Costa a noi il partito del Niet agli investimenti. E quello del Da a zingari, clandestini e indulti
Lunedi 23 Maggio 2011 alle 15:00 | 0 commenti
Roberto Ciambetti, Assessore regionale Lega Nord - Paghiamo di tasca NOSTRA IL partito del niet agli investimenti (e del “da†a zingari, clandestini, indulti vari…)
Una relazione dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) sulla disponibilità dei combustibili fossili indica riserve per 200 anni di produzione di carbone, 66 anni per il gas e meno di 50 per il petrolio. Il carbone sconta prezzi più bassi di petrolio e gas e le aree estrattive si trovano in paesi molto diversi, politicamente e geograficamente, tra loro.
Il rischio di improvvisi blocchi nelle forniture per il carbone è ridotto al minimo.
La Germania basa gran parte della produzione energetica proprio sul carbone. A proposito di Germania: il dato definitivo sul tasso di inflazione in Germania ad aprile reso noto venerdì scorso mostra un aumento dello 0,2% mese su mese e del 2,4% anno su anno, tendenzialmente ai massimi da ottobre 2008; l'ufficio di statistica tedesco ha sottolineato come un grande contributo all'inflazione derivi dai prezzi energetici ( 10,5% anno su anno) e in particolare dai prodotti petroliferi raffinati ( 15,2% anno su anno con un 26,7% anno su anno per la nafta e un 12% per i carburanti). Letto tra le righe il dato statistico è chiaro: il motore dell’inflazione si alimenta a petrolio e gas e non solo in Germania.
La fattura energetica italiana nel 2010 è stata calcolata attorno ai 51,7 miliardi di euro, con un aggravio di 9,3 miliardi di euro ( 22%) rispetto al 2009 e un peso sul Pil del 3,3%, contro un valore medio dell’1,5% negli anni novanta. Nel 2011 la bolletta energetica potrebbe salire a 60,4 miliardi di euro e di questi tra 31,3 e 37,4 miliardi di euro saranno riconducibili al petrolio, sempreché il prezzo del greggio nei mercati rimanga tra gli 80 e i 100 dollari al barile.  Come si vede il Pil nazionale à drammaticamente condizionato dalla bolletta energetica: rispetto alla media europea aziende e famiglie pagano almeno il 30 per cento in più per l’energia. Soldi veri, sottratti ad altre spese.
Puntare su centrali a carbone a tecnologia avanzata, in questo contesto, e in termini economici sembra la mossa logica. Eppure associazioni di ambientalisti e uno sparuto gruppo di amministratori locali (non a caso, forse, battuti sonoramente alle ultime elezioni) si sono opposti alla riconversione della centrale di Porto Tolle, nel Polesine, vedendo accolte le loro preoccupazioni. Contrariamente a quanto si sostiene, con la eco-disinformazione, le emissioni di polveri e gas velenosi emesse da questo tipo di centrale sono alquanto contenute: circa il 99 per cento del particolato, polveri, vengono intercettate dai filtri di nuova generazione, l’efficienza dell’abbattimento degli ossidi di azoto s’aggira attorno all’85 per cento, che sale al 95 per cento per l’abbattimento degli ossidi di zolfo; le ceneri di combustione, infine, vengono riutilizzate nei cementifici per produrre cementi o come elementi inerti per il calcestruzzo: dire che la futura Centrale di porto Tolle inquina tanto quanto l’attuale impianto significa essere, almeno, disinformati. Aggiungiamo che a Porto Tolle In gioco c’è, o forse bisogna dire c’era, un investimento da 2,5 miliardi di euro programmato da oltre 5 anni con 600 addetti tra diretti e indotto, mentre il solo cantiere avrebbe dato lavoro a circa 3 mila persone.
La cultura del niet ad ogni costo agli investimenti infrastrutturali, una cultura che spesso abbina il da (sì in russo) a zingari, clandestini, indulto a delinquenti e via dicendo, inquina la società , nasce nei salotti radical chic tra gente che non fa fatica ad arrivare alla fine del mese, né teme le bollette da pagare e non conosce i problemi di chi ha fabbrica o bottega, ma è abilissima nel condurre campagne stampa di disinformazione. Tanto, a pagare, poi è chi lavora e produce.
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