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Categorie: trasporti
Def, dimezzate le grandi opere: ma restano quelle ferroviarie
Venerdi 10 Aprile 2015 alle 10:11 | 0 commenti
Dimezzato il numero delle infrastrutture strategiche. L’ultima versione del Documento di economia e finanza, che verrà varato stamattina dal Consiglio dei ministri, prevede una drastica riduzione delle grandi opere: il governo intende concentrare l’attenzione solo su 25 grandi lavori (ferrovie, strade, metropolitane oltre al Mose) rispetto alle 51 che figuravano nelle bozze del cosiddetto «allegato 3» fino a pochi giorni fa.
Si scioglie intanto la tensione, dopo il braccio di ferro degli ultimi giorni, tra i Comuni e il governo. «Non ci saranno tagli nel 2016-2017», ha assicurato il premier Renzi al presidente dell’Anci Fassino e ai sindaci delle città metropolitane durante il vertice di ieri. L’intesa apre la porta ad un nuovo balzello: la tassa sul biglietto dell’aereo. E’ la stato lo stesso Fassino a fare cenno all’ipotesi già prevista dal vecchio decreto sul federalismo fiscale: le risorse serviranno a risolvere i problemi di bilancio di Roma, Firenze e Napoli. Assicurazioni da parte dell’esecutivo anche sulla reintroduzione del fondo perequativo di 625 milioni Imu-Tasi per quest’anno.
Alla vigilia del varo del Def interviene anche il commissario alla spending review Yoram Gutgeld che assicura che le pensioni «non saranno toccate». «Per fare un buon lavoro avremmo dovuto toccare anche quelle da 2-3.000 euro che sono buone pensioni ma non da ricchi, perciò abbiamo deciso di non farlo». Gutgeld ha anche assicurato che non ci saranno licenziamenti tra gli statali, ma solo «trasferimenti» e per questo sarà varata l’Agenzia per la mobilità .
Tornando alla riduzione del numero delle infrastrutture «prioritarie» indicate dal Def, che entra in consiglio dei ministri, si tratta di una ulteriore scrematura avvenuta nelle ultime ore dopo una approfondita «due diligence » con la quale sono stati valutati costi e benefici e si è deciso di privilegiare interventi mirati.
Già un primo screening era stato fatto nei giorni scorsi, subito dopo l’insediamento del nuovo ministro per le Infrastrutture Graziano Delrio: la versione del Def dello scorso anno era stata drasticamente alleggerita e da oltre 400 interventi si era scesi, in un primo momento, ad una lista di 51 megalavori tagliando fuori la Orte-Mestre, al centro dell’inchiesta di Firenze, e l’Autostrada Tirrenica.
Con l’intervento delle ultime ore la griglia si restringe ancora: le grandi opere restano 25 e i costi scendono da 76,3 a 69,2 miliardi. La sforbiciata non tocca i cantieri più importanti se si esclude la parte italiana del Traforo del Frejus. I tagli riguardano invece l’intero comparto dei porti, da Civitavecchia, a Taranto a Ravenna a Gioia Tauro, oltre a eliminare dalle «priorità » cinque opere, tra dighe e acquedotti. Restano naturalmente, in campo opere ferroviarie come la Torino-Lione, il Brennero, la Milano-Venezia, il Terzo Valico e la Napoli-Bari. Tra le opere stradali nella nuova lista restano la A4 Venezia-Trieste, le Pedemontane Lombarda e Veneta, la Tangenziale Est di Milano, la Salerno Reggio Calabria, la 106 Jonica. Confermate le metropolitane di Milano, Torino e la Linea C di Roma. Entrano invece tra le opere prioritarie i nodi di Palermo, la Tranvia di Firenze e la Metro di Bologna. Scompaiono in questa sede anche i 489 milioni destinati all’edilizia scolastica.
Il totale dei costi previsto dal Def infrastrutture scende a 69,2 miliardi (con un risparmio di 7,1 miliardi) e con un ulteriore fabbisogno di 3 miliardi nel prossimo triennio.
Alla vigilia del varo del Def interviene anche il commissario alla spending review Yoram Gutgeld che assicura che le pensioni «non saranno toccate». «Per fare un buon lavoro avremmo dovuto toccare anche quelle da 2-3.000 euro che sono buone pensioni ma non da ricchi, perciò abbiamo deciso di non farlo». Gutgeld ha anche assicurato che non ci saranno licenziamenti tra gli statali, ma solo «trasferimenti» e per questo sarà varata l’Agenzia per la mobilità .
Tornando alla riduzione del numero delle infrastrutture «prioritarie» indicate dal Def, che entra in consiglio dei ministri, si tratta di una ulteriore scrematura avvenuta nelle ultime ore dopo una approfondita «due diligence » con la quale sono stati valutati costi e benefici e si è deciso di privilegiare interventi mirati.
Già un primo screening era stato fatto nei giorni scorsi, subito dopo l’insediamento del nuovo ministro per le Infrastrutture Graziano Delrio: la versione del Def dello scorso anno era stata drasticamente alleggerita e da oltre 400 interventi si era scesi, in un primo momento, ad una lista di 51 megalavori tagliando fuori la Orte-Mestre, al centro dell’inchiesta di Firenze, e l’Autostrada Tirrenica.
Con l’intervento delle ultime ore la griglia si restringe ancora: le grandi opere restano 25 e i costi scendono da 76,3 a 69,2 miliardi. La sforbiciata non tocca i cantieri più importanti se si esclude la parte italiana del Traforo del Frejus. I tagli riguardano invece l’intero comparto dei porti, da Civitavecchia, a Taranto a Ravenna a Gioia Tauro, oltre a eliminare dalle «priorità » cinque opere, tra dighe e acquedotti. Restano naturalmente, in campo opere ferroviarie come la Torino-Lione, il Brennero, la Milano-Venezia, il Terzo Valico e la Napoli-Bari. Tra le opere stradali nella nuova lista restano la A4 Venezia-Trieste, le Pedemontane Lombarda e Veneta, la Tangenziale Est di Milano, la Salerno Reggio Calabria, la 106 Jonica. Confermate le metropolitane di Milano, Torino e la Linea C di Roma. Entrano invece tra le opere prioritarie i nodi di Palermo, la Tranvia di Firenze e la Metro di Bologna. Scompaiono in questa sede anche i 489 milioni destinati all’edilizia scolastica.
Il totale dei costi previsto dal Def infrastrutture scende a 69,2 miliardi (con un risparmio di 7,1 miliardi) e con un ulteriore fabbisogno di 3 miliardi nel prossimo triennio.
di Roberto Petrini da La Repubblica
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