Caso albergo cittadino, dalla cannabis ai nodi irrisolti
Lunedi 29 Luglio 2013 alle 18:18 | 0 commenti
Tra la metà di giugno e i primi di luglio il caso dell'albergo cittadino di viale San Lazzaro era deflagrato con la pubblica denuncia di due ospiti Vincenzo Iaconis e Giovanni Licata che lamentavano condizioni critiche all'interno della struttura fino a chiedere l'intervento dei magistrati per valutare le circostanze di un decesso avvenuto poco prima sempre in viale San Lazzaro.
Ad un mese da quei fatti Iaconis torna a parlare dei rapporti con l'amministrazione comunale e spiega «di temere che non ci sia la volontà politica» per ripensare parte dell'assistenza sociale». E mentre tra gli ospiti c'è chi spiega persino di avere trovato una pianta di cannabis (in foto) lo stesso Iaconis fa sapere che è diventato difficile parlare con i vertici dell'assessorato.
Iaconis che succede?
«Sta succedendo una cosa molto semplice. Io sono entrato all'albergo cittadino un anno fa. Non sono un pregiudicato. Non sono un tossicodipendente, non sono un alcolizzato o un disadattato. Sono semplicemente un piccolissimo imprenditore del ramo edilizia finito in cattive condizioni economiche a causa della crisi. Quando un anno fa mi si disse che all'albergo cittadino non sarei rimasto che pochi giorni mi tranquillizzai. Ma è un anno che sto lì».
Che cos'è che non la far star bene?
«In termini generali è un bene che una amministrazione comunale abbia gestione come quelle di primissima accoglienza per dare un tetto a chi magari finisce sulla strada, ma poi il percorso si complica».
Perché?
«Perché alla fine si mettono insieme persone che semplicemente hanno delle difficoltà economiche con soggetti ben più difficili che meriterebbero una assistenza specifica e specializzata. Invece alla fine l'albergo finisce per essere un refugium peccatorum dove uno se non tine duro finisce per perdere la testa».
Come mai?
«Oltre ai problemi denunciati in passato non abbiamo una privacy. Alla mattina presto dobbiamo lasciare per forza la struttura. C'è chi ha un lavoro. Chi ne ha di saltuari. Chi non ce l'ha, chi per qualche giorno è stanco e vorrebbe riposarsi. Poi ci sono orari di lavoro rigidi. Chi come me è autonomo dovrebbe essere collocato nelle case popolari. Oppure se non è possibile in appartamenti con due tre persone. E invece la cosa non accade. Il comune tra l'altro avrebbe a disposizione un sacco di case da impiegare in questo senso, ma la cosa non avviene».
Ma l'amministrazione non interviene affidandovi direttamente o indirettamente dei piccoli impieghi. Così anche per fornirvi una opportunità di affacciarvi sul mondo del lavoro?
«In teoria sì. Però avviene spesso che con i lavori relativi ai cosiddetti patti sociali il comune tiri fuori un novanta euro a persona al dì di cui un terzo va effettivamente al lavoratore e il resto se lo prende la cooperativa che ti fa lavorare ovvero che ti sfrutta. Allora quei soldi sarebbe meglio darli direttamente a chi ne ha bisogno che così può trovarsi una sistemazione al di fuori di quelle offerte dal comune e magari con più tempo o serenità a disposizione ci si può anche trovare un impiego decente».
Ma voi avete provato a parlare con i dirigenti o con l'assessore?
«Qui viene il bello perché da due settimane chiedo di essere ricevuto dalla direttrice pro tempore del settore servizi sociali, la dottoressa Michela Castagnaro, ma senza successo. Quando ho incontrato un altro funzionario il dottor Roberto Rizzi cui chiedevo un appartamento anche in coabitazione quest'ultimo in modo sprezzante mi ha fatto capire che la cosa sarebbe stata possibile solo dopo un percorso di reintegrazione, come se fossi un matto un disadattato, mentre ho solo problemi economici. Pochi giorni prima dell'arrivo all'albergo cittadino dell'assessore al sociale Isabella Sala in occasione della cosiddetta salsicciata mi hanno allontanato con la scusa d'un mio diverbio con un operatore il quale mi aveva intimato di abbassare la cresta solo perché io mi ero lamentato di avere ricevuto dei pomodori immangiabili e mezzi marci. Non volevano che parlassi con lei e che la portassi in giro per la struttura. Nello stesso periodo, era la fine di giugno o i primissimi di luglio, un ospite di una casa sempre di pertinenza dei servizi sociali veniva trovato in possesso di stupefacenti. A lui non è stato comminato neanche un giorno di allontanamento. Io per quattro giorni sono andato in albergo giusto perché ho due lire da parte. Il tutto mentre tra gli ospiti gira la foto di una pianta di cannabis coltivata in un vasetto proprio all'albergo cittadino. Questa è una farsa».
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