BPVi, Fabrizio Viola: ho davanti clienti arrabbiati
Venerdi 24 Febbraio 2017 alle 08:40 | 0 commenti
Se per il presidente Gianni Mion, appena arrivato in Bpvi, la banca era metaforicamente «una nave da portare a galleggiamento per tentare la via del mare aperto» (ed evitare la rottamazione), l’ad Fabrizio Viola si rifugia nel glossario edile per dare concretezza al progetto della “banca del Nordestâ€. «Mettiamola così: stiamo costruendo un palazzo» dice il ceo ex Mps intervenuto, al fianco del vicedirettore Gabriele Piccini (ex Unicredit), all’incontro a Mestre organizzato con una ventina di rappresentanti delle categorie economiche dai quotidiani Finegil (il mattino di Padova, la tribuna di Treviso, la Nuova di Venezia e Mestre, Corriere delle Alpi, il Messaggero Veneto) e Repubblica Affari&Finanza.
 L'incontro è stato condotto da Paolo Possamai, direttore del nostro giornale, da Omar Monestier direttore del Messaggero e da Luigi Gia, caporedattore di Affari&Finanza. Come sottolineato da gran parte degli intervenuti e dallo stesso Viola, che è anche consigliere di Veneto Banca con delega alla fusione con Bpvi, l'iniziativa assunta dai quotidiani del Gruppo Espresso, costituisce una sorta di unicum e l’avvio di un dialogo fondamentale per ricostruire la fiducia tra tessuto economico e banche popolari. Ancora capitale. «Abbiamo definito il progetto, anche in dettaglio, ma stiamo aspettando le autorizzazioni a costruire e ho buone ragioni di pensare che arriveranno in tempi brevi: un po’ di incertezza c'è ma oggi sappiamo cosa vogliamo edificare - spiega Viola -. Il tema è che, siccome parliamo di banche, il fattore “capitale†è fondamentale e non possiamo comportarci come un’azienda capital light. Abbiamo fornito una precisa indicazione di cosa abbiamo bisogno». Ma alla Bce andrà bene? «Il problema non è se e o come ma quanto» precisa l’ad. «La Bce, similmente a quanto accaduto per il deal Banco-Bpm dovrà dare l’ok alla fusione dichiarando la cifra per la capitalizzazione». Con il «sì» a procedere, partiranno i cantieri. Il palazzo da costruire. «Siamo ai blocchi di partenza - conferma Viola - sia Atlante sia la Bce hanno convenuto di dar vita a un progetto aggregativo per permettere alla nuova banca di essere forte sul territorio, per servire pmi e famiglie». «Crediamo ci sia lo spazio per una banca con caratteristiche diverse da quelle che hanno oggi le due ex popolari sul mercato» dice il ceo che punta su «un nuovo modello distributivo e sui canali digitali» con «strutture più snelle e a basso costo» e attività «non solo di credito». «La conoscenza dei distretti, delle pmi e l'attività verso l'estero devono essere il nostro punto di forza perché qui non ci sarà il vantaggio della dimensione» dice. Una banca software house. «In passato - spiega Viola - ogni 100 euro di raccolta le due banche insieme ne impiegavano 150, e questo non è sostenibile nel lungo periodo». Non solo: «Se guardiamo ai dati complessivi - aggiunge - si scopre che la maggior parte degli utilizzi non sono solo tra i rating migliori e quindi quelli che le banche di sistema apprezzano e questo è un motivo in più per fare di tutto perché la banca del Nordest lavori e si sviluppi presidiando il territorio veneto e friulano». «Si sta già lavorando sui sistemi informativi che vanno fortemente migliorati: le banche sono un esempio straordinario di big data, un giacimento di informazioni gestite finora poco attivamente - chiarisce -. Dobbiamo diventare una software house che serve clienti, con una rete di qualità ». «Nel piano - anticipa - oltre alla razionalizzazione delle strutture vogliamo far sì che la banca assuma giovani per cambiare cultura e competenze». Sarà da stimolare un «forte attaccamento alla nuova realtà e lavorare sulla motivazione» avverte. Le transazioni determinanti. «Il tema dell'offerta di transazione è semplice: una delle linee focali del piano varato dai cda e mandato alla Bce è la riduzione del rischio fortemente concentrato tra cause legali e credito: oggi le due banche hanno un potenziale rischio legale importante che, se non viene significativamente ridimensionato, renderà difficile se non impossibile ogni azione di risanamento e bilancio - spiega Viola -. Nessun investitore privato è disponibile a mettere soldi in soggetti con rischi legali elevati, ma neanche il pubblico lo farebbe: il cosiddetto intervento precauzionale varato per legge - spiega - fissa paletti stringenti all'intervento. Quindi, se non riusciamo a ridurre significativamente questa voce, non ci sarà un'azienda con forza sufficiente per poter camminare con le proprie gambe». È solo un primo passo. L’offerta di transazione lanciata il 9 gennaio per 600 milioni, più i rimborsi per il non rispetto dell’ordine cronologico, i 60 milioni stanziati per situazioni di disagio e l’impegno della banca sul lato imprese per trovare soluzioni alle “baciate†«è una batteria di azioni importanti» spiega Viola che ricorda come i 9 euro di rimborso rappresentano un +50% sul prezzo di recesso e sono allineati alle perdite subite dalle altre banche quotate. «Se anche lo Stato entrasse nel capitale, l’offerta non cambierebbe», puntualizza il top manager. «Quando Atlante ha finanziato l’ultimo miliardo proprio per sostenere questa operazione voleva dare un segnale verso la giusta direzione. Potrebbe essere dunque disponibile ad emettere warrant per rafforzare l’appartenenza del socio fortemente depauperato e così ipotizzare un recupero che oggi appare lontano ma a cui si può arrivare esattamente come successe con il Banco Ambrosiano». «I 600 milioni sono un primo passo ma non l'unico - continua - dobbiamo spiegare alle persone che si tratta di un percorso con formule partecipative che potrebbero riguardare anche la cessione delle sofferenze. Si tratta di segnali che devono avere una certa ripetitività : non è beneficienza; siamo consapevoli che la nostra clientela sta lì e che, senza di loro, non andiamo da nessuna parte». Il nodo fiducia. «Purtroppo – continua l’amministratore delegato di Bpvi – ho davanti clienti arrabbiati. In Mps molti erano andati via per paura, ma qui si è persa la fiducia che è qualcosa che non si chiede né si conquista, ci vorrà del tempo e andrà costruita pezzo per pezzo con comportamenti coerenti e responsabili». Poi la constatazione: «Passo il 70% del mio tempo a rincorrere problemi di liquidità e capitale ma le banche sono aziende e lo dobbiamo ricordare anche all'Europa: io con i miei clienti devo tornare a parlarci vis à vis» chiude.
Di Eleonora Vallin, da Il Mattino di Padova
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