Quotidiano | Categorie: Sindacati

Il cammino della crescita come premessa di sviluppo e di speranza per i giovani

Di Redazione VicenzaPiù Mercoledi 21 Marzo 2012 alle 09:34 | 0 commenti

ArticleImage

Da VicenzaPiù n. 230

Di Ubaldo Alifuoco, già Segretario Generale della Camera del Lavoro di Vicenza (Cgil Vicenza)

Fare il sindacalista non è mai stato un mestiere comodo. Nella mia lunga esperienza, conclusasi nel 1995, non mi è mai capitato di vivere una fase che non fosse condizionata dalla parola "crisi". Così fu negli anni ‘70, dopo lo shock petrolifero e le ricadute in termini di inflazione da costi, così avvenne negli anni '80 con le politiche reganiane e le teorie economiche del neoliberismo esasperato. Così è oggi.

Alla luce dell'esperienza storica, abbiamo però visto che ci sono vari tipi di crisi e quella che attraversiamo oggi è la più distruttiva dopo la grande depressione degli anni che seguirono il '29. Lo è anche perché, a differenza dei decenni ‘70-‘80, la leva dell'indebitamento pubblico non è più disponibile. Molte crisi aziendali di quegli anni, scaturite in cruenti conflitti sociali, furono affrontate dai governi che si sono succeduti impegnando spesa pubblica per l'acquisizione delle aziende in crisi da parte dello Stato (nell'ambito del sistema IRI-ENI e, soprattutto, EFIM) applicando la ricetta di politica economica keynesiana in modo del tutto distorto.
Quella prassi allentò certamente il contrasto nella fase storica ma trasferì al futuro i problemi. Infatti, l'espansione della spesa pubblica nei momenti di crisi, al fine di sostenere la domanda interna, è una ricetta che ha funzionato dove i soldi dello Stato hanno finanziato investimenti e non spesa corrente o improduttiva. E soprattutto quando essa si è accompagnata anche a una stagione di riforme strutturali, ivi compresa quella del mercato del lavoro. Al contrario, i temi scottanti di allora sono stati tutti rinviati, e ce li ritroviamo oggi in modo aggravato, anche perché l'Unione Europea pone agli stati che hanno vissuto sopra le proprie possibilità condizioni difficilmente negoziabili.
Per brevità, non mi dilungo sulle posizioni che si confrontano in Europa e sulla miopia politica che ha caratterizzato l'atteggiamento dell'Unione, colpevole di aver rinviando la presa di coscienza sulla gravità del problema dei debiti sovrani per mezzo dei quali un po' tutto il Vecchio Continente ha vissuto sopra le proprie possibilità. Voglio però rilevare meglio i rischi che stiamo correndo perché si sente ancora in giro una diffusa e irresponsabile leggerezza rispetto all'ipotesi di default del paese. A tal fine, vale la pena di richiamare il caso Grecia.
Si dice che, dopo l'ultimo accordo in sede europea, il default della Grecia è stato evitato e che ora quel paese deve imparare a esportare e risolvere i nodi interni che lo hanno portato in questa condizione. Tuttavia, anche fonti tecniche esterne pensano che ci vorrà un decennio per ricostruire condizioni di vivibilità ante crisi. In concreto, essa deve ridurre in due anni l'attuale debito pubblico, portandolo al 120 per cento del Pil, la pubblica amministrazione ha dovuto ricorre ampiamente a licenziamenti di personale e a tagli nei compensi e nelle pensioni, il risparmio delle famiglie si è in buona parte volatilizzato (per esempio, i privati possessori di buoni del tesoro se ne vedranno riconoscere meno della metà). Alle conseguenze per il settore pubblico si aggiungono poi la difficoltà delle imprese e la corrispondente scarsità nella domanda di lavoro.
Il caso del nostro paese, pur diverso da quello greco per entità dei numeri in gioco e per qualità dell'apparato produttivo, presenta tuttavia similitudini non banali: evasione fiscale, improduttività del settore pubblico, corruzione diffusa, entità del debito sovrano, deficit tendenziale, chiusura aziende e disoccupazione crescente, ecc.
In queste condizioni il Sindacato si trova tra l'incudine e il martello. E' evidente che la pressione su di esso è fortissima, e la tentazione di reagire alla crisi con forme di rigidità rispetto agli attuali meccanismi di governo del mercato del lavoro è apparentemente la strada più facile. Credo che questa sia una politica sbagliata perché, nelle condizioni storiche date, l'obiettivo principale non può che essere l'allargamento della domanda di lavoro per rispondere a un'offerta ormai drammaticamente sovrabbondante. Oggi un giovane su tre non solo non ha un'occupazione ma del mercato del lavoro sa solo che è una cosa pervicacemente orientata a respingerlo. Ci sono giovani, diplomati o laureati da anni, che vagano tra un precariato e l'altro con poche centinaia di euro il mese. Viviamo un'emergenza sociale di fronte alla quale non bastano slogan sulle cose che devono fare gli altri, ma serve un'azione di orientamento che concentri l'impegno di tutti su questo obiettivo.
Bisogna essere consapevoli che qualsiasi provvedimento si prenda per il rientro dal debito pubblico, esso avrà grossi limiti in fatto di equità. Tuttavia, l'iniquità più grossa sarebbe quella di condurre il paese verso la sindrome greca, che farebbe diventare i poveri sempre più poveri. Dobbiamo passare il mare in tempesta affinché si possa riprendere il cammino della crescita come premessa di sviluppo e di speranza per i giovani.
Molto in concreto, il sindacato deve avere il coraggio di puntare su questo obiettivo, anche ridiscutendo regole consolidate che forse andavano bene in anni passati ma che oggi rischiano di esasperare il conflitto e di non creare nuova occupazione. Una discussione a tutto campo e senza pregiudiziali non significa indietreggiare sul piano dei diritti ma creare le condizioni per estendere la platea di chi può usufruirne. Sentiamo parlare da decenni di "diritti acquisiti" come un totem la cui sacralità è impossibile da mettere in discussione. Ma dietro questa formula si è nascosto per anni po' di tutto: diritti sacrosanti di persone che hanno lavori umili e scarse tutele, ma anche privilegi insostenibili come le baby pensioni, gli stipendi assurdi di grand commis dello stato, rendite di posizione che cozzano contro una fetta gigantesca di giovani e meno giovani, che di diritti non ne acquisiranno mai se non comprendiamo e ci facciamo carico, tutti, di questa disperazione. C'è bisogno di un grande progetto di solidarietà nazionale e per costruirlo occorre che il governo, le organizzazioni sindacali e imprenditoriali si siedano a un tavolo senza pregiudiziali. L'obiettivo principale è di rompere il circolo vizioso che si è creato tra il costo del lavoro (mediamente più alto di quello presente nei paesi europei) e il salario netto percepito in busta paga (regolarmente molto più basso). Qui torna quindi il tema della spesa pubblica, la quale si mangia la differenza tra i due valori. E con essa tornano i problemi della lotta all'evasione, della riduzione dei costi della politica e dell'amministrazione, della semplificazione degli iter amministrativi. Ma tornano, drammaticamente, i temi della lotta alla corruzione, la quale si è diffusa come una metastasi dentro i vari livelli della politica e delle istituzioni pubbliche.
C'è un nesso stringente tra la qualità della politica e quella della vita della gente.

Leggi tutti gli articoli su: Lavoro, VicenzaPiù n. 230

Commenti

Ancora nessun commento.
Aggiungi commento

Accedi per inserire un commento

Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.





Commenti degli utenti

Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
Gli altri siti del nostro network