"Di lavoro si muore", le notizie nascoste: a Vicenza la triste leadership veneta con 17 vittime nel 2014
Domenica 8 Novembre 2015 alle 10:12 | 0 commenti
Ci sono dati che vengono nascosti totalmente o parzialmente. Sono le informazioni "scomode", quelle che è meglio tacere o diffondere con poco risalto (se proprio non se ne può fare a meno), quelle che mostrerebbero, nella loro cruda e spietata verità , come nel nostro paese lo sfruttamento del lavoro e di quello che, con un termine disgustoso, chiamano "capitale umano", sia una prassi normale, imposta e subita. Sono le informazioni relative alle condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro e alla pericolosità degli stessi.
Per conoscere, infatti, il numero dei caduti sul lavoro (delle cosiddette "morti bianche") bisogna rifarsi a "osservatori indipendenti" in quanto l'INAIL, la fonte "ufficiale", fornisce numeri relativi unicamente ai propri assicurati che non coprono l'intera popolazione dei lavoratori. Un esempio è riportato nel sito dell'Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro (fondato dall'operaio in pensione Carlo Soricelli per ricordare i sette operai morti alla ThyssenKrupp di Torino e che è attivo dal 1° gennaio 2008) che registra giornalmente le morti per infortuni sui luoghi di lavoro (tutte documentate).
Nel 2014, pur essendoci state 1.107 denunce per infortuni mortali, l'INAIL ha riconosciuto complessivamente 662 decessi. Di questi il 48% è avvenuto nei luoghi di lavoro e il restante 52% in itinere. L'Osservatorio di Bologna ha rilevato, invece, 661 morti (tutti documentati) avvenuti sui luoghi di lavoro che diventano più di 1.300 considerando i decessi in itinere o sulle strade. Un numero spaventoso, il più alto da quando l'Osservatorio ha iniziato il suo lavoro, che viene taciuto dalle fonti ufficiali perché relativo a tutti i lavoratori, anche a chi non è iscritto all'INAIL, a chi lavora in nero (o in grigio), alle partite IVA individuali. Le notizie ufficiali della progressiva diminuzione degli infortuni mortali sono quindi parziali e smentite dai fatti. Per l'Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro, dal 1° gennaio al 7 novembre 2015, sono morti complessivamente più di 1.200 lavoratori (stima minima). Di questi 605 (tutti documentati) sono morti sui luoghi di lavoro e i restanti sulle strade e in itinere.
In Veneto i caduti sul lavoro sono 49 (98 considerando i morti sulle strade o in itinere). La suddivisione per provincia è la seguente: Venezia 6, Belluno 2, Padova 6, Rovigo 5, Treviso 5, Verona 8 e ben 17 a Vicenza. Non sono solo numeri di una statistica ma vite spezzate, speranze, intelligenze e famiglie distrutte. Morti che non sono episodi causati da "fatalità " o perché "era destino" ma che sono, quasi sempre, dovuti a condizioni di lavoro insufficienti, a livelli di sicurezza troppo bassi perché "costosi", a ritmi di lavoro insopportabili. In poche parole si muore di lavoro e nel lavoro per garantire quei maggiori profitti e competitività che sono i principali obiettivi del capitalismo.
A questa drammatica serie di numeri si devono aggiungere i lavoratori morti per malattie professionali, deceduti anche anni dopo aver contratto la malattia. Di questi non esistono dati certi anche se alcune stime riferiscono di qualche migliaio di decessi ogni anno. Si parla di loro solo quando ci sono processi in corso. Processi che finiscono abitualmente con l'assoluzione degli imputati a causa della prescrizione o perché "il fatto non sussiste". Così è successo recentemente nei processi Eternit, discarica di Bussi, Marlane-Marzotto ... Tutti assolti o non processabili anche se le migliaia di lavoratori morti a causa di condizioni di lavoro evidentemente pericolose sono reali e sono là a ricordarci che, in troppe situazioni, nel nostro "bel paese" (come dicono i nostri "illuminati governanti" e i nostri "coraggiosi imprenditori" è ormai uscito dalla crisi) il lavoro non è un diritto ma una condanna.
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