Dal Molin,comunque vada sarà una sconfitta
Venerdi 16 Aprile 2010 alle 20:09 | 0 commenti
Gli ordini del giorno del consiglio comunale non hanno una tradizione brillante. Sono atti di indirizzo, senza nessuna efficacia pratica e senza potere vincolante. Prova ne è che il più famoso tra gli ordini del giorno votati in Sala Bernarda - quello del 26 ottobre 2006 con cui il Comune ha detto sì alla nuova base americana a condizione che venissero rispettate alcune condizioni - è rimasto lettera morta: disatteso punto per punto senza che succedesse nulla. Ora, con due nuovi ordini del giorno, il Comune ci riprova.
Dice definitivamente addio all'aeroporto e fissa la lista delle compensazioni che la città si attende per la vicenda Dal Molin: la sdemanializzazione del lato est per crearvi un parco, la realizzazione della tangenziale nord, la costruzione di una linea di autobus elettrici, il potenziamento dei corsi universitari.
Lo fa con una votazione bipartisan che accomuna praticamente tutto il consiglio (uniche eccezioni, la Lista Cicero e Cinzia Bottene). E che consegna nelle mani del sindaco, come ha giustamente sottolineato Variati (nella foto col commissario Paolo costa), un mandato politico mai così ampio.
Ecco appunto. Si tratta solo di un mandato politico: importante, pesante, significativo, unitario, ma che ha di fronte un percorso tutto in salita. Per ora, di certo, c'è solo quello che Vicenza ha perso. Al posto di una base militare italiana ne avrà un americana, e non è esattamente la stessa cosa. L'aeroporto, che in passato è stato una macchina mangiasoldi ma che avrebbe anche potuto essere sfruttato in maniera più intelligente, se ne è andato per sempre. In cambio, forse, ci sarà il Parco della Pace (a pochi metri dalla più grande base statunitense d'Europa e guardato a vista dai militari della 173 brigata). Forse, verrà realizzato il pezzo mancante della tangenziale. Forse verrà costruita una linea per i tram elettrici. E forse ci sarà un'università più forte. Troppi forse per essere fiduciosi. E per non pensare che alla fine, il bicchiere, rischia di essere decisamente vuoto.
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