Mastella e Csi: integrazione è la parola d'ordine, il sogno le Olimpiadi per tutti
Martedi 1 Maggio 2012 alle 17:34 | 0 commenti
Per il presidente degli ottomila iscritti al Centro sportivo italiano di Vicenza sport, formazione e sociale vanno a braccetto: l’esempio è il progetto carcere per gli studenti
Da VicenzaPiù n. 233
L’integrazione nello sport? «C’è ancora molta strada da fare, da parte di tutti e di noi in primis, che facciamo dell’integrazione sociale uno dei nostri valori di base». Le parole sono quelle del presidente del Csi (Centro sportivo italiano) di Vicenza, Enrico Mastella, che racconta i numeri, le attività e gli ambiti di azione dell’associazione che, nel Vicentino, coinvolge oltre ottomila atleti, in oltre dodici discipline sportive. E lo fa con una caratteristica: una forte connotazione legata al sociale, al disagio sociale e alla solidarietà .
Presidente Mastella, quali sono gli ambiti sportivi in cui opera il Csi a Vicenza?
Attualmente, nel Csi, abbiamo squadre di calcio a undici, calcio a cinque, pallavolo, tennistavolo, atletica leggera, per dire gli sport più conosciuti. Poi, abbiamo molte discipline, che si sono avvicinate negli ultimi anni, per le quali, però, non organizziamo veri e propri campionati: c’è il nordic walking, l’aikido tai-chi, il trekking, il cicloturismo e la mountain bike, il fitness, il nuoto e il sub.
E quali sono quelle che più stanno crescendo?
Una di queste è sicuramente la pallavolo, che da quest’anno ha visto nascere il settore giovanile con attività per atleti under 13 e fino agli under 15. Il settore giovanile sta crescendo anche in altre attività come il tennistavolo e l’atletica leggera, mentre nel calcio si è un po’ perso, perché in generale abbiamo avuto, negli ultimi dieci anni, un calo del numero delle squadre di calcio, passate ad altre federazioni od organizzazioni.
La promozione sportiva, comunque, non è l’unica finalità delle vostre iniziative…
No, non c’è solo quello. La promozione sportiva è un aspetto, ma c’è anche l’attività di formazione che stiamo portando avanti e che coinvolge tutti, dai dirigenti agli allenatori, dagli arbitri ai giocatori. Infine, il grande settore del sociale, che si suddivide essenzialmente in tre ambiti a seconda dei diversi obiettivi delle nostre iniziative.
Ce li può illustrare?
Un tipo di iniziative riguarda attività istituzionali, come l’organizzazione di centri estivi per bambini e l’accoglienza nelle scuole. Poi c’è la macro-area del disagio sociale, in cui operiamo con molti progetti, dalla dignità motoria per persone disabili ai processi di integrazione di popolazioni non comunitarie, con un occhio di riguardo per i giovani di etnia Rom, e fino al progetto carcere, che coinvolge anche le scuole. La terza area di attività , infine, riguarda il sostegno che diamo, come associazione, a progetti di solidarietà come la Città della speranza e il Telefono azzurro.
In cosa consiste il progetto “carcere†e quante scuole coinvolge?
E’ un progetto che, da una parte, mira a promuovere l’attività motoria in carcere, attraverso azioni mirate con i detenuti, mentre dall’altra propone momenti di sensibilizzazione della vita in carcere con comunità , scuole e parrocchia. Negli ultimi 8 anni, abbiamo accompagnato in carcere alunni delle scuole superiori per disputare partite di calcio e pallavolo, abbiamo organizzato momenti di educazione alla legalità ed esperienze di “carcere lungoâ€, con i ragazzi che entrano alle 9.30 e restano fra quelle mura, facendo varie attività , fino alle 15.30. Quest’anno hanno aderito 16 scuole da tutta la provincia.
E come reagiscono i ragazzi?
A detta loro l’esperienza è forte. Sul mondo del carcere i ragazzi non sanno praticamente nulla perché tutto passa per tv e giornali, che spesso non ne danno una visione corretta. Gli studenti, durante queste visite, hanno modo di capire che il carcere non è un luogo dove arrivano solo soggetti incalliti del crimine, ma anche persone che hanno sottovalutato alcune situazioni, sbagliando. E questo è utile nell’educazione alla legalità .
Veniamo a lei. Qual è la sua esperienza nel sociale e come è arrivato ad essere presidente del Csi di Vicenza?
Sono partito dalla pratica sportiva, entrando nel Csi nel 1983 come atleta della società di atletica leggera “GS Vicenza Estâ€, e ci sono rimasto per molto tempo, prima come atleta e poi come dirigente accompagnatore. Nel 1990, dopo un’esperienza al campo scuola per un corso di allenatore di atletica leggera, ho conosciuto più da vicino il mondo Csi, collaborando per far partire un’attività di formazione. Dal 1992 al 2004, quindi,  ho organizzato corsi, momenti formativi e convegni nel Csi vicentino, fino a quando, nel 2004, mi è stato chiesto di fare il presidente. Cosa che farò fino al 2016, visto che solo un mese fa hanno rinnovato il mio mandato, per la terza volta di fila.
Com’è cambiata l’attività del Csi in questi anni e come, invece, sta cambiando l’aspetto sociale nello sport?
Negli ultimi anni è cresciuto molto aspetto sociale. Era un ambito già presente, perché fa parte proprio del Dna dell’associazione, ma negli ultimi 8 anni c’è stata una forte vocazione sociale che ha caratterizzato le attività del Csi provinciale. In questo, però, dobbiamo rafforzare i progetti di integrazione di persone di etnia Rom, e lavorare affinché l’integrazione nello sport, a tutti i livelli, sia il futuro. Perché c’è ancora molta strada da fare, in questo senso, nel mondo sportivo. Io sono quello che si augura che finiscano un giorno le cosiddette paraolimpiadi. Non è possibile avere due olimpiadi distinte, bisogna unirle, dove è consentito e dove c’è la possibilità di farlo. Ma confido che l’integrazione a tutti i livelli, sia di disabilità che di popolazioni diverse da noi, sia un obiettivo realizzabile per tutte le discipline sportive e per tutte le associazioni. E per noi in primis, che abbiamo scelto l’integrazione come uno dei nostri modi di essereâ€.
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