Giovane Italia con Matteo Miotto e il tricolore ma no al ritiro dall'Afghanistan chiesto da Zaia
Lunedi 3 Gennaio 2011 alle 09:52 | 0 commenti
Silvio Giovine, Presidente Regionale Giovane Italia Veneto - Quando un giovane soldato cade nel compimento del proprio dovere il primo sentimento che si dovrebbe provare è il rispetto. Il rispetto profondo per una scelta difficile come quella di essere un militare, il rispetto per le difficoltà che questa scelta comporta, il rispetto per la divisa che si indossa, una divisa per la quale si è pronti al sacrificio più alto, quello della vita.
Il caporal maggiore Matteo Miotto ci ha insegnato che a 24 anni vale la pena di donare tutto per questa scelta, per questa divisa, per quel senso di dovere che sconfina nel senso dell'onore, per la nostra bandiera: il tricolore. La Patria, la terra dei padri che in Italia abbiamo definitivamente conquistato nelle trincee sui monti veneti durante la prima guerra mondiale, è stata idealmente difesa ancora una volta da un ragazzo veneto, vicentino, thienese. Sono questi gli esempi di cui necessitano le giovani generazioni perché siamo stufi del racconto quotidiano di una de-generazione secondo cui la maggior parte dei ragazzi si droga, spacca vetrine o assale le forze dell'ordine durante manifestazioni. Quelli non sono ragazzi ma delinquenti. Anche Matteo non è più genericamente un ragazzo ma uno dei 35 eroi che in Afghanistan hanno perso la vita assassinati da chi non ha il coraggio di combattere indossando una divisa ma si deve nascondere perpetrando vili attentati o sparando alle spalle. Finchè i ragazzi italiani potranno contare su esempi come quello di Matteo riusciremo ad arginare la vigliaccheria, il relativismo, la furbizia nella sua accezione negativa.
Dispiace constatare la posizione assunta dal Governatore Zaia il quale all'indomani del terribile lutto che ha colpito la nostra regione ha parlato di "indifferibile exit strategy" definendo la missione di pace italiana "un'inutile strage".
L'obiettivo è certamente quello di tornare a casa al più presto ma ritirarci oggi da Kabul sarebbe un insulto verso la dedizione e il coraggio profusi da Matteo e offensivo verso la sua memoria e il suo sacrificio.
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