Governo Gentiloni, 20 miliardi per le banche: dopo Mps anche le Popolari venete?
Martedi 20 Dicembre 2016 alle 09:23 | 0 commenti
Non c’è solo il Monte dei Paschi tra i potenziali beneficiari del paracadute di Stato. Popolare Vicenza, Veneto Banca e Banca Carige sono quelle che, sulla carta, vengono subito dopo nella lista delle candidate. Per un motivo: sono le più vicine all’asticella posta dalla Bce quanto al capitale di vigilanza, e la bocciatura da parte della Bce in un esercizio di stress è una delle condizioni poste dalla disciplina comunitaria per la ricapitalizzazione pubblica senza infrangere le norme sugli aiuti di Stato. È per questo motivo che sarebbero fuori dalla partita le quattro good banks: Nuova Banca Marche, Popolare Etruria, CariChieti (ormai destinate a finire in pancia a Ubi) e Cassa di risparmio di Ferrara non sono state sottoposte recentemente ad alcuna prova di stress, dunque lo Stato non può intervenire.
Discorso diverso, invece, per altre banche di medie dimensioni, per lo più collocate nel centro Italia: in questo caso la vigilanza è effettuata direttamente dalla Banca d’Italia, che a ottobre ha segnalato l’esito degli ultimi stress test. L’esercizio - pur teorico e da più parti contestato nella sua “staticità †- ha portato alla luce una ipotetica carenza di capitale in sette istituti per complessivi 740 milioni di euro di euro circa per ricostituire i ratio patrimoniali oltre le soglie minime. Da Via Nazionale nomi non ne sono arrivati, ma è probabile che tra i bocciati figurassero la Cassa di risparmio di Cesena - nel frattempo ricapitalizzata con 280 milioni dal braccio volontario del Fondo interbancario -, la Cassa di Rimini e quella di San Miniato. Che, pertanto, potrebbero aggiungersi all’elenco dei potenziali beneficiari dell’aiuto di Stato. Per dimensioni e rilevanza, dopo il Monte dei Paschi l’attenzione è massima sulle due grandi ex popolari venete. La settimana scorsa sia Vicenza che Montebelluna hanno rivelato i coefficienti minimi di capitale richiesti dalla Bce: i due istituti stanno sopra, ma di poco e ogni minimo intervento strutturale può farle precipitare subito al di sotto. Considerato che le due banche stanno per varare un piano di ristoro da oltre mezzo miliardo per gli azionisti depauperati negli anni e una maxi-cartolarizzazione da 6 miliardi di Npl con inevitabili e conseguenti svalutazioni, è come se - virtualmente - fossero già sotto soglia: di qui la possibilità di ingresso dello Stato. Che potrebbe essere agevolato dal progetto di fusione allo studio da parte di Atlante, azionista di stragrande maggioranza di entrambe le banche, che ha già individuato Fabrizio Viola come ceo della futura entità unica attesa entro la metà del 2017. Più complicata la partita in Carige. Qui c’è un azionista privato, la famiglia Malacalza, che prima di spalancare le porte all’azionista-Stato vorrà avere sufficienti garanzie in termini di modalità dell’investimento e permanenza nella banca. Si vedrà con il nuovo piano industriale, che proprio nei giorni scorsi Bce ha chiesto di avere entro fine febbraio, concedendo nei fatti un mese in più rispetto alla scadenza precedente di fine gennaio.
Di Marco Ferrando, da Il Sole 24 Ore
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