Disoccupato con cartello al Famila di Creazzo, simbolo della solitudine
Martedi 8 Settembre 2015 alle 23:13 | 0 commenti
La scena si svolge sabato 5 settembre, davanti al Famila di Creazzo, defilato rispetto all'ingresso, un signore regge un cartello dove chiede aiuto perché disoccupato. Lo fa in assoluto silenzio, senza disturbare, con evidente disagio. Da solo. E la sua solitudine è segno dei tempi che viviamo, di una coscienza che è stata progressivamente cancellata dall'indifferenza e dall'egoismo.
Per chi vive del proprio lavoro essere disoccupato significa diventare povero, emarginato, estraneo. Significa avere con un futuro instabile e precario. La gente passa, qualcuno si ferma, fa qualcosa, altri guardano con sospetto e indifferenza. Poi vanno. Tornano alle loro normali attività . Essere disoccupato in un nord-est che non è più così ricco e benestante come negli anni d'oro non è, poi, così raro. E in un territorio dove si comincia a soffrire sempre più spesso, ma individualmente, diventa normale dimenticarsi della solidarietà . Persone senza lavoro ce ne sono e tante. Nonostante la “crescita†che ci fa credere chi governa, nonostante il loro entusiasmo di fronte ai dati “positiviâ€, ma non sempre veritieri, sull'aumento dell'occupazione. In un anno sono duecento i posti di lavoro in più in Veneto, ci fanno sapere i titoli dei giornali senza spiegare se e quale sia l'aumento della popolazione e quante persone che, forse non iscritte alle liste di disoccupazione, siano alla ricerca di un lavoro qualsiasi che possa dare dignità alla loro vita. Duecento posti in più, un risultato misero che diventa niente davanti al volto di quel signore che, con estremo pudore, chiede aiuto perché ha perso il lavoro.
Forse qualcuno sosterrà che la scritta sul cartello fosse nient'altro che una scusa per chiedere l'elemosina. Forse, si insinuerà , la persona che chiedeva aiuto stava usato un “furbo espediente†per ottenere la carità della gente. Forse ... ma non importa, non è questo il punto. Quel signore che ha avuto il coraggio di esporre quel cartello ci ha sbattuto in faccia tutto il dramma che vive chi viene espulso dal mondo del lavoro. È un simbolo che ci spiega come, in questa nostra società che consideriamo ancora “riccaâ€, “civile†e “democraticaâ€, sia profondamente ingiusto essere costretti a chiedere aiuto perché il diritto al lavoro (che dovrebbe essere garantito dalla Costituzione per tutti) viene, di fatto, negato. È un simbolo della solitudine che vive chi, proprio perché non lavora, si sente inutile.
È qualcosa che ci deve far pensare che la società nella quale viviamo non deve e non può essere l'unica possibile.
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