BpVi: dipendenti sull'orlo della crisi di nervi. Il sindacato: "Insulti in ogni filiale"
Mercoledi 3 Giugno 2015 alle 20:14 | 0 commenti
Francesco Iorio, nuovo direttore generale e consigliere delegato nel CdA della BpVi, si è insediato oggi in Via Btg. Framarin trovandosi un esercito di dipendenti preoccupati. Prima la comunicazione - non dettagliata - di 200 esuberi, poi l'incognita della fusione e, per ultima ma non ultima, gli attacchi ai direttori e ai dipendenti delle filiali. "Ci sono aggressioni verbali praticamente quotidiane da parte di clienti che si sentono truffati per il deprezzamento delle azioni - spiega Mauro Turatello, Coordinatore Fabi BPV - e non c'è filiale che sia stata immune".Â
Dopo l'intervento del 27 marzo scorso in cui la Banca Centrale Europea ha vivamente "consigliato" alla BpVi (e a Veneto Banca) di ragionare sui prezzi azionari per far fronte alle perdite in bilancio e dopo la decisione, nella famosa assemblea di aprile, di deprezzare le azioni del 23%, la rabbia dei soci è aumentata a dismisura. "E noi dipendenti - aggiunge Turatello - siamo stati doppiamente scottati in quanto primi soci e i primi a crederci, vendendo le azioni ai genitori e agli amici". Il sindacato, che in questi giorni avrà un vertice con Iorio per discutere dello stato delle cose, ha nel frattempo rilasciato un comunicato dai toni forti che punta il dito verso il silenzio dei vertici della Popolare. "Nelle ultime settimane sembra che i vertici BPVI siano piombati nel più totale silenzio e immobilismo - dicono i sindacati - non vedono la situazione dei colleghi, sempre più in difficoltà nelle Filiali; non sentono le lamentele di azionisti e clienti, in forma organizzata o singola in tutta Italia; non parlano attraverso canali ufficiali o informali, né all'interno né all'opinione pubblica".
I dipendenti sono sul piede di guerra. Troppa pressione e troppe incognite per una banca che fino a un anno fa mostrava i muscoli e a ogni assemblea stappava la bottiglia di Prosecco Zonin. Oggi con le azioni deprezzate, un esposto in Senato (del M5S) e le denunce delle associazioni e dei comitati su quella che viene chiamata la "beffa" azionaria, tutte le bollicine sono evaporate e il vino sa un po' d'aceto. Tra le note stonate c'è, ad esempio, la comunicazione della sospensione della neo costituita "Task Force Gestione Soci" di supporto alle Filiali per la gestione dei soci nel momento di crisi.
E poi c'è quel grande punto di domanda sulla fusione con un'altra banca e ci sono quelle decisioni sulle popolari che, dopo il decreto Renzi, sono delegate alla BCE. "Ormai all'opzione "stand alone" sembra non credere neppure chi deve sostenerla per dovere d'ufficio - continua Turatello - difficile rimanere da soli, la fusione è inevitabile e la meno dolorosa sarebbe con Veneto Banca". Il perché è presto spiegato. La fusione, di certo, non risolverebbe tutte le magagne ma le due banche, oltre ad avere gli stessi problemi di bilancio e di management (a cominciare da quello dirigenziale e da quegli stipendi troppo alti che avrebbero ontribuito ad affossare il bilancio) hanno altro in comune. La questione del Centro Servizi attivo per entrambe che con la fusione resterebbe a Vicenza; e poi il Sec Servizi di Padova, per la gestione del sistema informatico, un consorzio in cui sono presenti tutte e due le banche e che con strade diverse rischia il tracollo occupazionale.
Infine c'è quella mannaia sui dipendenti diretti della Popolare, annunciata come niente fosse da un piano industriale cesoia e sulla quale il silenzio regna sovrano. E cioè la chiusura di 150 filiali e l'uscita di 200 risorse "nessun altro dettaglio, nessuna informativa, nessun particolare sulle filiali interessate. NIENTE!", conclude il sindacato.
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