I caduti sul lavoro sono sempre di più. E tutto tace
Domenica 6 Agosto 2017 alle 09:15 | 0 commenti
In questi giorni avete letto qualcosa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro? Avete sentito qualche ministro o qualche parlamentare parlarne? Eppure di lavoro e nel lavoro ci si infortuna, ci si ammala, si muore. Come e più di prima. L'Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro, che monitora tutti i decessi e non solo quelli degli assicurati INAIL, scrive: "I morti sul lavoro dall'inizio dell'anno al 5 agosto 2017. Sono diventati 411 sui luoghi di lavoro e oltre 900 con le morti sulle strade e in itinere". In questi 5 giorni di agosto, i morti nei luoghi di lavoro sono 12 (nella foto Andrea Gagliardini morto in modo orribile, con con la testa schiacciata da una pressa).
Una media spaventosa di oltre 2 decessi ogni giorno. A fine luglio i morti nei luoghi di lavoro erano il 6,3% in più rispetto al 2016 e l'11,2% in più rispetto al 2008.
Periodicamente ci troviamo a dover ripetere sempre le stesse parole. Che non si può concepire il lavoro come qualcosa per il quale si può perdere la vita. Che, evidentemente, questi morti non sono dovuti al caso, a sfortuna o a sottovaluzione del pericolo.
Chiediamo ogni volta che si agisca. Che almeno si affronti il problema.
Ormai, invece, quasi tutti quelli che dovrebbero interessarsi dei problemi del lavoro e della sicurezza sono impegnati in altre cose. L'unico interesse che può smuovere questi "signori" è quello personale, monetizzabile in qualche modo (denaro o voti, non importa, basta avere qualcosa di tangibile in cambio). E i lavoratori che si infortunano, che si ammalano, che muoiono non danno niente in cambio. Non possono dare altro che la loro salute, la loro vita. Un ricordo appena. Cose che non hanno prezzo.
Qualcuno di "lorsignori" darà solidarietà più che altro per apparire, altri si dimostreranno affranti. Puoi continueranno a discutere di vitalizi, di come tagliare le pensioni, di costo del lavoro che è necessario abbattere, di migranti che "ci rubano lavoro e soldi".
Così i lavoratori (senza distinzione di sesso, razza, credo religioso, ideale politico...) continuano e continueranno a morire in silenzio, senza nome né volto.
La "grande" informazione ne parla e ne scrive poco. Non indaga presa com'è a pubblicare le veline che le vengono passate e che vengono trasformate in notizie tutte uguali. Al massimo fa risaltare il dato INAIL secondo il quale i morti sul lavoro stanno diminuendo. Non è vero ma va bene così. Basta non verificare.
Bisogna allora affidarsi a chi, come l'Osservatorio di Bologna, con ostinazione continua a raccogliere i dati, a controllarli, a far emergere una realtà che è, a dir poco, spaventosa. E a quegli "utopisti arrabbiati" che continuano a credere che il sistema nel quale viviamo non è né giusto né equo e che non è umano lavorare e morire per il profitto personale di qualcuno.
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