Bot people, la nuova generazione
Sabato 30 Gennaio 2010 alle 12:55 | 0 commenti
Di seguito pubblichiamo il pezzo della rubrica di Economia & Mercati che trovate sul numero 180 di VicenzaPiù da oggi in edicola e da domani online e nei consueti punti di distribuzione in città .Â
I Buoni del Tesoro offrono interesse pari a zero,
ma continuano ad andare a ruba.
Storia di un investimento
Nato nei tempi del boom del debito pubblico
E divenato ancora di salvezza
per banche, assicurazioni e fondi speculativi
C'erano una volta i Bot (Buoni Ordinari del Tesoro), ed ora ci sono ancora, hanno ancora le stesse scadenze (tre, sei e dodici mesi), vengono sempre rimborsati alla pari, insomma non è cambiato nulla? Beh! Per la verità una cosa non c'è più: l'interesse!
Anche nell'ultima asta, ma era già accaduto precedentemente altre due volte, il rendimento, al netto delle commissioni bancarie, sarebbe addirittura negativo per i sottoscrittori privati.
Il Ministro Tremonti si è trovato così costretto a diramare una norma che obbliga le Banche a ridurre le commissioni per azzerare perlomeno il rendimento.
Storia di un paradosso
Come si è arrivati ad una situazione di questo tipo, quasi paradossale?
Riavvolgiamo la pellicola e facciamo un po' di storia.
I Bot nascono nella seconda parte degli anni '70, anni in cui il nostro debito pubblico cresceva a dismisura.
I governi del tempo ricorsero all'emissione di titoli dello Stato per finanziare una spesa pubblica fuori controllo, non si dovevano coprire soltanto investimenti pluriennali, ma anche spese correnti, a questo scopo furono emessi titoli a breve termine, i Bot, appunto!
In quegli anni l'inflazione "mordeva" parecchio, i prezzi crescevano a doppia cifra, per questo motivo la brevissima durata dell'investimento era un vantaggio per nulla disprezzabile, ciò ne ha decretato un successo senza precedenti.
Per gli italiani viene addirittura coniato il termine di "Bot people", a milioni, da Bolzano a Ragusa, si recano presso gli sportelli della propria banca per sottoscrivere i Bot che forniscono rendimenti competitivi con il tasso di inflazione e tendenzialmente crescenti.
Ed alla scadenza tutti in fila all'ufficio titoli con il talloncino firmato per "rinnovare" l'operazione. Nella realtà non si rinnovava un bel nulla, il titolo alla scadenza cessa tutti i suoi effetti, ma lo Stato aveva un tal bisogno di soldi che, senza alcun dubbio, avrebbe fatto nuove emissioni, anzi sempre per importi superiori.
E la cosa si perpetua anche oggigiorno, se il nostro debito pubblico è in aumento, ne consegue che le nuove emissioni di titoli dello stato sono per un importo superiore rispetto a quelle arrivate a scadenza.
Leggenda esentasse
Un'altra leggenda che riguardava i Bot, ed ha anche contribuito al loro successo, è che dessero gli interessi anticipati, ovviamente non era vero.
I Bot sono zero coupon, cioè titoli senza cedola il cui rendimento è dato dalla differenza tra il prezzo di acquisto e il rimborso finale, dato che alla scadenza veniva riconosciuto il valore nominale del titolo, quindi un importo "tondo", ciò creava l'illusione che l'interesse fosse già stato incassato alla sottoscrizione.
Infine i titoli dello stato nascono esenti da qualsiasi imposta o tassa (anche quella di successione), solo successivamente, prima vengono gravati da una ritenuta pari alla metà di quella applicata a tutte le altre rendite finanziarie (quindi il 6,75%), poi assoggettati alla stessa aliquota che vige tutt'ora (il 12,5%).
Cambio di proprietÃ
Con la fine della "grande" inflazione, e soprattutto dopo che il nostro paese aveva firmato il trattato di Maastricht, i tassi hanno cominciato gradatamente a diminuire, e con essi il gradimento del pubblico che ha cominciato così ad esplorare altre tipologie di investimento, a volte prendendo qualche "scottatura".
Ricordiamo per inciso che, tra i fattori che più hanno contribuito, alla fine degli anni '90, a convincere numerosi italiani a sottoscrivere i famigerati Bond argentini, c'era proprio il fatto che, abituati a tassi di interesse decisamente più elevati, si ricercavano rendimenti pari a quelli dei bei tempi andati.
Ma la differenza di rendimento non è l'unica diversità fra i Bot attualmente sul mercato e quelli emessi venti o trenta anni fa, c'è stato un cambiamento radicale nella tipologia dei sottoscrittori.
Se infatti vent'anni fa la maggior parte dei Bot in circolazione era sui depositi titoli delle famiglie italiane, ora si trovano, per la quasi totalità , in mano ad investitori istituzionali, e la cosa non è di poco conto.
In altre parole infatti ciò significa che mentre una volta il nostro debito pubblico era in mano alle stesse famiglie italiane, ora è nelle mani di grosse istituzioni, molte delle quali straniere.
Abbiamo perso parte della sovranità nazionale quindi? Beh non proprio ma ...
E' indubbio che uno stato il cui debito pubblico è, in larga parte, in possesso di altre nazioni, non si trova nelle migliori condizioni di autonomia.
Va comunque precisato che una quota, anche consistente, di titoli dello stato si trova nei portafogli dei Fondi di investimento che poi vengono sottoscritti dal pubblico indistinto, quindi molti italiani sono diventati possessori "indiretti" di Bot.
Parcheggio senza rischi
Tutto quanto detto, però, non può bastare per giustificare rendimenti così bassi che naturalmente sono legati alla situazione economico/finanziaria contingente.
La terribile crisi che ha colpito le economie di tutto il mondo ha costretto le Banche Centrali di tutti i Paesi più avanzati a portare quasi a zero il tasso di riferimento inondando di liquidità il sistema. Ovviamente questo ha avuto ripercussioni sul rendimento di tutti i titoli dello stato ed in particolare per quelli a breve termine, come i Bot.
L'avversione al rischio ha poi invogliato molti investitori istituzionali a "parcheggiare" gran parte della liquidità in loro possesso su investimenti con il minor grado di rischio, e con duration, cioè durata finanziaria, la più breve possibile.
In pratica parecchie banche, assicurazioni, fondazioni, fondi pensione e quant'altro preferiscono avere rendimenti vicini allo zero piuttosto che rischiare la propria liquidità in investimenti considerati, al momento, più azzardati.
La logica delle banche
In particolare le banche vengono criticate per questo comportamento, dato che preferiscono, come detto, un parcheggio "sicuro" del denaro alla loro attività principale, facendo così venire a mancare ossigeno prezioso all'economia produttiva, proprio nel momento più critico.
Noi abbiamo, però, più volte sottolineato che, dato che il sistema bancario è nella sua quasi totalità in mano a privati, le logiche di profitto non possono essere sottovalutate, occorre essere onesti e riconoscere che, di questi tempi, intermediare il credito, cioè raccogliere denaro per prestarlo è diventata un'attività molto più rischiosa rispetto al passato.
Il celebre aforisma che le banche sono uguali in ogni parte del mondo: ti prestano l'ombrello quando c'è il sole e te lo tolgono quando piove, ha senz'altro più di un fondo di verità , ma, nonostante l'apparenza, non è un paradosso, risponde a logiche di mercato.
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