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Crisi e democrazia, chi prende le decisioni

Di Redazione VicenzaPiù Sabato 10 Dicembre 2011 alle 19:36 | 0 commenti

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Lettere, raccomandazioni, inviti pressanti a “fare” o a “non fare”. E poi ammonizioni, talvolta con cipigli severi, e minacce più o meno velate da parte di autorità generalmente di nominati. Non occorre – e non bisogna – aderire alla cordata dei sostenitori del complotto tecnocratico per rendersi conto, però, che la crisi globale in atto sta mettendo in discussione la sovranità dei singoli paesi nell’assumere decisioni che riguardano la vita e il futuro dei propri cittadini in virtù di una sorta di Stato d’eccezione che certo non  ha portato bene alla storia del continente europeo.

Torna così d’attualità una questione cruciale a cui il mondo occidentale scosso dal precipitare dei mercati pensava di aver già dato una risposta nel corso della lenta evoluzione del proprio pensiero politico: a chi spetta decidere, e in rappresentanza e con il consenso di chi. “In realtà questo processo che ha portato a una progressiva cessione di sovranità – spiega al Mese Nadia Urbinati, professoressa di Teoria politica alla Columbia University di New York e opinionista de la Repubblica – è in atto da tempo. In Europa è iniziato nella fase in cui si è proceduto a costruire l’integrazione del mercato e quella monetaria, ottenuta anche con una devoluzione della sovranità dei singoli Stati a un livello continentale di decisioni in materia di regole e norme in alcuni settori importanti dell’economia. Si è trattato di una politica basata sul consenso dei singoli paesi: ciascuno ha autonomamente deciso questa strada perché la riteneva conveniente per l’interesse proprio e di tutti”.


Il Mese Cosa cambia in questa fase storica, allora?

Urbinati Molto. L’ulteriore “deflazione” della sovranità locale a favore di quella continentale non si traduce in ciò che quella originaria decisione di integrazione dei mercati aveva lasciato sperare. Non è chiaro chi abbia il potere di veto e controllo su lettere, raccomandazioni e imposizioni varie che vengono dall’Europa. Oggi il problema, dunque, non è tanto quello della perdita di sovranità, ma che a questa delega non corrisponde il controllo e l’eguale partecipazione al controllo dei paesi europei. La crisi mette in evidenza, in maniera clamorosa, il risultato dell’errore di aver sottovalutato per troppo tempo l’integrazione politica insieme a quella finanziaria. A questo punto, la diseguaglianza dei partners rischia di essere un macigno per il futuro dell’Unione.

Il MeseTocchiamo così un tema cruciale in filosofia della politica. Quello della “decisione”. A chi tocca questo compito quando le economie sono interconnesse in maniera tale che le scelte dei singoli paesi, pur dovendo rispettare la sovranità dei diversi popoli, hanno però effetti anche sui cittadini di altri Stati?

Urbinati Quello che lei indica è uno dei problemi dei nostri tempi. È la sfida che devono raccogliere i paesi democratici, quelli che più degli altri hanno a cuore sia il rapporto tra chi fa le leggi e chi ne subisce le conseguenze, sia il modo in cui è possibile controllare coloro che esercitano il potere. L’idea sulla quale le nostre democrazie si fondano è quella che le persone su cui ricadono le scelte di chi esercita il potere debbano partecipare alla definizione e al controllo delle decisioni medesime. In questo consiste la democrazia. C’è poi un altro aspetto. In un mondo così interconnesso come il nostro, quando le scelte che si assumono riguardano aspetti così importanti della vita quotidiana, come l’economia e la possibilità di avere servizi adeguati affinché i cittadini conducano una vita dignitosa, le decisioni di ciascuno Stato incidono sulla vita degli altri in maniera più o meno diretta. Finora, per cercare di mantenere un certo equilibrio si è ricorso ad accordi internazionali tra paesi, ma questo approccio ha funzionato fino al momento in cui quell’equilibrio veniva cercato tra i paesi economicamente più avanzati, a scapito degli altri. L’equilibrio non funziona più perché i paesi che allora si dicevano “in via di sviluppo” oggi sono parte del Primo mondo e non accettano accordi che sono a scapito loro, come avveniva in passato. L’integrazione planetaria ha significato anche che i subalterni di ieri, o comunque molti di loro, oggi sono concorrenti quasi alla pari dei paesi occidentali. Sotto processo è oggi la seconda fase del colonialismo, quella non militare ma fondata sullo sfruttamento delle risorse. Proprio questo “secondo” colonialismo è ormai in discussione e questo produce affanno tra i paesi occidentali, perché non più favoriti da privilegi conquistati a spese altrui.

