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"Espropri, nomine, ricavi incerti". Indagine bis sulla Pedemontana
Venerdi 20 Marzo 2015 alle 11:16 | 0 commenti
La Corte dei conti torna alla carica sul fronte dei presunti sprechi per la realizzazione della Pedemontana Veneta. E lo fa (anche) per chiedere chiarimenti sui criteri che portarono alla scelta, come direttore dei lavori, di Stefano Perotti, l’ingegnere fiorentino arrestato lunedì nell’ambito della maxi inchiesta sulla corruzione nelle grandi opere.
Dopo l’apertura di un’indagine «conoscitiva» da parte dell’Ufficio centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato e la richiesta di documentazione inviata il mese scorso a tutti gli enti coinvolti nella realizzazione di quella che sarà la prima superstrada a pagamento d’Italia, ieri mattina i magistrati contabili hanno fatto recapitare una nuova lista di interrogativi. Al centro dell’istruttoria resta l’aumento esponenziale dei costi per realizzare le quattro corsie che, a partire dal 2018, collegheranno Montecchio Maggiore (Vicenza), a Spresiano, in provincia di Treviso. La spesa è passata da un miliardo e 828 milioni del progetto preliminare ai 2 miliardi e 258 milioni di quello esecutivo: 400 milioni di euro di soldi pubblici in più, in buona parte conseguenza delle opere di compensazione ottenute dai 36 Comuni interessati dal tracciato. La nuova richiesta di chiarimenti è riassunta in dodici punti. Ora il magistrato vuole ottenere informazioni su Adriano Turso, il nuovo direttore dei lavori nominato all’indomani dell’arresto di Perotti, ma chiede anche di conoscere le modalità con le quali era stato individuato il predecessore, visto che «sorprende che la direzione (dei lavori, ndr ) fosse stata attribuita a un soggetto non residente in loco e inoltre già titolare di molte altre direzioni». Inoltre, la Corte dei conti arriva a ventilare sospetti perfino sull’effettiva necessità della superstrada e, quindi, sulla sua sostenibilità economica. Chiede «se le previsioni d’afflusso per la Pedemontana Veneta, considerate da taluni particolarmente ottimistiche, possano allo stato essere ancora confermate». Quando venne progettata si stimava un traffico quotidiano di 70mila veicoli ma è probabile che, complice la crisi economica, saranno molti di meno. Il rischio è che i mancati guadagni ricadano sulle tasche dei cittadini, visto che l’accordo di project financing prevede che, se si scendesse sotto i 25mila transiti al giorno, lo Stato «risarcisca» la differenza ai privati. Questa, come altre clausole di tutela degli investitori privati, secondo la magistratura contabile, «pare indebolire la caratteristica fondamentale della concessione, che è il trasferimento al concessionario del rischio di mercato che comprende il possibile mancato recupero degli investimenti e dei costi sostenuti per l’opera». Detta in altri termini: quella per la costruzione della Pedemontana è una scommessa «truccata», perché - per quanto male dovessero mettersi le cose - le aziende costruttrici non ci rimetteranno neppure un euro. Infine, altro aspetto critico è quello degli indennizzi per i terreni espropriati: sono più alti (fino al triplo) del minimo previsto dalla legge. Ieri sera il commissario per la Pedemontana Veneta, Silvano Vernizzi, ha confermato di aver ricevuto la nuova istruttoria della Corte dei conti. E stavolta è sbottato. «Risponderemo anche a questi quesiti, ma il tono delle domande dimostra dei preconcetti nei confronti della realizzazione dell’opera, è evidente». Entrando nel dettaglio, il commissario anticipa come ribatterà ai dubbi sollevati. «Mi chiedono perché non fu scelto un direttore dei lavori residente “in locoâ€. Ma che razza di domanda è? Poteva essere anche un francese, per quanto ne so, conta solo se ha i requisiti adatti a lavorare». E sulla questione dei mancati rischi d’impresa: «Un calo del traffico rispetto alle previsioni iniziali è probabile, ma non si arriverà mai sotto quota 25mila veicoli al giorno, quindi non c’è il pericolo che sia lo Stato a risarcire i mancati pedaggi». Infine il tema degli indennizzi: «Abbiamo stretto degli accordi con le associazioni di categoria e pagato di più i terreni espropriati, ma era l’unico modo per scongiurare il rischio di ritrovarci alle prese con una raffica di ricorsi che avrebbero bloccato l’intera opera».Â
di Andrea Priante dal Corriere del Veneto
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