Ex manicomio San Felice, Cerasoli (Sel): preserviamo quel patrimonio di memoria storica
Martedi 21 Maggio 2013 alle 15:56 | 2 commenti
Stefania Cerasoli, candidata al consiglio comunale con Sinistra Ecologia Libertà - Sel da tempo impegnata nella tutela dei più deboli, accoglie l’appello di Agorà , Forum permanente salute mentale Vicenza, volto a preservare quel patrimonio di memoria storica rappresentato dall’area del Parco San Felice che accoglieva, fino a poco tempo fa, la comunità psicogeriatrica Albero d’Argento.
Ben venga, quindi, l’allestimento di una mostra permanente che rievochi la storia del manicomio di San Felice proprio nei luoghi in cui tante, troppe, persone sono state internate perché diverse e scomode, perché non rientravano nei parametri di una normalità stabilita da una maggioranza che Franco Basaglia aveva acutamente definito “maggioranza devianteâ€.
Purtroppo viviamo in una società che perde di memoria e questo produce violenza perché di-menticare significa fuori di mente, fuori di testa appunto.
Come diceva sempre Franco Basaglia, perché vi sia coscienza veramente civile è necessario il “riconoscimento e la riconciliazione coi detenuti di questo carcere sociale dove è stata rinchiusa anche una parte della nostra coscienza collettiva e umana, occorre liberare finalmente il manicomio, e la sua memoria, per liberare anche la nostra umanità â€.
La società non può farsi presente e divenire se non metabolizzando il manicomio-carcere per i diversi prodotto dalla stessa società .
Nessuno di noi, infatti, può essere certo che una tale crimine non possa tornare sotto altre forme, o che non sia mai scomparso, nonostante tutto sia cambiato, almeno sul piano normativo.
Il diritto alla libertà del proprio corpo è il più elementare dei diritti di libertà solennemente garantiti dalla Costituzione italiana.
Eppure basta una perturbazione della mente o, più semplicemente, la vecchiaia, perché questo fondamentale diritto venga messo in discussione.
In Italia si stima che nei settori psichiatrici e geriatrici il ricorso ai mezzi di contenzione abbia una percentuale variabile dal 20 al 50 % dei casi.
Le motivazioni che inducono a contenere i malati si ravvisano nella necessità di prevenire i danni da caduta, di controllare i comportamenti disturbanti.
In realtà si tratta di un intervento raramente appropriato a causa delle conseguenze su molte funzioni fisiche e psichiche, non più stimolate adeguatamente. Si riduce la massa e il tono muscolare e si perdono progressivamente le funzioni di vita quotidiana. Pesanti sono le conseguenze sul piano psicologico, quali l'agitazione, l'umiliazione, la paura, l'apatia. Le cadute, motivo per cui viene usata la contenzione, spesso non diminuiscono e gli esiti sono più rovinosi. La mortalità nei pazienti sottoposti a contenzione pare, addirittura, sia maggiore. Dati i valori costituzionali inevitabilmente sottesi in materia di misure di contenzione è assolutamente necessario che la decisione di applicare tale misura si ponga come l'extrema ratio, l'ultima risorsa in situazioni pericolose, non altrimenti evitabili.
In altre parole si deve rispettare il pensiero di Franco Basaglia secondo il quale “il malato di mente, prima di tutto, è una persona e come tale deve essere considerata e curata. Noi siamo qui per dimenticare di essere psichiatri e per ricordare di essere personeâ€.
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