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Chi salverà la Berlusconi Spa?

Di Redazione VicenzaPiù Martedi 27 Settembre 2011 alle 15:32 | 0 commenti

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Fininvest fa i conti di fine impero. La Borsa ha già votato il ribaltone
Quasi 1,5 miliardi spariti dal suo conto corrente in nove mesi. Il valore delle azioni Mediaset dimezzato da gennaio. Il Milan («malgrado ci abbia speso 60 milioni l'anno», si lamenta lui) confinato nella colonna destra della classifica di Serie A. Altro che assedio dei pm, spread alle stelle e fibrillazioni del governo. Il vero problema di Silvio Berlusconi, in questo momento, è la difesa del tesoretto di famiglia.
I guai, in effetti, non arrivano mai da soli. E il quadro clinico dell'impero del Biscione inizia a essere preoccupante quasi come quello della maggioranza in Parlamento.

Specie ripensando ai fasti degli anni passati: la pubblicità sulle tv del premier è calata del 2,1% nei primi sei mesi del 2011 e il titolo di Cologno è scivolato ai minimi dalla quotazione nel 1995. Mondadori (39% da gennaio) sconta la crisi dell'editoria e anche Mediolanum (20% a Piazza Affari) non se la passa troppo bene. Morale: in meno di un anno le quote di queste società in portafoglio alla Fininvest si sono svalutate di 1,45 miliardi.
Ad Arcore oltretutto - complice l'eterno problema del conflitto d'interessi - piove sul bagnato: il mercato legge i giornali. E fiutate le difficoltà politiche del presidente del Consiglio, s'è messo ancor più di traverso.
Il ribaltone antiCavaliere della Borsa è stato evidentissimo la scorsa settimana. Con l'avvicinarsi del voto sul mandato d'arresto per Marco Milanese e il rischio di una crisi di Governo, Mediaset ha innestato una decisa retromarcia, perdendo in due giorni il 10%. Il motivo? Il timore dell'addio del socio di riferimento alla poltrona di presidente del Consiglio e, di riflesso, la fine del dividendo di "Palazzo Chigi": quel pacchetto di "aiutini" al business di famiglia dallo sgambetto a Sky con l'Iva ai sussidi ai decoder, dalle leggi salvaMondadori all'eutanasia della Rai e alle aste pilotate sulle frequenze che da anni ha puntellato da par suo la redditività di casa Berlusconi.
Il malessere di Arcore, non a caso, è da qualche mese in cima all'agenda dei pranzi familiari del lunedì a Villa San Martino tra il premier, i figli e i suoi consulenti più fidati. E sul banco degli imputati, al numero uno, ci sono le performance di Mediaset, non foss'altro perché lo scivolone a Piazza Affari dei network di famiglia è costato da solo alla Fininvest 1,3 miliardi da gennaio.
«Pesa la crisi generale», ha minimizzato venerdì scorso Fedele Confalonieri. «Valiamo meno perché guadagniamo meno ammette con grande onestà Marco Giordani, direttore finanziario a Cologno il nostro è un mercato ciclico. E come noi perdono anche gli altri big delle tv. Quando la pubblicità ripartirà, girerà anche il vento in Borsa». Sarà. Ma i problemi della società paiono in questo momento più profondi.
Il passaggio al digitale terrestre ha moltiplicato i canali frammentando l'audience televisiva. E il vecchio dogma di Fedele Confalonieri («la tv generalista non morirà mai», ripete come un mantra ogni volta che incontra giornalisti e analisti) non pare più solido come in passato. Certo l'emorragia è ancora marginale l'audience totale delle reti Mediaset è scesa dal 38,2% al 37% tra giugno 2010 e giugno scorso e sul digitale Cologno si difende bene: Boing è il canale più visto e pure La5 non va male. Ma i numeri parlano chiaro: a metà 2010 Canale 5, Italia1 e Rete 4 calamitavano sul video il 36,1% dei telespettatori. Dodici mesi dopo la percentuale è scesa al 33%, quasi il 10% in meno. «E le cose ora stanno peggiorando ancora dice Francesco Siliato, socio di Studio Frasi e uno degli osservatori più attenti dell'etere tricolore quest'estate Canale 5, la rete ammiraglia, è scivolata in qualche caso sotto il 15% mentre sul digitale il duopolio non tiene più e nuovi network come Real Time e K2 hanno iniziato a scalare la hitparade dell'audience». Era inevitabile, dicono a Cologno, e in fondo gli spettatori persi con le tv generaliste vengono in parte intercettati dalle proposte digitali del Biscione. «Ma la pubblicità sul digitale rende ancora molto meno di quella sull'analogico», prosegue Siliato.
