Gervasutti:Il male minore non salva nessuno
Domenica 7 Marzo 2010 alle 13:07 | 0 commenti
Il Giornale di Vicenza    Â
Riportiamo da Il Giornale di Vicenza di oggi l'editoriale del direttore Ario Gervasutti sulla farsa delle liste elettorali
di Ario Gervasutti
La farsa delle liste elettorali è la miglior fotografia possibile della situazione in cui si trova questo Paese. Una piccola vicenda che può rappresentare uno spartiacque, un bivio verso percorsi fino a ieri non immaginabili. E dopo le elezioni, a prescindere dal risultato, nulla sarà come prima.
La maggioranza vede svelati i suoi limiti e le sue magagne. Con un partito - il Pdl - che gode della stragrande maggioranza dei consensi dei cittadini, ma è percorso da guerre tra bande che ritengono di vedere il viale del tramonto per il "padre-fondatore" Berlusconi più vicino di quanto in realtà sia. La resa dei conti non avverrà solo tra il Cavaliere e Fini, ma coinvolgerà l'intera struttura del partito autore del ridicolo pasticcio delle liste. La responsabilità del Pdl non sta tanto nell'incapacità organizzativa di seguire le pur complicate prescrizioni di legge nella presentazione di un simbolo elettorale: questo, al limite, è affar loro. La colpa vera sta nel fatto di avere diffuso tra gli italiani la sensazione che "una soluzione si trova sempre".
È vero, siamo il Paese dell'improvvisazione: ma nulla è più grave di uno Stato che applica le regole a spanne. Perché perde l'autorità di imporre ai cittadini il rispetto rigoroso di qualsiasi regola. Se pagherò in ritardo il bollo dell'auto, pretenderò di non pagare la mora; se viaggerò a 135 all'ora in autostrada, pretenderò di non pagare la multa. E il fatto che lavoro 12 ore al giorno e non ho il tempo di fare la coda all'Aci, o il fatto che l'autostrada è deserta, saranno giustificazioni senz'altro più plausibili di quella del politico romano che ha depositato le liste fuori tempo massimo: «C'avevo fame, so annato a famme un panino». Ma la pessima qualità della fotografia italiana è aggravata dal fatto che dall'altra parte non c'è di meglio. Anzi Sorvolando per carità di Patria sul senso di responsabilità di chi come Di Pietro «chiama alle armi gli italiani» evocando scenari da golpe, è dal Pd che ci si attenderebbe un'azione adeguata. Invece gli appelli di Napolitano per una soluzione politica condivisa sono stati ignorati pur di lucrare un po' di consenso elettorale. Consapevole del fatto che ogni giorno trascorso a bagnomaria ha fatto perdere al centrodestra quasi mezzo punto percentuale di voti, il Pd è stato solo in grado di dire che «le elezioni senza Pdl sarebbero falsate, ma non vogliamo decreti-sanatoria». E la soluzione? Silenzio: meglio solleticare la piazza e impedire che alcuni milioni di persone possano votare il proprio partito.
Silenzio anche sul fatto che le inflessibili Corti d'Appello chiamate a vidimare le liste elettorali in Lombardia hanno, per esempio, bocciato l'autenticazione di una firma del Pdl perché il luogo indicato non era scritto per esteso (Mariano C.se al posto di Mariano Comense) ma hanno chiuso entrambi gli occhi di fronte all'indicazione posta a fianco di una lista del Pd decisamente più vaga (C.M. al posto di Cassano Magnago). Una bella gara tra chi è più scombinato: il centrodestra, il centrosinistra, la magistratura.
E la Lega? In silenzio (compiaciuto) anch'essa fino a quando i problemi erano nel Lazio; pronta a minacciare il ritiro dal voto quando invece il centrosinistra infila (senza che i giudici trovino da eccepire) nella scheda del Piemonte una lista civetta "Cota/PdL" che sta per tale "Nadia Cota e il Patto dei Liberali" di palese disturbo verso il candidato leghista Roberto Cota. Al solito, due pesi e due misure; e ognun per sé, Dio per tutti.
Sia chiaro: il diritto dei cittadini a scegliere il rappresentante politico che più gli aggrada è prioritario rispetto a tutto. E una tornata elettorale senza Pdl nel Lazio o in Lombardia sarebbe stata ridicola oltre che lesiva della democrazia. E forse ha ragione Gianfranco Fini a dire che il decreto-sanatoria è stato «il male minore». Ma resta un male. E da questo male, non si salva nessuno.
Ario Gervasutti (Il Giornale di Vicenza, 7 marzo 2010)
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