Due Bergoglio: il vero e il mediatico. Il primo legato alla tradizione, il secondo "innovatore"
Sabato 24 Ottobre 2015 alle 14:33 | 0 commenti
Di Sandro Magister*
La notizia bomba, con automatica smentita, della "macchia" nel cervello del papa ha fatto esplodere i media. Ma nemmeno col sinodo si scherza. Non era mai accaduto che un consesso tra vescovi conquistasse le prime pagine dei giornali. E invece con Francesco accade. È un altro dei capolavori di questo papa così fuori dal comune.
Sono bastate poche sue decisioni e poche sue battute accortamente dosate, a cominciare da quel memorabile «Chi sono io per giudicare?», per scatenare nella Chiesa un conflitto senza precedenti e accendere nella pubblica opinione mondiale l'aspettativa inaudita di un ribaltamento dei paradigmi cattolici su questioni chiave come il divorzio e l'omosessualità .
IL SEGRETO di questo successo comunicativo è l'abilità sopraffina di Jorge Mario Bergoglio di giocare su due registri. Tra il sinodo del 2014 e questo del 2015 Francesco ha inanellato più di cinquanta interventi pubblici perfettamente in linea con la dottrina tradizionale della Chiesa: contro l'ideologia del "gender", contro i divorziati risposati che "pretendono" la comunione e perfino a favore di una virtù antica e dimenticata come la castità prima del matrimonio. Ma tutto questo non sfonda minimamente sui media e nemmeno nel corpo della Chiesa, dove invece trionfano i continui rimbrotti del papa contro i "doganieri" privi di cuore e i suoi incessanti appelli a spalancare le porte della misericordia a divorziati
e omosessuali. Questo doppio effetto mediatico, di silenzio e di rumore, Bergoglio lo sa e lo vuole.
UNA RIVOLUZIONE che Francesco ha già messo in opera da solo, mettendo il sinodo davanti al fatto compiuto, sono le nuove procedure per le dichiarazioni di nullità dei matrimoni, facili, gratuite
e superveloci. Tecnicamente non hanno niente a che vedere con il divorzio, ma la pubblica opinione le ha già classificate ed applaudite così.
E se il sinodo arrivasse ad approvare la comunione ai divorziati risposati, per il dogma dell'indissolubilità sarebbe a giudizio di molti la fine. L'ipotesi è irreale, perché due terzi dei padri sinodali sono contrari. Ma se si guarda a come il sinodo è fatto funzionare, e a come è gestita la comunicazione
ai media dei lavori sinodali a porte chiuse, non stupisce che tredici cardinali di primissima grandezza abbiano espresso per lettera a Francesco la loro «preoccupazione».
QUANDO LA LETTERA era ancora segreta, già da Casa Santa Marta era partita la controffensiva mediatica contro i tredici cardinali, con papa Francesco in persona che interveniva in sinodo a bollare «l'ermeneutica cospirativa» e con il vaticanista a lui più vicino ed amico, Andrea Tornielli di "Vatican Insider", che additava proprio nei tredici i cospiratori. Ma ancor più indicativo è ciò che è accaduto dopo la pubblicazione della lettera sul sito Web de "l'Espresso". Perché più che sull'autore dello "scoop" la controffensiva mediatica, vaticana e non, si è scatenata contro i tredici firmatari della lettera, che pur rappresentano il Gotha della gerarchia mondiale, con tra loro gli arcivescovi di New York, Toronto, Houston, Utrecht, Bologna, Durban, Nairobi, Caracas, più gli ex di Sydney, Ratisbona e Konakry chiamati o confermati in curia dallo stesso papa Francesco. L'attacco più velenoso contro i tredici suoi confratelli è venuto da un altro cardinale prediletto da Bergoglio, l'arcivescovo di Washington Donald Wuerl, in un'intervista ad "America", la rivista dei gesuiti "liberal" di New York.
PADRE THOMAS ROSICA, il comunicatore ufficiale del sinodo per i media anglofoni, ha subito
fatto circolare l'intervista di Wuerl accompagnata da una sua entusiastica raccomandazione. Mentre si deve a padre Manuel Dorantes, il comunicatore di lingua spagnola, il formidabile colpo ad effetto del bambino che alla sua prima comunione dà un pezzetto dell'ostia al papà divorziato e risposato. «Il racconto ha commosso i padri sinodali», ha garantito. E ha puntualmente conquistato
le prime pagine. Il sinodo mediatico ha già vinto su quello reale.
*Da L'Espresso n. 43
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