Dopo il referendum: perché le primarie di collegio
Sabato 12 Novembre 2016 alle 22:03 | 0 commenti
Forse pochi ne hanno consapevolezza, ma noi siamo un Paese che per circa 50 anni, si è retto e riconosciuto in partiti fortemente ideologici, che proponevano "visioni "del mondo marcate e differenziate: DC, PCI, PSI, PSDI, PRI, PR, PLI, PSIUP, MSI-DN. I parlamentari erano eletti in modo rigorosamente proporzionale e gli italiani, in una misura variabile dal 55 al 70 per cento del corpo elettorale, hanno sempre preferito unicamente due partiti: DC e PCI, cosi che uno era "condannato" a stare al potere e l'altro a "rimanere" all'opposizione, rispettando con ciò la ripartizione territoriale fissata a Yalta. Cadute le ideologie, siamo transitati senza colpo ferire dal partito - idea al partito - persona, tranne un'unica eccezione, il Partito Democratico, recentemente adeguatasi con Renzi.
In queste ultime decadi, pur in presenza di leggi elettorali a crescente vocazione pseudo bipolare, i partiti sono aumentati di numero (oltre 40 sulla scena nazionale), ma non certo nella loro democrazia interna. Peraltro sono i leader, Berlusconi, Fini, Bossi, Di Pietro, Vendola, Renzi, Grillo, Salvini, a decidere i destini dei parlamentari. Nei fatti conta sempre di più la "fedeltà " al Capo che la competenza; importante è far parte del "cerchio magico". In una democrazia matura la scelta è in base ad onestà , trasparenza, competenza, capacità , e professionalità , ma noi non siamo un Paese normale. Tuttavia si potrebbe attivare un metodo di selezione - già sperimentato - da estendere alle cariche elettive.
Qualsiasi sarà la sorte della legge elettorale ci si può chiedere: chi sceglie e come si scelgono i futuri rappresentanti del popolo? La facoltà di proposta non può, specie con questi partiti liquidi, essere appannaggio di una ristretta élite auto referenziale. Dominus della scena deve tornare ad essere il cittadino che, alla fine della fiera, paga il conto di ciò che vien fatto o non viene fatto. Va previsto l'obbligo per tutti i candidati proposti dai partiti per uno scranno da onorevole di essere esaminati dal cittadino-elettore offrendo alla valutazione un numero di candidature pari ad almeno il doppio di quelle effettive assegnate al collegio. Le candidature da sottoporre a primarie di collegio proveranno dai partiti già presenti in Parlamento e dai cittadini-associati che rappresentino almeno il 10% degli elettori. La consultazione sarà valida se partecipano al voto almeno il 40% degli aventi diritto. La competizione verterà sia sui programmi presumibilmente meno general-generici degli attuali sia sulle persone-candidate, ciascuno con la propria: storia, esperienza, rappresentatività . Le primarie di collegio, regolate da legge, sarebbero una garanzia per capire meglio "chi promette cosa" tramite conoscenza diretta, ovvero non "virtuale".
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