"Emergenza tornado", il TAR obbliga la Regione Veneto a divulgare i conti
Venerdi 3 Marzo 2017 alle 08:15 | 0 commenti
Fuori i soldi. O meglio, fuori le cifre. La Regione esce sconfitta dal giudizio davanti al Tar nato dal ricorso presentato da Vincenzo D’Agostino, componente di quel «Comitato dei garanti» nominato dopo il tornado affinché gestisse i fondi raccolti per la ricostruzione della Rivera del Brenta. D’Agostino chiede da mesi di sapere quale somma è stata raccolta da Palazzo Balbi sul conto corrente «Emergenza tornado» ma non è mai riuscito ad ottenere risposta. Ora l’ente dovrà pubblicare tutti i numeri sul suo sito internet e rifondere pure le spese legali.
 La vicenda riguarda i fondi raccolti dalla protezione civile e dalla Regione dopo il tornado che un anno e mezzo fa devastò la Riviera. All’epoca furono attivati due canali di solidarietà : l’ormai classico sms al 45500 e un conto corrente chiamato «Emergenza tornado». Ma se quanto alla prima iniziativa la rendicontazione è sempre stata nota al millimetro (trattasi di 211 mila euro), quanto alla seconda il saldo finale non è mai stato chiaro, al punto che lo stesso assessore alla Protezione civile Gianpaolo Bottacin, il mese scorso, era costretto ad abbozzare: «Credo siano circa 250 mila euro. Più o meno». Un gruzzolo, per complessivi 450 mila euro, che a un anno e mezzo dal tornado, è bene ricordarlo, ancora non è stato speso per via di un litigio tra i Comuni di Mira e di Pianiga e una serie di inestricabili lacci burocratici. Ad ogni modo, con due diverse istanze di accesso agli atti, D’Agostino ha chiesto al responsabile della Trasparenza della Regione, Fabio Milocchi, di pubblicare l’ammontare esatto delle donazioni depositate in conto corrente e gli eventuali successivi destinatari, e di consegnargli copia della documentazione, schiantandosi però sempre contro un muro di silenzio. Deciso ad andare fino in fondo «per una questione di principio» D’Agostino si è quindi rivolto al Tar chiedendo la condanna della Regione ad adempiere, epilogo che si è puntualmente verificato il 23 febbraio scorso. Perché se è pur vero che al momento «le somme non sono state assegnate» e «l’amministrazione non ha ancora deciso come impiegare i fondi», ciò non toglie che i cittadini (che magari avevano pure fatto una donazione) hanno il sacrosanto diritto di sapere quanti soldi sono stati raccolti, e questo anche se - come ha tentato di difendersi la Regione - hanno già saputo qualcosa al riguardo («Più o meno») dai giornali. «L’Italia è il Paese dove si fanno le leggi e nessuno le applica - dice D’Agostino -. Esiste una legge sulla trasparenza degli atti amministrativi, importante perché consente al cittadino di partecipare alla vita pubblica e sapere cosa accade nel Palazzo. Il rischio, sennò, è che lì dentro facciamo come pare a loro». C’è da credere che il governatore Luca Zaia, da sempre sostenitore del «Palazzo di cristallo» sia d’accordo ma tant’è, ora la Regione deve pure pagare 1.300 euro di spese legali. Non molto ma la domanda resta: non sarebbe stato meglio rispondere?
Di Marco Bonet, da Corriere del Veneto
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