Ettore Beggiato: "ma esiste veramente una nazione chiamata Italia?"
Martedi 10 Ottobre 2017 alle 10:19 | 1 commenti
Riceviamo da Ettore Beggiato, venetista ed ex consigiere regionale del Veneto, la seguente nota provocatoria che pubblichiamo: "Non passa giorno che ci si appelli all'unità nazionale, alla "nazione italiana" con un'enfasi e una retorica che si credeva ormai sorpassata. Proprio in questi giorni si deve registrare l'ultimo appello del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Ma è davvero esistita ed esiste una nazione chiamata Italia? Dobbiamo accettare come dogma di fede tale definizione? La mia domanda è sicuramente provocatoria, anche perché il dibattito, il confronto su questi temi e sulla differenza fra il concetto di Stato e quello di Nazione è pressoché nullo."
"Vediamo - continua la nota - allora di cercare di razionalizzare il ragionamento. Aldo Gabrielli nel suo dizionario definisce la nazione come "complesso di individui avente una origine comune, spesso comuni la lingua, la storia, la religione, i costumi, sia esso o non politicamente unito". E già qui nascono le prime perplessità ... Che cosa io, io veneto, in comune con un tirolese di Sterzing/Vipiteno, con un valdostano di Courmayer, con un sardo di Decimomannu, con un siciliano di Canicattì ? L'origine? Non mi pare. La storia? Non se ne parla nemmeno, i costumi lo stesso, la lingua ? Ecco, da un po' di tempo parliamo la stessa lingua veicolare, l'italiano (io comunque penso sempre in veneto e, quasi sempre, parlo in veneto)."
"Ma - prosegue Beggiato - anche qui fa pensare che nel 1861, quando fu compiuto il primo censimento nel Regno d'Italia (il Veneto non era ancora stato annesso) , "gli italofoni (cioè coloro in grado di esprimersi in italiano) erano, fatta eccezione di Roma e della Toscana, l'8 per mille della popolazione, vale a dire 160 mila individui dispersi in una massa di 20 milioni di abitanti" (Tullio de Mauro - Storia linguistica dell'Italia unita). E questo la dice lunga sul processo forzato di italianizzazione, di standardizzazione, di massificazione che è stato portato avanti dall'unità d'Italia, distruggendo un patrimonio di lingue, costumi, tradizioni forse unico in Europa."
Queste considerazioni portano ad una conclusione molto semplice (molto modesta e molto personale, se si vuole): l'Italia - sottolinea l'ex consigliere - non è una Nazione ed è invece uno Stato sovranazionale, all'interno del quale vivono vari popoli (veneto, sardo, siciliano, sudtirolese ecc.). Stato sovranazionale come la Gran Bretagna, dove troviamo inglesi, scozzesi, gallesi, nordirlandesi o la Spagna dove ci sono catalani, baschi, castigliani ecc. E quanto sta accadendo in Catalunya ci dimostra quanto sia in crisi lo "stato-nazione": un concetto equivoco sul quale, soprattutto in Italia, c'è stata da parte della cultura dominante la volontà di non uscire da questo equivoco."
"Un concetto - conclude la nota - che ha trovato soprattutto nel periodo fascista l'attuazione più dura e sistematica che si riassumeva e si riassume con "un popolo, una lingua, una storia", un motto che dopo mezzo secolo è stato fatto proprio dalla cultura di sinistra con la nascita di un "nazionalismo di sinistra" del quale avremmo fatto volentieri a meno. E' tempo di superare tale pensiero sostituendolo con "più popoli, più lingue, più storie, più identità all'interno dello stato italiano" ed è emblematico come la prima delega che la Regione del Veneto chieda a Roma sia proprio quella della pubblica istruzione: da qui potrà nascere un Veneto più orgoglioso della propria storia e della propria identità , più moderno, più europeo."
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