Col divorzio Fiat mette in crisi Confindustria
Lunedi 3 Ottobre 2011 alle 23:15 | 0 commenti
La scelta di uscire da viale dell'Astronomia ha scatenato le reazioni. Cipolletta: un trauma. Scudiere: avevano deciso da tempo. Ichino: poco condivisibile. Landini: segnale di disimpegno. E c'è chi parla di indebolimento del sistema delle imprese
Una scossa, un errore, un trauma. La scelta della Fiat di uscire da Confindustria ha scatenato una ridda di interpretazioni, a volte molto diverse, ma tutte comunque tese a sottolineare l'eccezionale portata dell'evento.
Viale dell'Astronomia ha risposto con una scarna nota: "Confindustria è un'associazione volontaria di liberi imprenditori. Prendiamo atto delle decisioni della Fiat pur non condividendone le ragioni, anche sotto il profilo tecnico-giuridico". Cosi' il comitato di presidenza sull'annunciata uscita a partire dal primo gennaio 2012.
Ben più allarmato è un grande ex di Confindustria."Fiat è l'emblema di Confindustria, lo è stata per anni. Questa uscita è proprio un trauma, un colpo grosso, una notizia storica": così Innocenzo Cipolletta, ex direttore generale dell'Associazione degli industriali ed ex presidente di Fs parlando con Tmnews. E all'addio di Fiat, secondo Cipolletta, potrebbero seguirne altri: "Oggi è la Fiat, domani altre aziende potranno farlo". Dunque la notizia "è storica per Confindustria e sicuramente non positiva: significa che l'Associazione non è in grado di tutelare tutte le imprese ma anche che Fiat non è in grado di dialogare con il sistema industriale".
Per il segretario confederale della Cgil, Vincenzo Scudiere, "è la conferma dei nostri timori su di una scelta già compiuta e decisa da tempo da parte di chi non vuole rispettare le regole e nega la rappresentanza". "Questa posizione trova sostegno da parte di un governo giunto al capolinea e che non ha mai avuto la capacità di farsi rispettare e di far rendere conto alla Fiat delle scelte compiute. Un governo che ha sempre rincorso il Lingotto e che tutte le volte lo ripaga con scelte che non aiutano il Paese". Inoltre, aggiunge il dirigente sindacale, "è spiacevole che proprio dalla più grande azienda italiana continuino ad esserci scelte che puntano a mettere in discussione i passi avanti fatti con gli accordi che hanno come obiettivo la ricostruzione di regole nell'ambito di nuove e rinvigorite relazioni sindacali". Scudiere sottolinea inoltre che "intestardirsi nell'applicazione dell'articolo 8 poi, sta diventando un esercizio inutile perché è l'ulteriore pretesto dell'Ad di Fiat per giustificare decisioni industriali non chiare, insieme a piani industriali e ad investimenti tanto annunciati quanto frequentemente rimessi in discussione. Sarebbe utile che tutti la smettessero di rincorrere l'ingegner Marchionne, mettendolo di fronte alle proprie responsabilità , e difendessero allo stesso tempo gli accordi interconfederali sottoscritti", conclude.
"E' una decisione di cui sei mesi fa i motivi erano ben comprensibili, ma ora lo sono molto meno. Prima dell'accordo interconfederale di giugno e dell'emanazione dell'articolo 8 del decreto di Ferragosto, lo sganciamento di Fiat da Confindustria era motivato come un passaggio tecnico necessario perché gli accordi di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco potessero funzionare senza intoppi. Ora l'accordo e il terzo comma dell'articolo 8 hanno eliminato ogni possibile attrito fra quegli accordi aziendali e le norme-quadro proprie del sistema nazionale delle relazioni industriali". E' invece l'opinione del giuslavorista e senatore del Partito Democratico, Pietro Ichino, riportata da Labitalia.
