Concessione della cittadinanza italiana. Cosa fare in caso di ritardi superiori a 730 giorni
Venerdi 26 Dicembre 2014 alle 19:42 | 0 commenti
I tempi di conclusione dei procedimenti di concessione della cittadinanza italiana sono - notoriamente - biblici: in media occorre aspettare 5 anni dalla data di presentazione della domanda. Si tratta di ritardi cronici della pubblica amministrazione, immotivati nella sostanza e fondamentalmente frutto di mala organizzazione che di recente si è estesa anche alla fase della presentazione delle domande, nel tentativo di alcune Prefetture di "aggirare" il termine imposto dalla legge ritardando la presentazione delle domande con appuntamenti fissati dopo un anno dalla richiesta (nella foto Sir András Schiff riceve da Variati la cittadinanza onoraria di Vicenza).
La gravità , cronicità e "ingiustificabilità " dei ritardi del Ministero dell'Interno nel concludere i procedimenti di concessione della cittadinanza - nonostante il termine decisamente lungo di 730 giorni previsto dalla legge - è stata anche stigmatizzata dal TAR Lazio in una class action pubblica, all'esito della quale i Giudici hanno condannato il Ministero dell'interno "a porre in essere ogni adempimento utile, di carattere organizzativo e procedurale, volto al rigoroso rispetto dei termini previsti per la conclusione del procedimento di rilascio della cittadinanza italiana, tenuto conto che, la previsione legislativa di riconoscere ben 730 giorni di tempo (a mente dell'art. 3 del D.P.R. 18 aprile 1994 n. 362, Regolamento recante disciplina dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana) all'amministrazione competente per completare il percorso istruttorio con l'adozione del provvedimento conclusivo appare più che idonea a rendere ingiustificabile ogni ragione di ritardo nel completamento della filiera amministrativa in questione a far data dalla presentazione della relativa istanza".
Sono passati già alcuni mesi dalla sentenza (depositata il 26 febbraio 2014), eppure parrebbe che il ministero dell'Interno non abbia al momento intenzione di migliorare l'efficienza dei propri uffici: rispondendo ad una interrogazione parlamentare, del 24 settembre 2014, sulle iniziative che il Ministero intende porre in essere per velocizzare l'iter procedimentale, il Ministro dell'Interno non ha infatti menzionato nuove "misure di razionalizzazione" attuate - o in corso di attuazione - successivamente all'emanazione della sentenza, che per ora resta quindi lettera morta.
Cosa fare dunque quando l'amministrazione tarda a rispondere?
Il termine per la conclusione di tutti i procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana è di 730 giorni dalla presentazione della domanda. Le conseguenze dello spirare di questo termine senza che l'amministrazione abbia provveduto - rigettando o accogliendo l'istanza - sono diverse a seconda dei motivo in base al quale la cittadinanza italiana è stata richiesta.
In caso di richiesta per matrimonio con cittadino italiano, o di richiesta da parte di persone nate in Italia e vissute in Italia senza interruzioni fino al compimento dei diciotto anni, sorge un vero e proprio diritto soggettivo alla cittadinanza: passati due anni l'amministrazione non potrà più rigettare l'istanza e il richiedente potrà decidere se attendere i tempi dell'amministrazione o rivolgersi al giudice ordinario chiedendo che venga dichiarata la propria cittadinanza italiana.
In tutti gli altri casi lo spirare del termine di 730 giorni comporta un silenzio-inadempimento della pubblica amministrazione. Il richiedente potrà quindi impugnare, entro un anno dalla data in cui il termine di 730 giorni è trascorso (e quindi entro tre anni dalla presentazione della domanda, pena la dichiarazione di irricevibilità del ricorso), il silenzio dell'amministrazione davanti al Tar Lazio. Il Tribunale Amministrativo, verificato il decorso del termine senza che l'amministrazione si sia pronunciata, ordinerà all'amministrazione di provvedere entro un termine stabilito in sentenza (solitamente tra i 30 e i 90 giorni). In caso di ulteriore inadempimento il Tar nominerà un commissario ad acta, affinchè si sostituisca all'amministrazione e provveda a concludere il procedimento. Se il ricorrente ne fa richiesta, per evitare di presentare una ulteriore istanza, il commissario ad acta potrà essere nominato contestualmente alla sentenza che dichiara l'illegittimità del silenzio e ordina all'amministrazione di provvedere.
È possibile ottenere il risarcimento del danno da ritardo?
Il Tar Lazio ha escluso, con diverse pronunce, la risarcibilità del danno da silenzio-inadempimento nelle istanze di concessione della cittadinanza. Ad avviso dei giudici, infatti, il richiedente dovrebbe provare non solo di essere in possesso dei requisiti per la concessione della cittadinanza, ma anche che la stessa sarebbe stata sicuramente concessa dall'amministrazione, il che è impossibile vista l'ampia discrezionalità dell'amministrazione nel concedere la cittadinanza nel valutare la sussistenza dell'interesse pubblico ad adottare il provvedimento di concessione.
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