Carcere di Vicenza, Associazione “Nessuno tocchi Caino”: pressioni, intimidazioni ed esposti in procura, medici subiscono i metodi polizieschi degli agenti
Mercoledi 9 Marzo 2016 alle 16:57 | 0 commenti
Riceviamo da Maria Grazia Lucchiari, Consiglio direttivo Associazione Radicale “Nessuno tocchi Cainoâ€, e pubblichiamo
Agenti di polizia penitenziaria che contestano i medici del carcere sulla opportunità dei ricoveri dei detentuti in ospedale e che vengono accettati ed eseguiti solo dopo tensioni e mediazioni. Abuso dello screening tossicologico: in assenza dell'autorizzazione del magistrato gli agenti scelgono la persona da sottoporre alle analisi dell'urina imponendo ai medici di eseguire i test, pratica cessata da un anno solo quando è stato preannunciato agli agenti l'addebito dei costi.
Accesso indiscriminato degli agenti alle cartelle cliniche dei detenuti, consuetudine cessata solo qualche anno fa dopo il fermo diniego del responsabile del servizio sanitario. Pressioni, minacce, intimidazioni sino ad esposti pretestuosi in procura impegnano gli agenti del carcere di Vicenza nei confronti dei medici dell'istituto. E' il racconto che ci ha fatto il responsabile della sanità penitenziaria del carcere di Vicenza, Stefano Tolio, nel corso del lungo incontro insieme al direttore dell'istituto, Fabrizio Cacciabue, con la delegazione del Partito Radicale, coordinata dall'ex On. Rita Bernardini e composta da Maria Grazia Lucchiari, Fiorenzo Donadello e Rosalba Trivellin. Dal 2008 la tutela della salute in prigione è transitata dal Ministero della giustizia al Servizio sanitario nazionale per assicurare alle persone detenute servizi efficaci ed appropriati al pari delle persone in stato di libertà. Certo, i medici e gli operatori sanitari che già lavoravano all'interno degli istituti di pena avevano comunque il mandato della tutela della salute, ma rispondevano al direttore del carcere. Oggi, invece, la sanità è quella del Servizio sanitario regionale, con la stessa organizzazione dei dipartimenti dell'esterno del carcere, e allo stesso modo all'interno del carcere i professionisti fanno riferimento a questi dipartimenti e sono coordinati da un programma aziendale di sanità penitenziaria. Nell'istituto di Vicenza sono presenti 216 persone su una capienza regolamentare di 156 posti con un indice di sovraffollamento del 138,4%. Le persone affette da una o più patologie sono l'80%. Il 72% ha problematiche di tipo psichico (nevrotici, disturbi della personalità e del comportamento, disturbi mentali alcol-correlati e disturbi affettivi psicotici). Il 42% sono tossicodipendenti. Il 65% sono stranieri con accentuato deficit cognitivo (deprivazione culturale, abusi in età precoce, uso prolungato di sostanze stupefacenti). Per i malati di epatite Ce B si rende necessaria una continuità terapeutica anche quando vengono dimessi dal carcere, ma la presa in carico diventa pressoché impossibile perché la maggior parte dei detenuti non ottiene dal Comune di Vicenza la residenza anagrafica, il che comporta l’esclusione da una forma necessaria di protezione sanitaria. Nel 2011 su 300 detenuti del carcere di Vicenza solo 30 erano iscritti nell'anagrafe comunale. La mancata registrazione anagrafica comporta, inoltre, l’insufficiente ripartizione dei fondi regionali verso l'istituto vicentino che subirà un ulteriore grave disagio a causa della riduzione di 6 milioni di euro dei fondi regionali destinati alla sanità penitenziaria. E in questo quadro di gravi criticità il servizio di sanità penitenziaria del carcere di Vicenza si regge sul precariato: dal 2008 c'è stato un ricambio di 20 medici, il che vuol dire una difficile organizzazione e gestione del lavoro perchè la sanità penitenziaria necessita di progettazione e programmazione fondate su precise competenze professionali che non si realizzano con un continuo avvicendamento degli operatori. In un'area del complesso penitenziario sta sorgendo un nuovo padiglione per altri 200 posti di detenzione. La gran parte della vita in carcere passa dal servizio sanitario dell'istituto, ma l'opera è stata realizzata senza il parere e l'apporto degli operatori sanitari. E presenta un grave difetto: è una struttura a se stante che non ha un collegamento funzionale con il reparto sanitario dell'istituto centrale. Il responsabile della sanità penitenziaria ha previsto situazioni drammatiche soprattutto in caso di urgenza, considerato che l'accesso dei medici al nuovo padiglione, tra cancelli e passaggi richiede 20 minuti di tempo per arrivare nelle celle. La mancanza di dialogo tra i medici e il comandante degli agenti e il direttore dell'istituto genera conflitti che si trasferiscono puntualmente sulla vita dei detenuti che abbiamo incontrato. Costel ci racconta che suo padre è morto di recente e che da giorni chiede inutilmente alla direzione di telefonare alla famiglia. Mariano ha inviato una decina di domande per incontrare l'educatore. Kumar ha fatto domanda all'educatore cinque mesi fa per andare in comunità e attende. Sarebbero quattro gli educatori in servizio, ma uno è in distacco presso un altro ufficio, un altro ha un impegno part-time, e un'altro ancora è responsabile dell’area pedagogica. Antonio, cardiopatico, da sette mesi chiede di parlare col direttore per poter utilizzare la sigaretta elettronica. Ivoha lavorava come barbiere in istituto ma ha perso il posto a seguito di un rapporto e denuncia degli agenti ed è in attesa di chiarire i fatti col direttore o gli agenti. Zakaria lavorava in biblioteca, ma a seguito di un rapporto e denuncia degli agenti dallo scorso agosto ha cessato l'attività e non conosce le motivazioni della sanzione e ha chiesto inutilmente di parlare col direttore o con gli agenti. I detenuti della seconda sezione hanno inviato una petizione al magistrato di sorveglianza e sono in attesa di risposta da tre mesi. Una situazione al carcere di Vicenza che va senz'altro chiarita con una interrogazione al ministro della Giustizia.
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