Confindustria PaTreVi: prove di aggregazione tra Padova, Treviso e Vicenza, modello Cuoa
Martedi 28 Giugno 2016 alle 09:19 | 0 commenti
Se i Master del Cuoa vanno verso la Luiss romana con Giuseppe Zigliotto, già membro del suo Cda, a puntare in alto e se per le altre attività ci si orienta alla Niuko (una bella modifica mediatica e marketing di Newco, new company di Confindustria Vicenza e Confindustria Padova), ecco la, più grande, chiave di lettura complessiva: Confindustria PaTreVi.
È scattata ieri, all'assemblea privata di Confindustria Padova, la «fase 2» del percorso di integrazione tra l'associazione territoriale locale e le consorelle di Vicenza e Treviso. Dopo una prima fase sperimentale, si è perfezionato il meccanismo che consente a ciascuno dei seimila aderenti alle tre associazioni confindustriali di accedere ai servizi dell'una o dell'altra.
Un iscritto alla Confindustria di Padova, per esempio, può appoggiarsi alla struttura vicentina per le questioni relative all'internazionalizzazione, o a quella trevigiana sui temi del credito e della finanza.
Tutto nella chiave di una competizione tra eccellenze, che viene descritto nei termini di un sistema aperto. Ma ieri si è svoltato: si vuole rendere permeabile anche la governance associativa.
All'assemblea privata, infatti, erano invitati anche i rappresentanti di Treviso e di Vicenza, e cioè i presidenti Maria Cristina Piovesana e Luciano Vescovi (era presente soltanto la prima). Il fatto è che nella prima sessione dell'assemblea sono stati modificati gli articoli 9 e 10 dello Statuto di Confindustria Padova: le nuove disposizioni consentono la presenza su invito, negli di organi di governance, «di rappresentanti di associazioni del sistema con cui siano in corso processi di integrazione o particolari rapporti di collaborazione». Si pensa a una rotazione interna alle tre territoriali di funzionari amministrativi, e si guarda anche alla possibilità che le tre associazioni uniscano i loro percorsi in vista di una nuova realtà unitaria. Si diceva dell'iter che ha aperto i nuovi scenari: tutto è accaduto in fretta, con una commissione (Nicoletta Andrighetti, Enrico Carraro, Gianni Potti), incaricata nel luglio 2015 dalla giunta esecutiva di adeguare lo statuto alle linee guida indicate dalla riforma Pesenti, che prevede riorganizzazioni e risparmi. In buona sostanza, il dimezzamento delle territoriali al fine di raggiungere una certa massa critica, di tutelare meglio gli interessi degli associati, di condividere le competenze e di ottimizzare la spesa relativa ai servizi.
Quanto al discorso del presidente patavino Massimo Finco, l'idea è che «nessuno si salva da solo: non la piccola impresa, perché pensa di essere flessibile, né la grande, perché pensa di essere autonoma». Occorrono reti, condivisione e collaborazione. «L'industria cresce se le grandi e medie aziende driver guidano le aziende follower e le rasserenano nelle catene globali del valore». Meno finanza di carta, più economia reale.
Di qui l'invito ai gestori del Fondo Atlante e alle banche (a seguito della dissesto delle ex Popolari venete) di «valutare i piani a medio e lungo termine delle aziende, non solo i bilanci di quest'anno, che sono insignificanti per effetto delle svalutazioni e dell'azzeramento del valore delle azioni». Si guarda alla «quarta rivoluzione industriale», anche se il Veneto risulta la 151esima regione europea per innovazione su 262. Si guarda alla cultura, all'economia della conoscenza. Serve un rapporto funzionale con la Pa. Occorre, cioè, un «nuovo contratto sociale».
di Marco de' Francesco, Da Il Corriere del Veneto
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