La rendita di posizione della società del Presidente del Consiglio, intendiamoci, funziona ancora. Gli spot sui network del Biscione scendono, ma molto meno di quanto succeda alla Rai. I riflessi finanziari iniziano però a essere lo stesso evidenti. I primi sei mesi dell'anno si sono chiusi in Mediaset con un calo dell'8% dei ricavi e un utile netto sceso da 241 a 146 milioni. Un campanello d'allarme che suona fortissimo a casa Berlusconi visto che i dividendi in arrivo dalle tv sono di gran lunga la maggior fonte d'entrata della famiglia allargata di Arcore. Un blackout ancor più preoccupante in un momento molto delicato per gli equilibri dinastici, con il Cavaliere impegnato in un faticoso esercizio per mediare tra gli interessi di Marina e Piersilvio e quelli dei tre figli di Veronica Lario: Barbara, Eleonora e Pierluigi.
Il vero problema, a voler essere pignoli, è che era tutto previsto. Già da qualche anno i vertici di Cologno con encomiabile lungimiranza strategica avevano intuito il lento declino del vecchio corebusiness. E avevano varato un tempestivo piano di diversificazione. Peccato che anche qui non tutto sia andato per il verso giusto. Anzi. L'acquisizione di una quota in Endemol, la major olandese produttrice di format come "Il grande fratello", è stato finora un bagno di sangue. Il valore a bilancio dell'operazione (465 milioni) è stato completamente azzerato sforbiciando la redditività di gruppo. Nei conti di Arcore sono stati parcheggiati altri 287 milioni di perdite sull'investimento. E in questi giorni si sta negoziando con i creditori Endemol ha due miliardi di debiti, figli dell'acquisizione della cordata di Cologno con Goldman Sachs, John De Mol e Cyrte una ristrutturazione del debito. Due l'ipotesi sul tavolo: una nuova iniezione di liquidità da parte di Mediaset che a quel punto prenderebbe il controllo della società (ma il Biscione non sarebbe caldissimo sul tema) o la conversione dei debiti in azioni con uno sconto del 50% sull'esposizione, con il passaggio del controllo di Endemol ai suoi creditori.
Un po' meglio, ma non troppo, è andata con l'acquisizione di Cuatro in Spagna. L'operazione ha regalato al gruppo italiano la leadership assoluta dell'etere iberico. Ma il crollo dell'economia di Madrid ha finito per pesare sui conti di Telecinco, penalizzata da un crollo verticale delle entrate pubblicitarie. Qualche analista ha storto il naso anche per l'investimento nelle torri di Dmt, un'altra operazione che ha più il sapore di una mossa difensiva che di una scelta per crescere.
L'ultimo capitolo della diversificazione, anche questo in chiaroscuro, è quello della scommessa sulla paytv. Forse la sfida decisiva per il futuro di Mediaset. «Cologno ha sottostimato la concorrenza di Sky sul satellitare ed è stata costretta a cavalcare la pay sul digitale per non perdere questo treno», sostiene Siliato. La partenza in ritardo e gli investimenti con il contagocce (per non mandare in tilt l'equilibrio patrimoniale di gruppo) hanno però finito per rallentare il decollo del business. Certo i ricavi da pay sono cresciuti da 263 a 269 milioni di euro nel primo semestre del 2011. Ma l'obiettivo di una redditività adeguata è ancora lontano, nel primo semestre le perdite operative sono state pari a 23 milioni, e la crescita degli abbonati arrivati a quota 2 milioni sembra aver perso vigore. A giugno e luglio, dicono fonti di settore, Mediaset e Sky sono cresciute del 60% in meno rispetto al 2010. Unica consolazione per il Biscione è che senza Premium quei due milioni di clienti sarebbero finiti ad ingrassare i profitti di Murdoch.
È possibile ribaltare questo scenario non proprio da sogno? Una ripresa della pubblicità, naturalmente, sarebbe d'aiuto. Ma le prospettive su questo fronte non paiono rosee. L'obiettivo numero uno al momento sembra quello di arginare il pressing muscolare di Sky sul digitale. Santa Giulia è in corsa per le frequenze in via di regalo dal ministero dello sviluppo economico. Ma la presenza di un fedelissimo del premier come Paolo Romani al vertice di questo dicastero poi parlano di conflitto d'interessi potrebbe facilitare il compito del Biscione. E non a caso il disciplinare di gara sembra un abito disegnato su misura per regalare a Cologno le frequenze migliori e tagliare fuori dal mazzo dei vincitori la controllata di News Corp. Se non basterà nemmeno quest'ultimo dividendo di Palazzo Chigi, Berlusconi, per difendere il suo tesoretto e i dividendi per la famiglia, avrà una sola soluzione: mettere mano alle forbici e tagliare i costi. Sperando che il vento giri anche in Borsa.
Di Ettori Livini, da La Repubblica Affari & Finanza


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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