La decisione della Fiat è un "segnale di disimpegno dal Paese", afferma poi il segretario generale della Fiom-Cgil, Maurizio Landini, che sottolinea come nelle dichiarazioni di oggi ci sia di fatto un annuncio di un ulteriore allungamento dei tempi di investimento con l'aumento della cassa integrazione e migliaia di posti di lavoro a rischio. 'Nessuno sa - ha detto - quando e se si faranno gli investimenti. Dovrebbero riflettere tutti coloro che in quest'anno hanno rincorso la Fiat".
"La lettera di Marchionne non è una bocciatura per l'articolo 8 in tema di lavoro né del governo che lo ha varato". E' quanto viceversa ha affermato il ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi. "Dice che lo intende applicare sino in fondo - ha osservato riferendosi a Marchionne - che sia fino in fondo fruibile, che ci sia una linea chiara dal sistema confindustriale. D'altronde - ha aggiunto - è la Confindustria che ha chiesto l'articolo 8".
Tenta invece un difficile equilibrio Gianfranco Carbonato, presidente dell'Unione industriale di Torino. "Prendo atto con rammarico che la Fiat ha dato seguito alle intenzioni manifestate nei mesi scorsi - afferma - mi rendo tuttavia conto che un'azienda come la Fiat, che opera in un contesto globale e di esasperata competizione e forti turbolenze, abbia l'esigenza di un sistema di relazioni industriali moderno, autonomo, e flessibile".
"E' indebolimento che il sistema delle imprese, in questo momento di crisi economica, non può permettersi", spiega Stefano Parisi, presidente di Confindustria Digitale. Parisi sottolinea poi la necessità per Confindustria di "ritrovare la capacità di rappresentare le esigenze di tutte le imprese". "Su tutte le grandi questioni - continua Parisi- le regole del mercato del lavoro, le politiche fiscali, il rilancio degli investimenti, la modernizzazione e digitalizzazione del Paese, occorrono azioni coerenti con quanto è emerso dalle assise di Bergamo e con l'accordo del 28 Giugno".
"La lettera è molto preoccupante. La fuoriuscita della Fiat da Confindustria indica la volontà di applicare le 'potenzialità ' più regressive presenti nell'articolo 8 del decreto di Ferragosto, dice invece Stefano Fassina, responsabile economia del Partito Democratico. "E' una linea senza sbocco- aggiunge - l'impresa perde quote di mercato in Europa e per la scarsa innovazione nei modelli è stata declassata nel merito di credito. Sarebbe sbagliato se scegliesse di recuperare competitività attraverso la strada della ulteriore compressione dei costi e delle condizioni del lavoro".
"L'abbandono di Confindustria da parte di Fiat è coerente: è stato infatti l'art. 8 della manovra d'agosto a blindare le intese di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco, non l'accordo interconfederale sulla rappresentanza nella sua illanguidita versione del 21 settembre. E le dichiarazioni di Confindustria, forse persino più pavide che timide, in ordine all'applicazione del medesimo art. 8 hanno inesorabilmente dato l'idea di un'associazione risucchiata in un antico politicismo filocigiellino", dice invece il senatore del Pdl Maurizio Castro.
"Con l'articolo 8 il governo ha introdotto una misura che non piace né ai lavoratori né a Confindustria. Infatti è l'ennesima norma ad personam, scritta stavolta a favore di Marchionne, che ha il solo effetto di aggravare divisioni e tensioni, creando un forte strappo nel tessuto sociale ed economico del Paese", dichiara il capogruppo dell'Italia dei valori al Senato, Felice Belisario.
Anche nel Pdl, però, si esprime un certo timore. "Comunque la si voglia interpretare, la decisione indebolisce in maniera significativa l'organizzazione imprenditoriale", conferma in in una nota il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri. "Mi auguro - ha aggiunto - che Fiat e Confindustria possano arrivare ad un chiarimento, perché la debolezza di soggetti fondamentali per il dialogo sociale nel Paese non è certamente utile, soprattutto in questo momento".
Da rassegna.it
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