Cassingena ricomincia da tre: la dinasty del Vicenza Calcio
Martedi 26 Luglio 2011 alle 07:51 | 1 commenti
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Sergio, il presidente rientrato, Dario, il presidente del futuro, Teresita, la presidentessa.
L'anno scorso Danilo Preto, presidente pro tempore, annunciava che per il rilancio del club, che fu di Luis Vinicio, Paolo Rossi e Roberto Baggio, occorreva seguire in primis la strada del piano A con la cessione della maggioranza della società dopo 6 anni di sacrifici della cordata vicentina. In alternativa era pronto il piano B, la gestione per un anno del club con le risorse interne.
Preto aveva accanto, mentre faceva queste dichiarazioni, Sergio Cassingena, tifoso biancorosso ed ex arbitro, l'uomo che nel 2004 aveva riportato dalla società inglese Enic in mani vicentine (insieme ad altri imprenditori "amici", parola che oggi il presidente pronuncia ancora ma con più fatica) il pacchetto azionario del Vicenza Calcio, divenendone primo azionista anche per rispondere a una piazza che sempre più reclamava il ritorno alla vicentinità del simbolo moderno e popolare di Vicenza dopo quello antico e culturale di Andrea Palladio. Oggi quella piazza va riconquistata, ci dice Sergio Cassingena, che per la prima volta si fa intervistare con la sua famiglia al completo, tutta ad affiancarlo "nell'impresa principe di riconquistare i tifosi, la base di ogni progetto per riportare il Lane dove merita la sua storia. La base, perché, poi, visto che gli altri vecchi soci non immetteranno più capitali, dovremo cercare risorse in tutti i modi possibili, dalla pubblicità legata anche a nuove iniziative fino alla ripresa del mio progetto di far entrare tanti piccoli partner, di cui ho sperimentato l'utilità non solo economica ma anche di attaccamento ai colori di un club che gratifica col suo solo nome tutti i vicentini. Io, Dario e Teresita, mia moglie, vicentina doc (è una Brusaterra), ci abbiamo messo non una ma tre facce in questo impegno, vorrei che i tifosi lo capissero! E con noi c'è anche, per i rapporti con le istituzioni, Gianni Polato, molto più di un amico: anche lui è di famiglia!" Conferma tutto con un grande ma orgoglioso sorriso la signora, che si occuperà , come membro del Cda, di "sovrintendere all'hospitality allo stadio, alle iniziative per avvicinare il pubblico femminile ma anche alla logistica e alla cura, da buona madre, della vita quotidiana e dei mille problemi del giovani del vivaio". "Circa 25 quelli che alloggeranno a Vicenza" - ci dice Dario Cassingena, nato a Vicenza trentanni fa, vicepresidente plenipotenziario della società ma anche responsabile di "un settore strategico, a livello sportivo ed economico, per un club che molto deve puntare sui giovani, italiani o stranieri che siano. Trovo assurda la norma sugli extracomunitari, comunque nella scoperta, cura e lancio dei giovani (oltre ai 25 ‘stanziali' ce ne sono altrettanti che mangiano a Vicenza ma poi vivono nelle loro case) c'è molto del futuro della nostra gestione: un giocatore di classe cresciuto in casa può essere un importante innesto nella rosa o, se necessario, per confortare le casse. Noi non siamo il Real Madrid e la crisi c'è per tutti". Mentre si coccola il cane, Teresita non distoglie mai lo sguardo da Sergio ("a dicembre 2007 ho veramente avuto paura per la salute di mio marito, che, lo ricordo soprattutto ai tifosi, dovette lasciare la presidenza della società e ridurre i suoi impegni in Sisa", in cui era entrato nel 1977 per diventarne presidente nel 1984) e da Dario ("si è sposato a giugno con Silvia e io e Sergio speriamo di diventare presto nonni!"). Ma perché questo nome spagnolo? "Ai miei tempi si usava dare ai figli i nomi dei nonni. E allora sono diventata ‘spagnola', ma solo di nome, con l'incrocio tra Teresa e Rita, i nomi delle mie nonne.". Dei tre Teresita Brusaterra è la tifosa storica ma ci tiene a dire che "in casa non si parla di calcio né di lavoro, altrimenti si andrebbe fuori di testa!". Sergio conferma ma "quando c'è Dario, a cui mi affido per la gestione sportiva, non è possibile non parlare del Vicenza. Lui ci dedica anima e corpo. Io provo a trattenere le emozioni, specialmente dopo il ‘preavviso' che ho avuto nel 2007. Ma oggi sono qui a lavorare perché di grandi aiuti non è che questa città sia poi disposta a darne! Lo scorso anno nessuno, dico nessuno, ha fatto non dico proposte serie, ma solo proposte per acquisire il Vicenza Calcio.
