Elogio del Duce, perché no?
Lunedi 3 Maggio 2010 alle 17:10 | 0 commenti
Hanno fatto parecchio discutere, nei giorni scorsi, il necrologio in onore di Benito Mussolini fatto pubblicare sul Giornale di Vicenza e la messa di suffragio, sempre per il Duce, celebrata nella chiesa dei Servi. Niente di strano visto che ancora oggi, a sessantacinque anni da piazzale Loreto, il fascismo è uno di quegli argomenti capaci di scatenare passioni e polemiche. Paradossalmente, anzi, lo è diventato ancora di più in questi ultimi anni; da quando, cioè, le discussioni e le varie pubblicazioni sulla "guerra civile", le ragioni dei vinti e gli orrori della Resistenza hanno aperto la strada ad un recupero della memoria e dell'esperienza del Ventennio e della Repubblica di Salò. Con la tentazione, da parte di molti, di appiattire differenze e divisioni, di mettere sullo stesso piano repubblichini e partigiani.
Per quanto mi riguarda, e per quanto possa avere ancora un senso nel ventunesimo secolo, non ho nessuna simpatia per il fascismo. Per me rimangono valide le parole di Claudio Pavone, lo storico che con il suo saggio "Una guerra civile" ha riaperto il dibattito sulla Resistenza: "In realtà - scrive Pavone -, mai come nelle guerre civili le due parti sono irrimediabilmente diverse e divise. I fascisti, coerentemente con la loro storia, volevano un'Italia opposta a quella che volevano i resistenti. La posta in gioco era dunque il senso stesso dell'Italia e della sua identità nazionale; e la guerra di liberazione fu combattuta non solo contro il tedesco invasore, del resto consonante ideologicamente con il fascista, ma proprio per concorrere a liberare l'Italia dalla prospettiva di un perpetuarsi del regime fascista".
Detto questo, non vedo perché sui simpatizzanti o i nostalgici del fascismo debbano ancora incombere ostracismi e limitazioni d'espressione ormai anacronistici. Divieti come quello contenuto nelle norme transitorie della Costituzione contro la ricostituzione del partito fascista, o reati come l'apologia di fascismo, potevano avere un senso nell'immediato dopoguerra, di fronte all'esigenza di proteggere una repubblica ancora giovane e insicura. Adesso, però, sarebbe ora di tornare alla normalità : cioè al fatto che in democrazia tutti devono poter esprimere le loro opinioni, per quanto sgradevoli queste possano essere. Va bene indignarsi di fronte a certe prese di posizione, va bene anche considerarle inaccettabili; va meno bene chiedere che vengano messe a tacere. I limiti imposti dalla legge, dovrebbero valere per tutti, senza bisogno di aggiungerne altri o di istituire categorie speciali. Nemmeno per i nemici della democrazia. .
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