Il canto del cigno di Bossi
Sabato 2 Luglio 2011 alle 10:38 | 0 commenti
Da VicenzaPiù e Ovest-Alto Vicentino n. 216 in distribuzione e scaricabile qui in pdf.
Di Davide Lovat
Espulso dal Carroccio, Davide Lovat sta lanciando il movimento culturale-politico Lega Democratica Comunitaria, che nelle intenzioni dovrebbe essere un’evoluzione e un aggiornamento del leghismo in chiave cristiana e anti-globalizzazione.
Domenica 19 Giugno a Pontida si è celebrato il canto del cigno, piuttosto rauco, di Umberto Bossi, l’uomo che ha impersonato per 20 anni le speranze di un popolo di romantici ribelli che reagirono alla degenerazione della politica della Prima Repubblica sognando una società libera, giusta, equa, onesta e governata da un potere che fosse espressione del popolo e vicino ad esso, anziché nemico e forestiero.
In questi 20 anni bisogna riconoscere che la Lega Nord le ha provate tutte: dalla corsa in solitaria alle minacce di una secessione in realtà utopistica perché non voluta dal contesto internazionale; dalla devoluzione di competenze dal centro alla periferia dello Stato alla completa sottomissione a Berlusconi in cambio di una riforma fiscale coraggiosamente ribattezzata “federalismoâ€, giacché il federalismo vero non è mai entrato in discussione nelle aule parlamentari per l’ostilità degli altri partiti. Poi però, in seguito alla malattia che lo ha colpito, Bossi ha perso smalto e la Lega Nord ha progressivamente cambiato faccia. La moglie siciliana, Manuela Marrone, insieme alla pugliese Rosy Mauro - detta “la badanteâ€- ha preso in mano la tutela del “Capo†e del movimento trasformandolo in partito-ditta, a conduzione familiare con tanto di erede designato nel figlio Renzo, detto “la Trotaâ€. Nel simbolo è stato introdotto il cognome Bossi ed è stato l’inizio della fine, giacché il popolo leghista aveva nel cuore l’adesione agli ideali e non alla persona che aveva assunto la guida del partito che quegli ideali propagandava. L’identificazione della Lega Nord con Bossi e di Bossi con la Lega Nord ha causato ciò che oggi vediamo: non appena Bossi dà segni di debolezza si scatena la faida interna per la successione che sta portando, attraverso espulsioni incrociate e volgari vendette, all’implosione di un partito nel quale valeva la pena credere, ma che non ha avuto la capacità o la volontà di darsi una struttura e un manifesto ideologico che garantissero la sopravvivenza oltre la parabola del leader carismatico. La Lega Nord continua a mentire alla sua gente sulla secessione, che è impraticabile, e continua a battere su due tasti, immigrazione e federalismo, senza proporre un programma articolato che le consenta di superare l’equivoco tra partito di lotta e partito di governo. Questo la porterà a pagare le sue contraddizioni, assieme alla degenerazione evidenziata in quest’ultimo anno in cui è esplosa la “questione morale†per colpa di decine di amministratori leghisti colti in fallo alla stessa maniera dei vecchi democristiani contro i quali la gente leghista era insorta.
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