Defibrillatori: le Regioni ci mettono una vita
Lunedi 10 Settembre 2012 alle 19:41 | 0 commenti
Mentre un freddo comunicato ci riporta alla memoria Piermario Morosini, ci accorgiamo quanto ci manca e quanto la sua perdita rappresenti non solo la scomparsa di un uomo valoroso, ma la necessità di rispettare la vita in ogni dettaglio, specialmente nelle pratiche di soccorso. Nel servizio che segue proviamo a ricostruire il motivo dell'apertura odierna delle indagini dalla Procura di Pescara e la necessità di accelerare l'applicazione della Legge sulla prevenzione delle emergenze
MOROSINI SI POTEVA SALVARE? Lo scorso 2 luglio, la perizia medica del professor D'Ovidio stabiliva che la causa di morte di Morosini è una cardiomiopatia aritmiogena al primo stadio, ossia una malattia ereditaria in grado di generare aritmie cardiache, senza segnali premonitori per identificarla. Oggi, a distanza di quasi cinque mesi dal dramma occorso il 14 aprile al 31' della partita Pescara-Livorno, il sostituto procuratore Valentina D'Agostino ha messo sotto indagine i tre medici Ernesto Sabatini (Pescara), Manlio Porcellini Livorno) e Vito Molfese ( 118) che sono intervenuti per primi a rianimare il calciatore esanime. L'accusa è di non aver utilizzato il defibrillatore. Non fu l'assenza di strumenti alla base del decesso quel pomeriggio (allo stadio Adriatico c'erano ben due defibrillatori), fu la procedura d'emergenza (e sarà forse l'intero Sistema) da correggere. Il dott. Sabatini si difende : «Quando c'è un arresto cardiaco prima bisogna fare il massaggio cardiaco, se ci sono segnali elettrici, allora entra in funzione il defibrillatore. Ma non è stato usato perché è uno strumento che rileva automaticamente gli impulsi, e se non c'è impulso la macchina non parte. Inoltre l'iniziale risveglio di Morosini rese superflua l'accensione». Un dramma nel dramma, insomma , a cui è difficile esprimere un giudizio a monte. E la Procura di Pescara ha deciso di aviare un iter doloroso per coloro che in questi mesi hanno già sofferto, ma necessario a salvare nuove vite. L'indagine si aggiunge all'inchiesta del Comune di Pescara che chiarì le difficoltà dell'ambulanza di raggiungere il centrocampista, determinate dalla presenza di un'auto della polizia municipale che ne bloccava il passaggio.
LA PREVENZIONE NON E' UN'OPINIONE- Quello che ancora fa riflettere è la mancanza di prevenzione che l'AHA, l'autorevole associazioni medica per ridurre le morti da problemi cardiaci, aveva sottolineato nel 2009 (http://www.giecitalia.com/Portals/0/Defibrillazione.pdf) Da allora il mondo dello sport plaude il ministro Renato Balduzzi per l'obbligatorietà del defibrillatore anche per le società dilettantistiche. La Legge esiste ma nell'attesa che le regioni compiano tutte le fasi per attuarla, i cittadini possono fare affidamento solo sui circa 5-6000 defibrillatori automatici distribuiti in modo difforme su tutto il territorio, in gran parte grazie all'iniziativa di associazioni e volontari. Ad un'intervista di Aprile 2012, il presidente del Gruppo emergenze cardiologiche Maurizio Santomauro, riportava che «Sulla base dell'epidemiologia e delle linee guida internazionali, in una regione dovrebbero esserci 5000 defibrillatori ogni 5 milioni di abitantii ». All'incirca la popolazione del Veneto. Â
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