Costi della politica, gerontocrazia e clientele
Sabato 30 Luglio 2011 alle 08:41 | 0 commenti
Roberto Ciambetti, Assessore regionale Lega Nord - Dire oggi che la politica costa troppo è sostenere una tesi per molti aspetti, limitata. Se diciamo che la politica costa troppo rispetto a quello che produce, inquadriamo meglio il problema: il nodo non è il costo bensì la produzione e la qualità del prodotto sformato. Quando Repubblicani e Democratici negli Usa non raggiungono un accordo sul tetto del debito pubblico rischiando di portare il Paese al declassamento - con pericoli veri per l'economia mondiale - per meri interessi di bottega, possiamo ben dire che a Washington si antepongono gli interessi di parte a quelli della comunità , nazionale come internazionale.
Ho preso l'esempio statunitense per dimostrare che il nodo di una politica che non sa guardare al bene comune e che perdendo il senso delle Istituzioni e del proprio ruolo smarrisce sé stessa non riguarda solo l'Italia, anche se il caso italiano ha aspetti particolarissimi, primo fra tutti l'essere paese delle caste e delle corporazioni tra loro intrecciate in un dedalo inestricabile.
In Italia non c'è solo la casta della politica e nel mare magnum dell'inefficienza e degli sprechi i politici sono in buona compagnia, assieme a una parte del mondo dell'economia, o sedicente tale, della finanza, delle professioni, sindacati, associazioni, per non parlare di quella consorteria per cui appena si toccano il Mezzogiorno e una serie di privilegi s'alza una barriera insormontabile al grido dell'Italia Unita, lasciando il sospetto che quell'amore per l'Italia unita sia, per questa consorteria, alquanto e solo interessato, arido di sentimenti, avido di denaro.
L'Italia è un paese vecchio, attardato, fermo e non è solo colpa della politica, anche se questa ha le sue (e troppe) colpe.
Come dicevo all'inizio il problema non è (solo) quello dei costi: c'è un problema generazionale, che altre nazioni non hanno (Barack Obama il prossimo 4 agosto compirà 50 anni, David Cameron va verso i 45 anni...). Il nostro è un sistema gerontocratico e la nostra è una politica vecchia non solo negli uomini, ma nelle strutture, nei riti, nelle abitudini, nell'estenuante lunghezza dei dibattiti e degli interventi omilitici che caratterizzano assemblee e consigli d'ogni genere: l'architettura istituzionale, come quella politica, nasce nel secondo dopoguerra ed è una naturale evoluzione dei modelli Ottocenteschi; non si può governare il mondo moderno con apparati nati per un'altra società , che aveva altri tempi, altri bisogni, altri equilibri geopolitici e dimensioni dei mercati ben diverse da quelle attuali.
L'attuale produttività della politica italiana passa per i tempi di una catena di montaggio che poteva andare bene all'epoca delle grande fabbrica fordista, ricordo del passato: non si costruisce la macchina del futuro con le tecnologie con cui si costruiva la Fiat 600.
Come per l'impresa anche la politica ha bisogno di conquistare una nuova organizzazione del lavoro, basata sulla qualità , tecnologie, intelligenze fresche. La politica e lo stato: lo stato italiano ha 150 anni e li dimostra tutti: troppi. Abbiamo bisogno di un ricambio, sia nelle strutture, come nelle persone.
Credo che la Riforma federale possa essere la chiave di volta di questa riforma: abbiamo un esempio in Trentino e nell'Alto Adige dei livelli di efficienza e qualità dell'ente pubblico e dei suoi servizi quando essi sono gestiti, e finanziati, autonomamente.
L'alternativa è il default. Per iniziare a evitare il fallimento bisogna agire da subito: accelerare sulle riforme e azzerare, senza remore, i privilegi. Non solo dei politici, s'intende.
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