Chi si è avvicinato, da Massone a Filippi, lo ha fatto solo per suoi fini, ben diversi dalla concretezza e dal bene del club. E allora ho ripreso in mano tutto e spero che la gente capisca fatica e sforzi che facciamo.". D'altronde anche la sua famiglia aveva dovuto ripartire quando, a causa delle nazionalizzazioni voluta da Nasser, fu costretta ad abbandonare il paese africano e a trasferirsi a Vicenza. "Il mio momento più bello? Quando ho riportato a casa le maglie biancorosse, mentre quello più brutto, a parte il mio problema di salute, è stato quando Julio Gonzales ha avuto il terribile incidente che lo ha di fatto allontanato dal calcio professionistico. Una grande perdita in tutti i sensi e anche la cosa che, se tornassi indietro e col senno del poi, non rifarei: dargli il permesso di tornare in patria in quel Natale!". Stacchiamo dalla tristezza e ‘viriamo' sul giovane Dario: "Non è facile muoversi in questo mondo, ma gli anni di apprendistato mi aiutano già ora a gestire la società e i rapporti con i collaboratori competenti che abbiamo scelto, da Cristallini a Schwoch fino a Baldini, che dovrebbe, oltre che allenare bene, ritrasmettere entusiasmo all'ambiente. Certo devo ottenere il meglio strizzando tutto quello che c'è da strizzare, ma lavorare non mi spaventa!". E infatti Dario, se lo si vuole incontrare, è lì in ufficio dalle 8 di mattina, tutti i giorni in giacca, il sabato, di questi tempi, in bermuda. Con lui Andrea Fabris e i fedeli collaboratori, anche quelli più ‘umili' che pure dispensano consigli operativi e sorrisi d'incoraggiamento venendo ripagati da pacche sulle spalle ‘presidenziali'. Sergio Cassingena, dopo il tasto dolente dei finti acquirenti (noi di VicenzaPiù ci siamo permessi di ricordargli che in tempi non sospetti l'argomento l'avevamo toccato, eccome!), coglie
l'occasione per altre puntualizzazioni: "Dobbiamo molto alla Banca Popolare di Vicenza, già sponsor del giovanile e dallo scorso anno main sponsor per tre anni. D'altronde io e Gianni Zonin, oltre ad essere amici, siamo uniti da quel legame particolare che si stabilisce tra i Cavalieri del lavoro. Ma la Popolare è e rimarrà solo sponsor. Sisa fuori dal Teatro un brutto messaggio per il Vicenza Calcio? No, dopo tre anni di aiuto a un'istituzione culturale della città l'azienda ha scelto altre strade, non dimenticando quelle dello sport, vicine al nostro target e fatte da tante attività , dal basket, al tennis, al rugby, che ci avvicinano alle famiglie. Diquigiovanni socio? Quest'anno giocherà al Menti con la sua squadra, ma la mentalità di chi gestisce calcio professionistico e quella di chi, sia pur con grande passione, si occupa di quello dilettantistico sono molto diverse. Lui ha scelto questa strada, io la mia.". E Dario, prima di salutarci per i suoi impegni (di mercato, sperano i tifosi), aggiunge: "In Veneto ci sono 8 club professionistici o semiprofessionisti, forse troppi
in relazione alle attuali condizioni economiche, per cui la prima cosa da fare è gestire il Vicenza Calcio con amore ma, come dice mio padre, come se fosse un'azienda: deve continuare e non fare un boom che faccia contenti per un momento per poi sparire". Anche Teresita, dopo la lunga chiacchierata in cui abbiamo anche scoperto che va "in trasferta tutte le volte che può, mentre Sergio soffre o gioisce alla radio o in tv, perché il giorno dopo deve essere in ufficio", ci lascia per andare a preparare da mangiare "... per il cane". E il presidente Sergio, a cui dopo aver accolto VicenzaPiù spetta il compito di salutarci, ritorna a rilanciare il suo messaggio ai tifosi: "Io, a parte il periodo della malattia, sono stato sempre qui e ora non ci ho messo solo la mia faccia ma quella di tutta la mia famiglia. Io ci credo nei colori biancorossi. Ma i tifosi devono aiutarci!"
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