Erredi di Ruggero Negrin, una storia di vessazioni. Bancarie e giudiziarie
Lunedi 7 Novembre 2011 alle 12:25 | 0 commenti
Chiama in causa Intesa e il pm Pecori il suo titolare Ruggero Negrin, ora presidente dell'Addib, associazione di tutela degli utenti bancari
Da vessato a paladino delle vittime di abusi bancari. La storia di Ruggero Negrin è emblematica e quanto mai attuale, in tempi di profonda crisi per le aziende lel Nordest, con un corollario di innegabili difficoltà di accesso al credito, conseguenza ma spesso pure causa della perdita di attività anche storiche e di troppi posti di lavoro. L'Eden non è più qui da tempo, ma alla base c'è anche un rapporto non sano o poco limpido col sistema bancario, che per anni ha foraggiato magari anche scriteriatamente un tessuto che pareva non avere limiti di sviluppo.
Negrin ne faceva parte, da imprenditore di successo che importava ed esportava praticamente ovunque, forte di un fatturato che poneva la sua azienda al terzo posto nel settore in Italia. L'Erredi snc, con sede in Via Lago di Bolsena (zona industriale di Schio, a due passi dal Centro Commerciale Campo Romano), almeno fino ai primi anni '90 era difatti un'azienda leader nella produzione di trapunte e guanciali: insomma riforniva le camere da letto un pò in tutto il Bel Paese, ma non solo. "Da me acquistavano americani, giapponesi e perfino dall'Est Europa, una volta caduta la cortina di ferro- racconta l'imprenditore -. La nostra regolarità e correttezza era un gran bel biglietto da visita, tanto che gli ordini si facevano sulla parola e nessuno pretendeva garanzie. Insomma c'era un rapporto di grande fiducia e questo permetteva all'Erredi di lavorare come una grande azienda, pur essendo nata nel 1974 dalle sole forze mie e di mia moglie, col supporto di mio padre. Avevo venticinque dipendenti, continue commesse e stavo valutando di ampliarmi finchè...". Finchè, come un fulmine a ciel sereno, nel 1992 una delle banche di riferimento ha deciso di chiudere i rubinetti, anzi ha posto Negrin di fronte ad una decisione drammatica. "Avevo un fido di circa 500 milioni (di lire, ndr) presso il Banco Ambrosiano Veneto (oggi Banca Intesa, ndr), concesso tra l'altro quasi senza chiederlo, alla luce del mio notevole flusso di cassa - ricorda -, ma ne utilizzavo la metà , per acquistare le materie prime necessarie alla produzione. Un venerdì pomeriggio mi arriva invece una richiesta di rientro totale, tramite uno scarno telegramma; il giorno dopo, quindi di sabato, segue un decreto ingiuntivo del giudice: avevo tempo fino al lunedì per sistemare il conto societario. Ho chiesto spiegazioni, potevo capire la volontà di non affidarmi più, non la fretta con cui mi tiravano per il collo: sapevano bene che pochi sono in grado di avere quella liquidità disponibile in poche ore. Ho proposto una transazione, un rientro concordato con assegni già pronti: niente da fare, il direttore dell'Ambroveneto, Roberto Dalla Vecchia, ha detto chiaramente che preferiva il mio fallimento". L'Erredi snc provò allora con l'altro istituto di credito con cui lavorava, l'allora Cariplo, che pur mostrando maggiore disponibilità non potè aiutare Negrin. "Avevano ricevuto copia dell'ingiunzione ed avevano le mani legate, così dissero, ma mi diedero tempo per andare avanti. Purtroppo l'azione legale degli avvocati Facchin e Faggin, che si delegarono da soli per Ambroveneto, mi costrinse alla chiusura. Nessuno dei miei ex-dipendenti e fornitori avanza nulla, ma mi hanno portato via i macchinari e la casa di famiglia. Ho dovuto reinventarmi un lavoro, ma quello che mi ha addolorato di più e resta una ferita aperta è l'espressione afflitta di mia figlia, allora dodicenne, e di mio padre quando i carabinieri posero i sigilli alla porta dell'abitazione. Fummo trattati come delinquenti, anzi peggio perchè a chi commette reati penali spesso si concedono seconde possibilità o attenuanti". Ma Ruggero Negrin sapeva di avere subito una pesante ingiustizia e da vent'anni sta portando avanti una battaglia anche a favore di chi si trova in circostanze simili. "Sono arrivato in Cassazione ed è stato ampiamente dimostrato che il provvedimento della banca fu ingiustificato. Il probabile risarcimento però non lo utilizzerò per tornare a fare l'imprenditore, ma per finanziare l'Associazione e l'attività in difesa dei vessati". In questi anni, infatti, Negrin ha fondato l'A.D.D.I.B. (Associazione Difesa Dagli Illeciti Bancari, associazione che vigila sugli illeciti bancari la cui tessera è gratuita. "Come posso chiedere soldi a chi è stato messo in mezzo ad una strada e, spesso, non ha di che vivere? Se l'imprenditore vuole andare fino in fondo perchè sospetta irregolarità negli estratti conto, ho creato una task force con ingegneri informatici ed esperti che è in grado di fare luce sul corretto saldo che si dovrebbe avere in banca. Vi assicuro che nel 90% dei casi ci sono ... errori nelle valute, commissioni non concordate, interessi e numeri debitori cervellotici. Insomma spesso il rapporto con le banche non è nè sano, nè trasparente. Il guaio è che gli uenti hanno soggezione dei direttori, seppur di fronte all'evidenza di un furto continuo nel loro estratto conto. Ho trattato casi, come l'Iman Pack di Schio, di aziende che non solo non sarebbero dovute fallire, ma avanzano soldi dalla banche; le banche stesse lo sanno e preferiscono transare". Negrin è diventato, insomma, un nemico giurato del sistema creditizio, ma anche di parte di quello giudiziario. "Lotto solo perchè finalmente sparisca la mancanza di regole nel nostro sistema finanziario, cancro che tiene lontani dall'Italia tanti imprenditori stranieri. Nell'alto vicentino per anni hanno prosperato aziende e le loro famiglie, è cresciuto il Pil in maniera impressionante, ma sono ingrassate a sbafo anche banche che prestavano soldi non loro, a condizioni da usura. Poi mancano le informazioni necessarie per decidere o tutelarsi, vedi l'oblio sul declassamento recente della Popolare di Vicenza (il rating attuale è BBB, ndr). Senza considerare poi gli evidenti conflitti di interesse che hanno ammorbidito chi dovrebbe giudicare e condannare questi abusi. Ho più volte scritto al Csm per stigmatizzare il comportamento e la lentezza del Pm vicentino, Paolo Pecori, che vanta familiari molto vicini con incarichi in varie banche, tra cui Intesa con cui sono in causa. Come minimo avrebbe dovuto assegnare ad altri i faldoni, ma sono certo che presto sarà fatta piena luce su tutto. Si illudevano che mi sarei messo in un angolo rassegnato: hanno fatto un grosso errore". Abbiamo, ovviamente, chiesto ragguagli anche a Paolo Pecori e a Banca Intesa, felici di pubblicarli quando (e se) li avremo.
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