I dati su lavoro e povertà che aumenta in modo impressionante anche al Nord
Mercoledi 14 Dicembre 2016 alle 23:32 | 0 commenti
Le “comunicazioni obbligatorie†diffuse dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali dimostrano inequivocabilmente che le politiche del lavoro del governo Renzi non hanno generato quell'aumento occupazionale tanto propagandato. Tutt'altro. Nel terzo trimestre del 2016, per tutte le tipologie contrattuali, ci sono state 2.386.169 attivazioni di rapporti di lavoro che hanno interessato 1.864.841 lavoratori. Rispetto al terzo trimestre del 2015 si è registrata una diminuzione pari al 5,4% per quanto riguarda i rapporti di lavoro e del 5% per quanto riguarda i lavoratori.
Le cessazioni di rapporti di lavoro sono state 2.322.957 che hanno interessato 1.846.096 lavoratori. Un saldo positivo di rapporti e lavoratori estremamente esiguo.
In Veneto ci sono state 159.985 attivazioni di rapporti di lavoro (tutte le tipologie contrattuali) per 140.216 lavoratori. Le cessazioni dei rapporti di lavoro sono state 160.023 per 143.067 lavoratori. Nella nostra regione, un piccolo, ma significativo, saldo negativo.
Se si considerano i rapporti di lavoro con contratti a tempo indeterminato, la situazione è, invece, fortemente negativa con 406.691 attivazioni (-18,7% rispetto al terzo trimestre del 2015) a fronte di 483.162 cessazioni. Il saldo è, quindi, di -76.471 unità .
A livello nazionale, la percentuale di attivazioni di rapporti di lavoro con contratti a tempo indeterminato è il 17% del totale delle attivazioni. Una minima percentuale che evidenzia la instabilità del lavoro “creato†nel terzo trimestre di quest'anno.
Questi dati ministeriali evidenziano il fallimento di quanto la propaganda governativa aveva promesso con la riforma denominata “jobs actâ€. Una serie di cancellazioni di diritti per i lavoratori e di favori all'impresa che avrebbe dovuto portare a un aumento vertiginoso del lavoro a tempo indeterminato (i contratti a tutele crescenti che, con la cancellazione dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, non sono, di fatto, per nulla stabili). Nulla di tutto ciò.
Il vero obiettivo delle riforme del governo era proprio questo. Mantenere alto il tasso di disoccupazione, aumentare la precarietà del lavoro esistente, ricattare chi vive del proprio lavoro limitando e cancellando progressivamente qualsiasi diritto, generare conflitti e maggiore competizione tra chi è costretto ad accettare qualsiasi cosa pur di lavorare. Premesse, queste, per una reale e drammatica riduzione salariale favorita dalla diffusione dell'uso dei voucher e, persino, dei “buoni pasto†come forme normali di retribuzione, con il conseguente impoverimento generalizzato della maggioranza della popolazione.
Un aumento della povertà che si riscontra nel recente documento “Poveri noi†pubblicato qualche giorno fa dall'associazione Openpolis che fotografa una crescita della povertà nel nostro paese. Se nel 2005 le persone che si trovavano in povertà assoluta erano 1.911.000 (nel 2006 erano calate a 1.660.000), nel 2015 (dopo i vari governi “politici†o tecnici che si sono susseguiti e che comunque si sono dimostrati asserviti al pensiero unico liberista) la povertà assoluta è condizione “normale†per 4.598.000 persone. Un aumento impressionante che si registra in tutte le aree geografica del nostro paese (il Nord passa da 588.000 a 1.843.000 persone, il Centro da 302.000 a 671.000, il Sud da 1.021.000 a 2.084.000). Un altro dato emblematico è quello che registra un aumento della povertà per tutte le fasce d'età ad esclusione di quella sopra i 65 anni (che cala del 4,1%). Tra i giovani sotto i 17 anni e nella fascia d'età compresa tra i 35 e i 64 anni l'aumento è di quasi 3 volte, nella fascia d'età compresa tra i 18 e i 34 anni l'aumento è di oltre 3 volte. Dato, questo, che evidenzia un impoverimento delle persone in età lavorativa che conferma la precarietà del lavoro e la diminuzione salariale complessiva.
Ed è di fronte a questa situazione disastrosa che nasce il nuovo governo Gentiloni. Un governo che conferma il precedente (con Poletti ancora ministro del lavoro), che opererà per consolidare le riforme approvate in questi anni e che ne continuerà la politica fallimentare. Politica per il lavoro che ha favorito l'impresa dimenticandosi dei principi e degli obblighi contenuti nella Costituzione che è stata confermata dal voto popolare di domenica 4 dicembre. Principi e obblighi che vincolano la Repubblica (e, quindi, le istituzioni di ogni ordine e grado) a operare per garantire ai cittadini un lavoro sicuro e giustamente retribuito al fine di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.â€
Le possibilità di cambiamento ce le dobbiamo conquistare con la fatica e con la determinazione necessarie. Non ci resta che lottare per riprenderci i nostri diritti e il nostro futuro.
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