Camilla Ravera, il ricordo di una donna comunista
Lunedi 13 Aprile 2015 alle 15:20 | 0 commenti
Il 14 aprile è l'anniversario della morte di Camilla Ravera. Una donna straordinaria che è giusto e doveroso ricordare. Una comunista che ci ha insegnato tanto, la correttezza morale, la dignità e la dedizione che ognuno dovrebbe avere. Anche per rispondere a chi, come qualche leghista lombardo, vorrebbe mettere al bando i partiti e i simboli comunisti in Italia. Camilla Ravera è un esempio luminoso di quei Comunisti Italiani che hanno costruito la democrazia del nostro paese e che hanno scritto la Costituzione. Senza tentennamenti né carrierismi.
Ogni tanto prendo tra le mani una fotografia e la guardo attentamente. È un’immagine che ritrae Enrico Berlinguer mentre rivolge uno sguardo affettuoso e un sorriso dolce a una piccola signora molto anziana. Quella signora, così fragile e carica di anni, è Camilla Ravera. Una donna straordinaria che ha fatto la storia del nostro paese.
Camilla Ravera nacque ad Acqui Terme il 16 giugno del 1889. Si iscrisse al Partito Socialista e, poi, fu tra i fondatori del Partito Comunista d’Italia. Dopo l’arresto di Antonio Gramsci dal 1927 al 1930 fu segretaria generale del PCdI. Nel 1930 venne arrestata e condannata dal tribunale fascista a 15 anni e mezzo di detenzione passati tra carcere e confino a Ponza e Ventotene. Qui, nel 1939, venne espulsa, assieme a Terracini, dal direttivo del collettivo di Ventotene per aver criticato il patto Ribbentrop-Molotov. Ottenuta la libertà , dopo l’8 settembre 1943, continuò a lottare e organizzare la resistenza al nazifascismo. Dopo la Liberazione Togliatti, che definì l’espulsione di Ventotene “una sciocchezzaâ€, la richiamò alla Direzione del Partito Comunista Italiano. Camilla Ravera fu eletta in Parlamento nel 1948. Nel 1958 decise di non ripresentarsi alle elezioni per dedicarsi soprattutto al Partito. Nel 1982, fu nominata senatrice a vita dal Presidente Sandro Pertini.Camilla Ravera morì il 14 aprile 1988.
Visse una vita intensa dedicata a organizzare il movimento dei lavoratori, delle donne, dei giovani. Una vita ben spesa per cancellare sfruttamento e soprusi.
Nel 1980, durante lo storico sciopero dei lavoratori della Fiat, davanti ai cancelli della fabbrica torinese Camilla Ravera tenne un comizio seguito da migliaia di lavoratori. In quell’occasione (come riporta il bel libro di Nora Villa “La piccola grande signora del PCI. Camilla Ravera: rivoluzionaria di professioneâ€) volle ripetere ai lavoratori l’insegnamento di Gramsci “non perdete mai il contatto con la realtà della storiaâ€. Camilla Ravera ricorda che le avevano preparato un palco molto alto e che c’era un mare di operai. Spiegò le ragioni per le quali la Fiat era entrata in una fase di diminuzione della produzione, a causa della crisi del petrolio. Ma disse che era un errore licenziare. Non solo un’ingiustizia, un errore! Per lei era necessario “dirottare la produzione verso altri tipi di trasporto, dall’automobile individuale ai trasporti socialiâ€. A 91 anni Camilla Ravera ci diede una lezione, l’ennesima. La riconversione (verso prodotti di uso collettivo) prospettata da quella fragile signora carica d’anni e d’esperienza aveva una lungimiranza che i i “nostri†industriali non hanno quasi mai avuto. Non solo. Con quelle parole Camilla Ravera affermava quale doveva essere l’obiettivo dello sviluppo democratico. I lavoratori possono e devono diventare costruttori del cambiamento della società . Per fare questo devono progettare un nuovo modello di sviluppo. Significa passare dalla “morale di schiavi†nella quale sono costretti dal sistema capitalista in quella “morale di produttori†che permetterà loro di dirigere la trasformazione della società verso il socialismo. Una vera e propria rivoluzione per la quale lei aveva combattuto tutta una vita.
Quella fotografia è il riassunto di una grande storia. La storia di donne e uomini che hanno dedicato la propria vita per cambiare lo stato di cose presenti. Politici onesti, integerrimi e morali. Persone totalmente diverse da quelle figure mediocri e arroganti che oggi si aggirano nelle aule parlamentari e che “fanno politica†solo per tornaconto personale, per favorire qualche comitato d’affari o per compiacere qualche potere forte. Personaggi infimi che dovrebbero essere spazzati via.
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