Il Mese
Torniamo all’Europa. Si è molto parlato del pressante invito al governo greco a non far svolgere il referendum sui tagli imposti dalla Ue. Secondo lei un qualche grado di “stato d’eccezione” in momenti particolari e cruciali come quello che stiamo vivendo è compatibile con l’idea e pratica della democrazia che in Occidente abbiamo costruito in duemila anni di storia?

Urbinati La democrazia non ammette eccezioni. A mio modo di vedere, l’argomento usato “contro” la Grecia per scongiurare il referendum è pericolosissimo.

Il Mese Perché?

Urbinati Come diceva Carl Schmitt, chi decreta lo stato d’eccezione detiene il potere sovrano assoluto. Ma chi può decretare da “fuori” che la Grecia non può svolgere un referendum e magari, in futuro, non puó tenere elezioni? E su quali basi?

Il Mese Quindi per lei il referendum doveva essere svolto?

Urbinati Non è questo il punto. Personalmente ritengo che probabilmente questa consultazione non sarebbe stata opportuna per la Grecia e per i suoi interessi: i suoi governanti sono stati improvvidi e avventati. Ma la proposta di referendum doveva essere discussa e decisa dalla Grecia. Nessun altro paese o nessun’altra autorità esterna può avere il potere di imporre quello che il popolo greco deve “dover” fare. Quando un sistema democratico avverte o si sente in situazioni di pericolo ha strategie e risorse interne per decidere e agire in autonomia. Credo che l’Europa viva in una situazione di palese arbitrarietà perché non esiste nessuna autorità politica capace di far sì che gli interessi nazionali e quelli dell’integrazione continentale raggiungano un ragionevole equilibrio per cui il gioco non è giocato solo da un partner a spese dell’altro.

Il Mese Dunque non solo non s’è fatta un’Europa politica, ma gli Stati non hanno più rapporti tra pari.

Urbinati È così. Non valgono più le condizioni nelle quali è nata, come unione di Stati membri posti sullo stesso livello. Di fatto l’Europa sta diventando o è già diventata un’altra cosa, perché subisce la sproporzione di un potere enorme concentrato nella mani di uno solo degli Stati membri,cioè la Germania. La diffidenza, invece che la fiducia, trova alimento proprio da questo sbilanciamento di potere. In questo modo non potrà mai essere una federazione. E comunque questa è una situazione che non può essere protratta a lungo nel tempo.
E a proposito di poteri e sovranità, il caso Grecia dovrebbe dare un’indicazione utile: bisogna rendere possibile un’uscita graduale dal sistema della moneta unica. In casi estremi un paese, con i propri poteri e la propria sovranità, potrebbe trovare soluzioni più decorose per i suoi cittadini quando subisce una crisi che lo attanaglia. Perché è chiaro che questa situazione non ha vie d’uscita: non si comprende come la Grecia possa sfuggire dalla situazione in cui è precipitata a forza di ricette e imposizioni esterne.

Il Mese In un articolo di Beda Romano uscito sul Sole del 24 Ore qualche settimana fa si dice che l’imposizione del commissariamento agli Stati in crisi potrebbe fare da battistrada verso un primo salutare ridimensionamento delle sovranità nazionali in favore di sovranità più ampie; una sorta di embrione di governo europeo che poi si sarà costretti a rendere politico. Cosa ne pensa?

Urbinati Penso che il problema posto sia interessantissimo. Tuttavia non possiamo eludere una domanda: come si arriva a una federazione di Stati? Partendo dal presupposto che un’Europa unita non può che essere federale (altrimenti sarebbe una sorta di “mono-archia” continentale o di ‘dispotismo illuminato’) e che il fondamento di una federazione sta nel consenso libero e quindi in una relazione paritaria e di reciprocità, è pensabile che a questo si arrivi tramite commissariamenti imposti da autorità di cui non si possono controllare né l’agire né i dati su cui certe decisioni vengono prese?

Il Mese Perché cita i “dati”?

