Ebola alla vicentina e la psicosi dell'ignoranza
Venerdi 7 Novembre 2014 alle 23:48 | non commentabile
Di Ario Gervasutti, da Il Giornale di Vicenza
Siamo stati facili profeti: la surreale gestione dei reduci dalle zone colpite da ebola avrebbe ingenerato confusione e, nel peggiore dei casi, psicosi. Così è stato. Con l'aggravante, per pochi, di un abisso di ignoranza e stupidità manifestato dall'accusa a questo giornale di aver raccontato esattamente ciò che è accaduto (clicca qui per il nostro commento).
Ricapitoliamo. A metà settembre Il Giornale di Vicenza rivela che spetterà ai militari americani della base Del Din andare in Liberia e costruire presidi sanitari anti ebola. Scriviamo che le procedure di sicurezza al loro ritorno sono le stesse previste in tutto il mondo, con un controllo due volte al giorno per 21 giorni (tempo di incubazione di un eventuale contagio) e la predisposizione di una stanza isolata al San Bortolo nell'ipotesi remota che un "reduce" manifesti sintomi febbrili. Rischi, pari a zero virgola. Tutto inutile: l'ignoranza la fa da padrona e ad alimentarla contribuiscono il sovrapporsi di interventi - anche politici a tutti i livelli - che invocano ulteriori misure di precauzione a carico dei militari Usa. Questi ultimi, per evitare discussioni, acconsentono e decidono di trattenere in quarantena i reduci facendo infuriare perfino Obama che scopre dalla Cnn l'adozione di protocolli non previsti dalle norme americane e internazionali. Ma ormai la macchina infernale si è messa in moto, e basta un servizio della Tv americana dal titolo "Soldati americani reduci dalla missione anti ebola in quarantena a Vicenza" per mobilitare i mezzi d'informazione nazionali e internazionali: se li mettono in quarantena - pensano - vuol dire che c'è qualche rischio. Non è così, ovviamente, e questo giornale lo ha spiegato ben prima e anche dopo il ritorno dei soldati Usa. La psicosi ormai ha però iniziato a diffondersi: finchè sabato sera un nostro collaboratore casualmente vede un'ambulanza del San Bortolo uscire dalla Del Din. Una telefonata all'interno della base conferma che un soldato è stato colto da malore, ma né gli americani né l'ospedale ammettono che si tratti di uno dei "reduci" dall'Africa. E allora perché gli infermieri indossavano gli scafandri? Lunedì ovviamente scopriamo la verità , cioè che un ufficiale in quarantena ha avuto un infarto e che è stato ricoverato in cardiologia. È del tutto evidente - quindi - che ebola in questa storia non esiste (altrimenti non sarebbe stato di certo ricoverato in mezzo agli altri pazienti). La notizia, lo ripetiamo a uso dei ciechi e dei sordi, è nella grottesca gestione dei protocolli di sicurezza: non nel pericolo di un contagio. Gestione completata, tanto per non farci mancare nulla, dalla programmata uscita dell'ufficiale dall'ospedale e dal suo ritorno... in quarantena. Uscita che poi ieri è stata revocata alla luce - purtroppo - di un aggravamento delle condizioni del paziente. Un teatro dell'assurdo. La quarantena a fasi alterne ci mancava. Ebola non c'entra niente, e lo abbiamo scritto dal primo all'ultimo giorno (titolo in prima pagina di martedì: "Altro che ebola"). C'entra invece la psicosi che ha spinto tutti a costruirsi protocolli "ad personam", ignorando ciò che i medici e l'Organizzazione Mondiale della Sanità hanno sempre spiegato. Perciò assistiamo al paradosso che ogni giorno arrivano con i barconi dall'Africa migliaia di sconosciuti senza controlli né screening, e si spargono per l'Italia e l'Europa in barba a qualsiasi norma di prevenzione; invece soldati che sono andati in Africa a fare il loro dovere superprotetti e controllati, quando ritornano devono sottostare a una quarantena inutile che ha solo contribuito a alimentare ulteriormente la psicosi. E che la quarantena sia inutile lo dimostra proprio l'episodio che Il Giornale di Vicenza ha raccontato: un infartuato è stato ricoverato in ospedale in mezzo agli altri pazienti. Quindi i casi sono due: o non è portatore di alcun rischio di ebola (e allora non ha senso che stia in quarantena) o è un potenziale portatore (e allora è assurdo ricoverarlo insieme agli altri pazienti). Non esiste una terza opzione. Noi, ovviamente, propendiamo per la prima ipotesi e riteniamo che i medici di Vicenza abbiano tenuto un comportamento coerente e razionale. Ciò che abbiamo denunciato è il ridicolo sovrapporsi di protocolli inutili. La stragrande maggioranza dei vicentini, per fortuna, l'ha capito perfettamente; non così quei pochi che non sapendo né leggere né scrivere delirano di allarmismi, complotti, attacchi a destra e sinistra, retroscena politici. Se una persona legge il contrario di ciò che c'è scritto sul giornale, è questa persona ad avere bisogno di un medico. Ma di uno bravo.