Ciambetti: Statuto, Montezemolo e Calearo
Lunedi 16 Agosto 2010 alle 17:21 | 0 commenti
Roberto Ciambetti, Regione Veneto - Il dibattito attorno alla proposta del nuovo Statuto veneto fa emergere una serie interessante di posizioni e soggetti su cui è necessario interrogarsi: mentre la sinistra arranca, i nostalgici del consociativismo manifestano una disarmante mancanza di progettualità , s'affaccia il partito di Montezemolo, cioè la voce del padrone d'antan, e, da noi, del suo fido alfiere veneto Massimo Calearo, chiamato, per la difesa degli interessi della grande impresa e dei poteri forti, a denigrare ogni proposta di autonomia e federalismo praticabile.
A pochi, tra costoro, passano per la testa le specificità venete, che Ulderico Bernardi ha recentemente ben posto in evidenza e che, da sole, giustificano la richiesta di uno Statuto chiaramente autonomo: la Repubblica Veneta non solo rappresenta e sintetizza una grandissima civiltà che ha contribuito alla storia socio-economico e culturale dell'Europa come del vicino Oriente, ma è stata l'unica realtà che, nella penisola, non ha subito dominazioni straniere, se non, dopo una breve parentesi francese, quella austroungarica e quella sabauda. Non solo uno stato, dunque, ma una nazione libera e faro di cultura. Del resto, come ha ben detto Umberto Bossi, i Veneti non sono mai stati italianizzati.
Anche nell'epopea risorgimentale la rivolta antiaustriaca si sviluppò da noi per i più dalla terraferma a Venezia sino all'Istria e alla Dalmazia nel segno dell'indipendenza veneta e nella speranza di confluire in uno stato federale; ben pochi rammentano cosa significarono per questa terra, come ben annota Bernardi, la Prima e la Seconda Guerra mondiale, con le tragedie di un territorio sconquassato, devastato, profanato, con la guerra civile, con la tragedia dei profughi; pochi, troppo pochi, oggi ricordano l'esodo di tanti veneti dall'Istria e dalla Dalmazia, terre venete ben prima che italiane, vittime di una malintesa realpolitik.
Il Veneto ha una sua storia peculiare non solo radicata nel mito della Serenissima, ma cresciuta tra non poche ferite anche nell'Otto e Novecento: pensiamo all'emigrazione, alla nascita di un Veneto fuori dal Veneto, ma anche allo sviluppo di una economia basata sulla piccola o piccolissima impresa e sull'artigianato, economia che si sviluppa nella rete della solidarietà , che trova linfa finanziaria nel sistema del piccolo credito, casse rurali e banche cooperative: un modello ben diverso da quello da cui proviene Luca Cordero di Montezemolo, cioè la grande impresa che dialoga con le grandi centrali di interessi, la finanza internazionale, i partiti centralisti e i sindacati, i governi nazionali, con uno straordinario potere contrattuale, come ha ben dimostrato Marchionne nelle scorse settimane.
Da un lato, in Veneto, il policentrismo diffuso, con una straordinaria valorizzazione dell'individuo, della famiglia, della comunità locale, con la rete della solidarietà e della cooperazione; dall'altro un centralismo che attrae e accumula capitali, risorse, masse e che ha bisogno di uno stato centralizzato al quale battere cassa o imporre i propri diktat.
Si tratta di modelli diversi che necessitano ciascuno di strumenti di governo diverso: non si può imporre un sistema omogeneo valido per tutti, perché quell'unico modello di governo non valorizza le diversità bensì le soffoca, le opprime, le piega all'interesse di una oligarchia rigida e non risponde, invece, alle esigenze che un mondo globalizzato impone nella sua essenza dinamica. Nella globalizzazione non esistono centri, né periferie: chi critica la proposta di Statuto veneto, senza presentare alternative vere, continua a voler pensare ad un sistema tolemaico, rigido, immoto, con il potere al centro e tanti satelliti. Che quel potere si chiami Roma, grandi banche, finanza internazionale, Fiat, poco importa: la globalizzazione ci dice che le periferie o i soggetti che un tempo si dicevano subordinati o sudditi oggi non sono più tali, non sono più marginali, bensì protagonisti e attori. Il Veneto è un attore, un protagonista del contemporaneo e per questo vuole la sua legittima autonomia. Non siamo la periferia dell'impero. E l'impero, per altro, non esiste più.
Roberto Ciambetti
Assessore della Regione del Veneto
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