Urbinati Perché al contrario di ciò che avviene con la Federal Reserve americana, tutta la documentazione con la quale opera la Bce è secretata, non è pubblica. Ammettendo pure che si volesse ricorrere a un commissariamento, ripeto: chi lo decide e sulla base di quali dati (che nessuno conosce) e per quanto tempo? Mi chiedo come si possa passare, nella storia dell’Europa, da una situazione iniziale di consenso tra i paesi a una di imposizione dispotica e poi su queste basi realizzare una vera unità continentale su base federale. Una federazione, insisto, non si può costruire contingentando gli altri. Non è una questione di principio: non funzionerebbe proprio. Serve consenso tra eguali e partecipazione; non si dà federazione quando un paese ha il potere di commissariarne un altro o di richiedere il commisariamento, decidendo con partner che, non lo dimentichiamo, si sentono minacciati da un’egual sorte a quella greca (e quindi agirebbero sotto questa spada di Damocle, non autonomamente). In una situazione di difficoltà estrema deve essere la federazione a poter intervenire. L’esempio che si può fare è quello della Lousiana, dopo Katrina: lì lo Stato federale ha portato il suo aiuto. Ma l’aiuto è il contrario del commissariamento, che invece significa mettere sotto tutela un soggetto per portarlo a decidere come diversamente non farebbe: una condizione imperiale, non federata.

Il Mese In Guasto è il mondo, l’ultimo libro scritto da Tony Judt in mezzo alla crisi, il grande intellettuale americano adombrava uno scenario in cui proprio nel caos economicistico imperante lo Stato nazionale potrebbe riacquisire ruoli e funzioni importanti. Cosa ne pensa?

Urbinati Penso che Judt abbia ragione, e non perché io sia nazionalista. Tutt’altro. Solo che la retorica della fine dello Stato sovrano in nome di un falso cosmopolitismo è molto pericolosa.

Il Mese Perché?

Urbinati Nella modernità la sovranità ha rappresentato il mezzo grazie al quale uguali cittadini sono riusciti a prendere in mano il loro destino. Non va dimenticato mai che cittadinanza e sovranità democratica sono nate insieme a partire dal Settecento. E dello Stato, del Welfare State, hanno bisogno proprio i più poveri e i meno abbienti. Si può discutere di cosa gli Stati possano o debbano fare, è possibile prefigurare accordi e forme di coordinamento delle politiche militari, di giustizia e fiscali; ma questo non toglie che gli Stati medesimi abbiano una funzione fondamentale, che è quella di difendere e proteggere le proprietà e gli interessi dei loro cittadini e di offrire a ciascuno di loro la possibilità di avere ed esprimere una propria voce, e avere una vita dignitosa. Per questi scopi sono nate le democrazia: per dare ai poveri o a chi non ha mezzi propri l’opportunità di impegnarsi, da liberi, a costruire una vita dignitosa. È un errore pensare che il livello globale-internazionale e quello locale siano in contraddizione tra di loro.


Il Mese Tra gli Stati commissariati secondo alcuni c’è anche l’Italia. Cosa pensa delle ultime vicende del nostro paese?


Urbinati Penso che il nuovo governo Monti non sia affatto, come dicono in molti, tecnico ma politico. E saprà acquisire quell’autorevolezza in Europa che servirà al nostro paese a negoziare invece di sottostare a diktat. E questo potrebbe essere un bene per tutti, non solo per l’Italia. Paesi più autorevoli possono contribuire a rendere la politica europea migliore.


Il Mese
Ma i politici non sono entrati…


Urbinati È tecnico perché non partitico, ma è politico nel senso che finalmente dopo anni durante i quali si è discusso solo di sciocchezze si torna a parlare di politica: di giovani, dignità delle donne, pensioni, rapporto dei cittadini con le istituzioni, lotta all’evasione fiscale. Solo grazie alle politiche che sarà in grado di mettere in campo il governo italiano potrà essere capace di riconquistare la capacità di far sentire la propria voce in Europa per contrattare la sua posizione e non essere subordinato a un commissariamento. Alcune delle scelte che l’Europa ci chiede sono sbagliate, ma finora non si poteva reagire perché deboli e screditati. Ora si può riconquistare una capacità di negoziazione che per tanti anni Silvio Berlusconi ci ha tolto.

 

Di Stefano Iucci, Rassegna.it 


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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