo link clicca qui.
I risultati di questo studio sono importanti per vari motivi, soprattutto perché suggeriscono che i PFAS potrebbero essere dannosi per la salute umana e dell’ambiente anche a concentrazioni inferiori ai limiti “obiettivoâ€Â stabiliti per i PFAS in Italia. Inoltre i risultati di questo studio rendono non più procrastinabile l’avvio di un serio programma di screening sanitario dell’intera popolazione interessata dalla contaminazione, come richiesto fin dall’estate del 2013 da un gruppo di quaranta medici e biologi veneti affiliati all’ISDE, richiesta alla quale VicenzaPiù fu l’unico a dare ampio risalto in più di un’occasione. I medici e i ricercatori dell’ISDE ritengono che l’indagine epidemiologica e lo screening sanitario immediato debbano essere affidate a ricercatori indipendenti e non stipendiati dalla regione. Infatti, molti, se non tutti, dei soggetti incaricati dalla Regione di seguire la problematica dei PFAS, si sono sempre pronunciati per la non pericolosità di queste sostanze e continuano a sostenere in pubblico e in documenti ufficiali che l’acqua potabile contaminata da PFAS può essere tranquillamente bevuta da bambini e donne in gravidanza. Questo anche dopo che l’Agenzia Internazionale per la ricerca sul Cancro (IARC) di Lione ha classificato il PFOA(addio perfluoroottanoico, assieme al PFOS uno dei più noti fra i PFAS) come cancerogeno di classe 2b.  In tutti gli altri casi di inquinamento dell’acqua potabile da PFAS avvenuti nel mondo, i primi provvedimenti attuati, al contrario, sono stati proprio la sospensione dell’erogazione dell’acqua potabile ai cittadini, il rifornimento con  acqua in bottiglia e il divieto assoluto di nutrire bambini e donne in età fertile con acque contaminate. Dal 2006, per esempio, in Germania, è vietata la somministrazione di acqua contenente più di 500 ng/litro di PFAS totali ai bambini di età inferiore ai tre anni e alle donne gravide. In Italia, invece, si permette l’utilizzo di acque contenenti anche più di 1000 ng/L.
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